La questione europea è ormai sulla bocca di tutti. Sono anni che sentiamo ovunque parlare di fatti che riguardano le sempre più invadenti istituzioni europee. Dopo dieci anni dal trattato di Mastricht possiamo tirare le prime somme di quello che è successo grazie alla moneta unica e nonostante i dati siano a svantaggio dell’unione continuiamo ad andare avanti convinti che una volta raggiunta la stabilità tutto si sistemerà.
L’idea di Unione Europea nasce sul pensiero Liberista del mercato in libera concorrenza. Talmente forte è questa idea che viene riportata anche nel trattato che parla del mercato in libera concorrenza sia come mezzo per raggiungere gli obiettivi di crescita armoniosa e sostenibile sia come vincolo all’operato delle istituzioni che operano in tal senso.
Questa rigidità che il trattato propone rappresenta la vera novità assoluta che è stata introdotta con l’Europa. Le differenze dell’Europa con le altre aree economico-monetarie non sono infatti solo nella vastità del territorio, nella numerosità della popolazione, nella diversità culturale delle popolazioni ma sono anche nella funzione, nella disciplina e nella fonte regolatrice.
Questo aspetto che è oscuro ai più viene spesso trascurato ed è su questo che vorremmo analizzare, al di là dei vantaggi o svantaggi che derivano dall’adottare una moneta unica come l’euro.
La fonte regolatrice non è una legge dello Stato ma è un Trattato multilaterale modificabile solo con il consenso unanime di tutti gli Stati nelle modalità previste dal Trattato stesso. Questo rende di fatto il Trattato immodificabile.
I poteri che vengono sottratti allo Stato (politica monetaria in primis) non vengono affidati a istituzioni comunitarie equivalenti. Parlamento europeo, commissione europea, consiglio europeo e Banca Centrale europea hanno solo i nomi in comune con altri organi equivalenti di altri stati. In realtà queste istituzioni non godono di una discrezionalità politica in quanto l’unica loro funzione è quella di giudicare in base al Trattato. Questo dota loro di discrezionalità tecnica ma non politica. La sovranità che viene tolta agli Stati non viene quindi ceduta ad altri ma abolita. Tale sovranità è stata esercitata, forse con presunzione e irrazionalità, da chi ha stipulato il Trattato “una volta per tutte” in base a quello che era lo scenario economico dell’epoca.
Fornire un trattato che ha l’obiettivo di dettare la politica economica dell’Eurosistema dal giorno della sua adozione all’infinito di una tale rigidità è stato un errore. Le necessità dell’epoca non sono quelle che lo scenario economico propone adesso.
Da liberali ci chiediamo se questo modus operandi è conforme alla ideologia liberale. Di fatto il Trattato esercita una sorta di dittatura; peggiore di quella di un dittatore che pur nella sua egemonia attua la politica economica che desidera secondo le necessità dell’economia e del mercato. Il trattato invece esercita sempre la stessa politica economica, quella della stabilità dei prezzi, indipendentemente dalla congiuntura del mercato. L’Unione Europea è una macchina progettata in modo tale che una volta lanciata in una direzione è impossibile modificarne la rotta.
E’ per questo che oggi in tutta Europa i governi applicano politiche deflazionistiche in un momento nel quale tutto servirebbe tranne che deflazione. Deflazione che viene poi mascherata dalle nuove forme di lavoro flessibile. Ed è per questo che le politiche dei partiti si sono appiattite al punto tale da sentire le gente dire che destra e sinistra sono la stessa cosa.
Una tale situazione non crediamo trovi alcun riscontro storico, giuridico e logico nel Liberismo ed è per questo che dovremmo riflettere con chiarezza su questi temi, senza farci influenzare da chi sostiene che tali difetti sono necessari e che se non ci fossero sarebbe peggio.
