Nell’Amazzonia peruviana, è la nuova attrazione: guide senza scrupoli organizzano dei “safari umani” che consentono ai turisti di fotografare tribù indiane isolate, con il rischio di contribuire alla loro distruzione.
L’organizzazione di “safari umani” desta grande preoccupazione in Perù dove alcuni tour operator sfruttano le tribù della foresta amazzonica. L’aumento dell’attività economica e turistica nel Parco nazionale del Manu si è tradotta con il moltiplicarsi degli incontri con i Mashco-Piro, una delle 15 tribù indiane del Perù isolate dal mondo esterno (e una delle 100 ultime tribù del Mondo). L’Organizzazione per la Difesa dei Diritti dei Popoli Indiani (Fernamad) ha criticato duramente i tour operator che approfittano della presenza di queste tribù per portare i turisti “sui luoghi” dove sono state “avvistate”. Sempre più viaggiatori cercano di entrare in contatto con questi Indiani, diventati vere e proprie attrazioni. E la polizia spesso si rende complice in queste spedizioni.
In Perù, i Mashco-Piro vivono nel Parco Nazionale di Manu, nella regioni di Madre de Dios, che si trova vicino alla frontiera brasiliana. Più di un secolo fa, i Mashco-Piro sono stati spinti a Nord del fiume del Manu dalle società incaricate di fornire il caucciù destinato alla produzione di automobili e biciclette in Europa e negli Stati Uniti. Da allora, la tribù si è vista costretta ad inoltrarsi sempre più nella giungla. Il mese scorso l’organizzazione Survival International ha chiesto la protezione di questa, tribù così come l’Agenzia peruviana del Servizio Nazionale delle aree naturali protette che ha implorato i turisti di tenere le distanze (e rispettare) da quelle comunità, che si sforzano di restare isolate dal resto del Mondo. Ma sono molte le guide che non si fanno scrupoli. “Alcuni membri di tribù isolate sono stati scorti vicino al fiume Madre de Dios. Ditemi quanti giorni volete passare laggiù e vi proporrò un programma su misura. Non possiamo essere sicuri al 100% di vederli. E’ una questione di fortuna”, le stesse parole che verrebbero usate per un safari in Africa. Solo che lì si parla di leoni e gazzelle, non di esseri umani. Fortunatamente non tutti parlano in questi termini. Sono molte le guide perfettamente coscienti dei rischi che corrono queste persone ad essere avvicinate da viaggiatori occasionali: un semplice raffreddore potrebbe essergli fatale. Tra l’altro, in Perù e in Brasile, qualsiasi tentativo di contatto è passibile di arresto e detenzione. Troppo pericoloso per molte guide che vivono di turismo “pulito”. La preoccupazione per i Mashco-Piro è grande perché è un popolo molto vulnerabile. Al di là della sensibilità alle malattie comuni o a certe epidemie, quando si avvicinano al fiume, nella stagione secca, rischiano di essere travolti dalle barche commerciali e dai battelli turistici. I turisti in Perù passano dal fiume Madre de Dios per intraprendere una vero gioco di caccia con gli Indiani, chiedendosi, mossi da falso pietismo, se lasciare loro qualche vestito sulla riva. Nessun tour operator è così ingenuo da proporre apertamente sui loro siti internet di incontrare dei Mashco-Piro, ma moltissimi segnalano la presenza di tribù isolate nella foresta tropicale. Il Governo peruviano dovrebbe impegnarsi maggiormente nella protezione delle comunità indiane, far rispettare agli operatori turistici un codice professionale eticamente accettabile e soprattutto avvisare ed informare i turisti sulla realtà dei fatti.
Gli scandalosi e degradanti zoo umani della nostra Storia non appartengono solo al passato. E il caso dell’Amazzonia non è che l’ultimo della lista. Non è la prima volta che lo scoppia lo scandalo e Survival International lo sa bene. In India, pesanti minacce minano da anni anche l’esistenza della piccola tribù dei Jarawa, composta da 403 membri. Questi uomini, donne e bambini vivono fuori dalla nostra società sebbene “fisicamente” siano insediati alla frontiera della Baia del Bengala, zona altamente turistica. Anche qui, è la loro innocenza e fiducia nel prossimo che li rende altamente vulnerabili. Questo popolo è minacciato sin dagli anni ’70, data nella quale è stata costruita una strada che ha diviso a metà il loro territorio. La costruzione ha portato innanzitutto all’invasione dei bracconieri che hanno depredato la tribù della selvaggina della quale si cibava. Da allora, sono tanti i pericoli che planano sulla testa dei Jarawa. Anche qui, i tour operator propongono circuiti turistici che portano al cuore della tribù, anche qui le malattie più banali diventano il rischio più grande. La tribù vicina dei Bo si è estinta nel 2010 dopo la morte dell’ultima sopravvissuta, Boa Sr. La polizia che dovrebbe proteggere questa gente, permette invece, in cambio di qualche rupia, la pratica indecente di spettacoli da animali da circo. Dieci anni fa,la Corte Supremaindiana aveva ordinato la chiusura della “Andaman Trink Road”, l’amministrazione di Andaman non ha ancora resa esecutiva l’ordinanza.
Queste storie sono frutto degli ultimi aneliti di razzismo figlio di un colonialismo degradante. Ma nella nostra società civile, tutto questo non dovrebbe più aver ragion d’essere.
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