In questo fine d’estate, bene o male, il Governo governa, l’Europa dà segni di vita, Mario Draghi rassicura i mercati, gli Stati Uniti si preparano a un’elezione di grande importanza, in cui torna a giocarsi l’eterna scelta tra progressismo liberale e ottusa reazione conservatrice, tra politica estera ragionevole e avventurismo alla George W. Bush; la signora Merkel , ormai in campagna elettorale, attacca i mercati e difende l’euro; la Cina ragiona su una possibile svolta consumistica che può cambiare l’economia mondiale. E i nostri principali partiti, che fanno? Quando non sono occupati ad azzannarsi tra di loro, o al loro interno, si perdono nei meandri di una legge elettorale introvabile o di alleanze contraddittorie, di cui TV e giornali ci danno, con compunta serietà, il resoconto quotidiano, incuranti del fatto che si tratta di temi lontanissimi dalle preoccupazioni della gente. Come in un famoso e bel libro di Garcia Marquez, l’impressione è di un labirinto nel quale i principali partiti e i loro, per la verità piuttosto modesti, esponenti, si sono infilati per una meschineria di idee e una mancanza di programmi che lasciano come solo sostituto una interminabile disputa sul sesso degli angeli, l’eterna tentazione di dare prevalenza alla facciata sulla struttura, al contenitore sui contenuti, alla forma sulla sostanza se non, almeno a destra, al nome e al maquillage sulla realtà.
Tentiamo di trovare una qualche ragionevole guida per orientarci nel labirinto. A destra, consumatosi ormai irrimediabilmente il divorzio dei finiani, e lontano, a quanto pare, l’accordo coll’UDC, il PDL è obbligato a sognare una nuova alleanza con una Lega, peraltro in crisi e, se non in caduta libera, perlomeno in forte stasi. Alleanza che potrebbe assecondare certe derive populiste ed antieuropee del Cavaliere, e conforterebbe il suo lato più demagogico e becero, quello evidenziato quotidianamente dal Giornale, da Libero e altri fogli della famiglia Berlusconi, – ma che fa a botte col programma di risanamento lanciato da Alfano e (proponendo di fare, un po’ tardivamente, quello che i governi Berlusconi si son ben guardati dal fare, magari proprio per l’opposizione della Lega). Domanda: ma come si può combinare una politica seria, di rigore fiscale, con le follie del federalismo indiscriminato, delle baby- pensioni che non si toccano, del ritorno alla lira? Come si può introdurre un nuovo clima morale, arginare la corruzione, limitare i costi sfrenati della politica, con un connubio tra Berlusconi e gli orfanelli di Umberto Bossi?
A sinistra, diciamolo subito, le cose non vanno meglio. Come può Bersani, persona al corrente della realtà economica, trovare punti comuni – al di là di un generico “sinistrismo” sociale – coi programmi scapigliati di Nicki Vendola e della signora Camusso? Perché non basta ripetere (tutti siamo bravi a farlo) il mantra della lotta alla disoccupazione e al precariato, del rilancio dell’economia reale, se non si indica poi in concreto con quali risorse farlo, con che strumenti suppostamente keynesiani operare, senza distruggere le finanze faticosamente in via di miglioramento? Non basta tuonare contro lo spread e la dittatura dei mercati, se poi si propongono, esplicitamente o no, piani fondati sul ritorno alla spesa pubblica incontrollata, che ci porterebbe diritti diritti al precipizio? Sono d’accordo Bersani e Vendola su un programma non demagogico, moderato e, soprattutto, realizzabile nelle condizioni di oggi e di domani? O, comodamente, rimandano il problema a dopo?
AL di là dell’economia, ci sono altri problemi di grande portata sui quali sarebbe bene si facesse chiarezza. Nicki Vendola ha annunciato al convegno del PD di volersi sposare: col suo compagno di tanti anni, naturalmente. Buona notizia (l’altra è che vuol candidare Prodi al Quirinale, e qui qualche brivido è permesso)! E un po’ temerariamente ha accusato la società italiana di essere degna del fanatismo islamico (per favore, non scherziamo: si vede che il Governatore pugliese non sa che gli omosessuali, in certi Paesi musulmani, non è che non possono sposarsi, è che vengono semplicemente lapidati). Vuole sposarsi (ha 54 anni, ha osservato, ed è quindi ora). È un suo diritto e se, come cattolico, posso pensare stesso che l’istituzione del matrimonio è preordinata, anche nell’ordine civile, ad altri fini, da liberale devo riconoscere a chiunque la libertà di vivere alla luce del sole la propria sessualità, senza tabù di altri secoli e senza altro limite che quello di non recar danno ad altrui. Il punto non è, dunque, di merito: il punto è che nel PD sono confluite e tuttora militano importanti componenti cattoliche, da Rosy Bindi in giù. Come la mettono loro col matrimonio gay (e altri temi che attengono alla coscienza )? E infatti, proprio la Bindi, che del PD è Presidente e, quindi, esponente massimo, si è affrettata a dichiarare che di matrimonio gay non si parla proprio. Non si prospettano gravi conflitti all’interno di una ipotetica maggioranza di centro-sinistra su temi dopotutto rilevantissimi per la società civile?