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Discutiamone, infatti, ma con idee chiare . La politica monetaria dell’Eurozona (e quindi gran parte della sua politica economica) é retta, si, da un trattato (quello di Maastricht), I trattati, ricordiamolo, sono nel diritto internazionale la principale fonte normativa, e cosí deve essere, se non si vuole prescindere dalle regole di base necessarie a qualsiasi societá civile, interna o internazionale. Maastricht stabilisce, come sappiamo, tre regole: deficit al di sotto del 3% annuale, inflazione al di sotto del 3%, debito pubblico (almeno come tendenza) al 60% del PIL: regole a suo tempo fortemente richieste dalla Germania che, non dimentichiamocelo, coll´’euro rinunciava al marco, moneta stabile e dominante in Europa, ma che furono ritenute generalmente (da Carli, Draghi, da scrive e dai nostri migliori economisti) necessarie per un sano sviluppo economico e per il rientro, sia pure lento, dell’enorme debito pubblico italiano. Salvo quella del debito pubblico, derogata in favore nostro, del Belgio e di altri, queste misure, grosso modo, sono state rispettate, fino a quando, su richiesta frranco-tedesca, poi generalizzata per la crisi del 2008, gli organi che reggono l’UE e l’UM (ci sono, ci sono, eccome, e sono integovernativi: l’Unione non é sospesa nel vuoto!) ammisero uno sforamento che si prospettava come necessario per evitare conseguenze sociali devastanti: prova che il rigore europeo non é poi cosí cieco. Cosa stá accadendo ora, di fronte alle crisi prodotte dal debito greco, portoghese, irlandese, spagnolo, italiano? Che l’UE, e il suo principale azionista, la Germania. dicono: avete bisogno del nostro aiuto? Ve lo diamo, ma in cambio impegnatevi a risanare le vostre finanze, perché altrimenti tutto sarebbe inutile, a breve scadenza si tornerebbe alla crisi e i nostri soldi sarebbero buttati al vento. Possiamo dare loro torto? La colpa é davvero di chi amministra con saggezza e senso dell’economia (e riuesce cosí ad avere unéconomia stabile e prospera?) o di chi spende e spande e poi vorrebbe essere libero di continuare a farlo a spese altrui? Nell’articolo si parla di politica di deflazione, che sarebbe inutile e anzi dannosa all’economia. Non mi sembra che. con un’inflazione che si avvicina al 3% annuo in tutta l’Eurozona, si possa parlare di deflazione, né che la BCE di Mario Draghi, col taglio dei tassi e il sostegno ai titoli di stato, mostri un’ eccessiva ossessione per la stabilitá monetaria, al di lá dei suoi compiti istituzionali che sono quelli di qualsiasi altra Banca Centrale seria. Parliamoci chiaro e chiamiamo le cose col loro nome: quello che si critica é una politica di accresciuto rigore fiscale che, in una prima fase, non puó che deprimere l’economia reale, come stá avvenendo per diretta e franca ammissione dello stesso Monti. Ce la impone l’Europa questa politica (e quindi hanno ragione la Lega, Di Pietro, Vendola, magari Di Pietro?), o é la conseguenza inevitabile di decenni di errori nostri, di leggerezza, di deficit spending, come qualsiasi buon liberale vede chiaramente? E, colpa a parte, qual’é l’alternativa? Ci rendiamo conto che, senza la serietá montiana saremmo giá al default, con conseguenze catastrofiche per l’economia italiana e per quella europea e mondiale? Davvero pensiamo che una crisi che é certamente dolorosa e profonda si curi spendendo quello che non si ha e, al limite, producendo carta stampata al di lá dei limiti fisiologici e reagionevoli? É quello che proporrebbe il pensiero liberale storico, da Einaudi in giú? In conclusione, quando si cvritica la politica europea, si dica per favore quale altra dovrebbe essere e con che mezzi attuarla.
Innanzi tutto la ringrazio per aver risposto in maniera così dettagliata al mio articolo. Sono all’esordio mi ritengo onorato dalla sua considerazione e dal tempo che mi ha dedicato.
La mia era una considerazione in merito al metodo. La stabilità che fino al 1990 era un obiettivo (giusto e sacrosanto!) con il rapporto one money one market diviene un VINCOLO. I vincoli non sono necessari alla teoria economica e non trovano nessun risconto naturale, storico e giuridico. Inoltre è un vincolo così stringente da prevalere sul mercato stesso! Quindi vincoli di non economica ma che influiscono sull’economia. Su quali sarebbero stati gli effetti di questi vincoli non ci si è interrogati all’epoca ed è per questo che il rapporto (sul quale si fonda il trattato del 1992) forniva una visione unilaterale della realtà.
Forse la contraddizione non è ancora chiara. Il rapporto parlava di 2 condizioni inderogabili per avere l’euro:
-mercato comune
-mobilità dei fattori produttivi con particolare riferimento al fattore lavoro.
