Terza puntata – dopo “il prologo” e “l’interludio” – del minidossier dedicato alla storia della Lega, un movimento che ha segnato la sua presenza nel panorama politico italiano attraverso intolleranza, grossolanità e funambolismi.

La goccia che fa traboccare il vaso arriva con l’inizio del2012. In questo anno viene segnata la Caporetto padana al punto tale che la crisi del partito segnerà una totale rivoluzione nel sistema dirigenziale del carroccio.

Infatti vi è in concomitanza la crisi della seconda repubblica, quel sistema partitico che ha visto protagonista insieme a Berlusconila  stessa Lega.

In questo periodo, dopo un articolo pubblicato dal Secolo XIX, comincia ad emergere uno scenario a dir poco raccapricciante, di una politica sconsiderata e priva di fondamenta solide. Iniziano delle indagini su Francesco Belsito, tesoriere di partito, in merito a movimentazioni di denaro su conti esteri e rimborsi elettorali mal gestiti. Così con questo pretesto il famoso cerchio magico che aleggiava intorno alla figura di Bossi comincia ad indebolirsi, mentre il fido Bobo, che per anni è rimasto alla finestra a guardare, comincia a scalpitare. E via che cominciano a saltare le teste: Reguzzoni, Rosi Mauro, Borghezio tutti “uomini del presidente”, fino ad arrivare allo stesso Bossi.

Lo scandalo sui rimborsi elettorali mostra un partito che non è riuscito a cogliere nulla dalla cenere dei partiti primorepubblicani sulla quale si è fondata, inserendosi agiatamente nel peggio della politica italiana.

Gli scandali hanno evidenziato la totale incongruenza del partito: tutto ciò contro cui lottavano (centralismo, casta e sprechi di denaro pubblico) sono diventati lo stagno dentro cui sguazzare indisturbati.

In questo turbine scandalistico diventa predominante la figura di Roberto Maroni, autoincoronatosi successore di Bossi, con il “sacro” compito di fare pulizia nel partito.

L’idea di un totale cambio di rotta non è stata condizione sufficiente per far uscire dall’impasse il partito. Così a risposta dell’elettorato, come sappiano, non si è fatta attendere e le recenti elezioni amministrative hanno mostrato tutta la sfiducia dei cittadini verso un movimento incapace di rispondere a quella voce di maggior indipendenza che nonostante tutto si levava dalle valli del Nord Italia.

Ora l’azzeramento della vecchia dirigenza padana a favore del “Barbaro” Maroni è l’arma per la riconquista della fiducia politica ed elettorale necessaria alla sopravvivenza del movimento.

Stanno tentando di rispolverare gli slogan degli anni novanta che resero fortuna al partito, ma senza particolare successo. Sicuramente la recente crisi prima economica e poi politica del nostro paese ha permesso di chiudere un ciclo, quello della seconda repubblica, che non ha forse imparato dagli errori dei suoi predecessori. In questo contesto la Lega, partito che si presentò all’origine come messaggero di innovazione nel modo di far politica in Italia, non ha fatto altro che allinearsi con quella parte malata del sistema perdendo la sua attendibilità e la sua vitalità e lasciando ai posteri solo il ricordo di un movimento nato su fragili presupposti e imploso a causa dei suoi stessi limiti politici.

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