Non basta, prendiamo la politica estera: l’europeismo e l’atlantismo di Bersani, Veltroni, D’Alema e tanti altri del PD (alla scuola e nella linea di Giorgio Napolitano) si conciliano per davvero con le posizioni di SEL? Se si presentasse in futuro una situazione tipo Afganistan, o Libia, che farebbero i sellini? Starebbero con la maggioranza o si dissocerebbero?
Esclusa, per fortuna, ogni possibile alleanza con Grillo e – almeno per ora – con Di Pietro, esponenti del PD dicono di voler portare avanti un nuovo incontro, una nuova intesa, tra progressisti e moderati: bella novità! È dall’Ulivo che ci si sta provando! “Moderati”, in concreto, significa l’UDC e altri spezzoni del centro: ma fino a quando, fino a che punto, può arrivare lo spericolato funambolismo che cerca di tenere insieme, appunto, Vendola e Casini, come dire il diavolo e l’acqua santa?
In questa intricata e fastidiosa vicenda, l’UDC ha un ruolo abbastanza singolare; a parole, vorrebbe allearsi all’area riformista, ma sa che si troverebbe con compagni di viaggio indesiderabili; d’altra parte, finché sul PDL pesa l’ipoteca di Berlusconi, è fuori questione un ritorno all’ovile del centro-destra. E allora? Allora Casini, seguendo il democristiano esempio del suo mentore Forlani, si tiene le mani libere, ossia sceglie di non scegliere, convinto che poi saranno i risultati elettorali a rendere quasi obbligatoria una nuova “grande coalizione” centrista e ad esaltare il suo ruolo personale (i sogni non finiscono mai). Eppure, anche da lui la gente (e tanti dei suoi potenziali elettori) ha il diritto di sapere: in caso di impatto che renda decisivi i tuoi voti, da che parte starà?
Come si uscirà da questo labirinto? Speriamo non con accordi finti, incollati con lo sputo, destinati a durare il tempo di una campagna elettorale e a saltare alle prime prove serie di governo come, purtroppo, insegnano le esperienze, ambedue recidive, di Silvio Berlusconi e di Romano Prodi.
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Analisi perfetta della situazione! Il problema risiede proprio nella legge elettorale attuale (ma quella che vorrebbero proporre non registra altro che piccoli aggiustamenti a favore degli attuali maggiori partiti). La stessa legge impone alleanze inverosimili pur di poter competere con una qualche probabilità di “piazzarsi” in qualche modo. Se poi la “grande” variazione sarà quella di portare lo sbarramento al 5%, con l’intento non troppo nascosto di spazzare via tutti i partiti più piccoli, le alleanze saranno ancor più obligatorie. Con quale esito di governabilità? Pressochè nessuno perchè mettere insieme Bindi e Vendola, appunto, è come mettere insieme diavolo ed acqua santa, è da stabilire chi sia l’uno o l’altro. Certo è che, come al solito, chi sarà a farne le spese è il cittadino italiano. Ma credo che il vento stia cambiando. L’ingenuotto elettore medio che finora è stato preso dal vortice della comunicazione ben congeniata dei grandi partiti, ma anche dei nuovi movimenti come M5S, inizia ad esserne seriamente disgustato. Ha (finalmente!) desiderio di programmi, contenuti e basi serie. Vede di buon occhio alleanze per liste civiche che davvero appoggino programmi ed idee comuni. Liste fatte più da persone che da personaggi. Apprezzano partiti, come il nostro PLI, che sono stati fuori dalla mischia di dubbio gusto degli ultimi anni, ma che hanno una tradizione ed una storia alle spalle. Quest’aria si registra ad ogni banchetto di raccolta firme, come quelli che oggi facciamo con RomaSìMuove. Se le proposte sono valide, se le persone che si confrontano coi cittadini per le strade sono credibili, la voglia di politica, quella seria, riemerge. E sono certa che interpretare in modo giusto questo desiderio di buona politica, sarà l’elemento cardine che dovrà guidarci nelle prossima tornata elettorale.