Affidare tutto al mercato e poi non fidarsi e porre dei vincoli al mercato stesso va contro la teoria economica che regge tutto il sistema.
In più la disciplina è dotata di una rigidità che rappresenta una novità assoluta. la rigidità in presenza di vincoli come quelli sul deficit e sul debito ha un effetto particolare (non lo dico io ma le riviste di economia più accreditate supportate dalla prova empirica di come sono andate poi le cose in europa) proprio sul debito. In una situazione nella quale uno Stato non rispetta il vincolo del debito o vi si avvicini soltanto questo è COSTRETTO a rientrare nei parametri sottraendo risorse alla collettività per metterle al servizio del debito eccedente il vincolo. in periodi di PIL crescente non ci sono problemi ma in assenza di fattori esterni che fanno crescere l’economia il mercato va stimolato. Se si è nella situazione di cui sopra lo Stato non può anzi… fa il contrario sottraendo ulteriore risorse alla collettività. L’anno successivo le entrate per lo Stato saranno minori ed ecco che per far fronte ai “costi fissi” deve indebitarsi. Sono vincoli che vanno oltre il settore finanziario e in situazioni di assenza di risorse porta alla completa eliminazione della capacità politica. L’Italia (e non solo l’Italia) era oltre il vincolo già nel momento in cui è stato adottato e quindi ha iniziato il processo appena descritto prima degli altri. Altri che non sono sfuggiti infatti in pochi anni anche Francia e Germania si sono trovati nel vortice a tal punto da ritenere in seguito il vincolo del debito poco importante e ci si è concentrati solo sul deficit.
Non sto dicendo che lo Stato deve poter spendere e spandere come vuole. Gli investimenti devono essere produttivi, cioè sostenibili. Ma questo è compito della politica. Porre dei vincoli così significa non aver fiducia nell’azione politica e sopratutto non aver fiducia nella Democrazia.
Ma non escludo che a qualcuno questo meccanismo può anche piacere…e potrebbe piacere anche a me se a seguire queste regole sia tutto il mondo. Ma faccio presente che gli unici 17 paesi che utilizzano questo sistema sono i 17 con l’euro (non tutta l’unione) e che tutto il mondo, se vi piacciono questi termini, spende e spande come vuole. In un mondo fatto di Globalizzazione complessa questo è un dettaglio da non trascurare perché nel frattempo le nostre imprese chiudono, gli imprenditori si impiccano, gli operai fanno la fame e quando arriverà la tanto auspicata crescita forse sarà troppo tardi. Le aziende una volta chiuse nn si riaprono perché gli imprenditori falliscono. Per quanto ancora vogliamo continuare con questa ipocrisia?
Il Giappone ha il 230% di debito e paga interessi sul debito del 1,20% da 15 anni. Il Giappone è la terza potenza mondiale. La crisi ce la siamo creata da soli. Siamo noi che ci stiamo imponendo determinate regole (e non mi stuferò mai di dirlo, che non hanno nessun riscontro storico giuridico tantomeno economico).
Si poteva anche dire, col debito rientriamo in 10 anni e nel frattempo sosteniamo i nostri imprenditori. Ma qui entra in gioco la speculazione. Ma la speculazione la si frena con le leggi. Serve solo una volontà che purtroppo non c’è!
In un periodo di crescita mondiale noi stavamo aspettando l’euro per fallire.Ripeto, non sono contro l’unione europea. Sono contro una unione europea fatta male! e questa che ci ritroviamo è fatta male.
E’ fatta male perché non ci fidiamo gli uni degli altri. Volevamo, tramite la mobilità del lavoro, creare l’omogeneità. La mobilità (che era presupposto fondamentale non c’è mai stata) figuriamoci l’omogeneità. Ma faccio presente che in USA è l’omogeneità del popolo che ha creato la mobilità e non il contrario.
Tanto si potrebbe fare ma per il momento non ne sento nemmeno lontanamente parlare.
Siamo ancora impantanati a domandarci se l’unione ha fatto bene o ha fatto male percependo un palpabile disagio ma senza interrogarci su quali sono le case di tale disagio.
Non era una chiamata alle armi contro la politica europea (che non esiste per i motivi appena citati) ma un invito a portare sul palco questi temi, temi che si sposano perfettamente con la teoria liberale che invece si è persa nei labirinti dell’eurotower.