[Riceviamo e pubblichiamo questo intervento della Presidente del Consiglio Nazionale del PLI, Renata Jannuzzi, in occasione della convocazione del CN del Partito Liberale Italiano a Cesenatico nel prossimo fine settimana dal 28 al 30 settembre. I lavori delle tre giornate del Consiglio Nazionale saranno così articolati: venerdì pomeriggio la Relazione del Segretario Nazionale Stefano de Luca con il relativo dibattito e l’elezione del Comitato dei Garanti del Partito; la seconda giornata del sabato assumerà un profilo seminariale con gli interventi di Mauro Chilante sul welfare e di Lorenzo Pecchi dedicato all’economia; nella mattinata della domenica le conclusioni. N.d.R.]

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Nell’attuale momento politico – tra confusione, incertezze e malcostume – ritengo estremamente opportuno fermare la nostra attenzione su welfare ed economia, così  interdipendenti ed essenziali per la vita di ognuno di noi e per il futuro del nostro Paese.

Il welfare (previdenza, sanità, assistenza) è stato concepito – non è noto a tutti – dai Liberali per primi (a tutela e garanzia dell’individuo e della persona), poi appannaggio per anni della politica di sinistra che ne ha fatto un suo cavallo di battaglia al punto tale da escludere, nell’immaginario collettivo, che chiunque altro se ne potesse occupare. Ovviamente non è così, certo non per noi Liberali. E’ però venuto il momento di riconsiderare se il sistema welfare, così come articolato e gestito attualmente, sia in effetti l’idea di welfare che noi concettualmente immaginiamo.

In quanto all’economia: il liberalismo, così tanto invocato e promesso da chiunque, è in effetti adottato? Le regole dettate dalla finanza internazionale – o viceversa i cosiddetti “patti sociali” da dover rispettare – quanto e come influiscono sulla politica italiana inibendo quel processo di liberalizzazioni che noi indichiamo da tempo? A quale futuro è destinato il nostro Paese?

Sono temi, questi, che ritengo siano oggi di fondamentale importanza, perché è indubbio che siano allo stato attuale fonte di preoccupazione per tanti di noi, come individui e cittadini, e per il futuro dei nostri figli. Le scelte che il prossimo Governo dovrà fare saranno cruciali perché o affosseranno definitivamente l’Italia – vanificando quanto di positivo ha avviato il Governo Monti – oppure il Paese potrà finalmente riprendere il posto che gli spetta nel panorama internazionale. Se ne vorremo far parte, dovremo presentarci con proposte concrete che mi auguro siano anche frutto delle riflessioni collegiali che emergeranno durante questo Consiglio Nazionale a Cesenatico.

Un significativo momento di riflessione, quanto mai necessario per condividere la nostra identità Liberale in una sintesi comune.

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© Rivoluzione Liberale

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1 COMMENTO

  1. Ottimo programma! A titolo di contributo “in assenza”, ricordo che, quando si parla del welfare, é essenziale partire da un principio: esso posa su basi concettuali giuste, ma, come é stato di fatto applicato, per compiacenza o scelta populista, comporta immensi sprechi e vere e proprie ingiustizie, che vanno corretti. I risultati sono che non riesce a tutelare veramente i ceti piú bisognosi, mentre genera spese senza limiti e controlli. Esempi? In materia pensionistica, lasciando stare anche gli scandalosi esempi degli assessori della Regione Lazio ( e chissá di quante altre) che dopo cinque anni di attivitá percepiscono un “vitalizio” superiore di molto alla pensione di un normale impiegato dopo 40 anni di servizio, nel sistema pensionistico ci sono punte da molte centinaia di migliaia di euro l’anno, e punte opposte che non raggiuungono il minimo vitale. Lo scopo del sistema dovrebbe essere quello di garantire a tutti, una volta terminato il periodo di vita attiva, una sussistenza degna, non necessariamente al livello consenstito dalle retribuzioni godute durante essa. A questo fine, tutto il sistema andrebbe riequilibrato in alto e in basso, innanzitutto rendendo accessibili per Internet i dati relativi (cosí sapremmo quanto percepiscono di pensione i dirigenti parastatali tipo Banca d’Italia, ALITALIA e cosí via,delle aziende municipalizzate etc., ma anche i managers privati abituati a liquidazioni e pensioni milionarie, non sempre in armonia coi risultati della loro attivitá, come insegna il caso deli grandi banchieri).Poi fissando tetti massimi e minimi ragionevoli, mentre andrebbero incentivate le forme aggiuntive di pensione attraverso fondi privati perché i piú alti redditi possano integrare quanto ricevono a carico dei fondi pubblici: cosí si contribuirebbe anche a sviluppare il mercato di capitali, che in Italia non sono ancora sufficienti (lo dimostra la difficoltá reale, anche se non sempre ricordata, di mettere sul mercato il patrimonio pubblico). In materia di sanitá, é ingiusto che tutti ricevano lo stesso tipo di tutela indipendentemente dalla categoria di reddito. Anche qui, calubrare la tutela alle effettive disponibilitá di ciascuno servirebbe a ridurre le spese, in parte dirottandole a rafforzare la protezione dei meno abbienti. E anche qui, é giusto incentivare il sistema delle assicurazioni aggiuntive in forma privata, in modo da liberare risorse a favore dei piú deboli. É inoltre scandalosa la differenza di spesa pro-capite tra le varie Regioni, che mostra divari tanto alti da essere spiegabili solo con una massiccia incompetenza e mala amministrazione, se non con una diffusa corruzione. Il federalismo va bene, ma debbono esserci regole valide in tutto il Paese che stabiliscano chiari parametri di spesa e di efficienza.
    Sono, questi, temi che dipendono da una retta volontá politica e quindi aggiustabili alla necessitá. Non cosí, almeno del tutto, l’economia, dove il volontarismo e l’interventismo statale costituiscono illusioni a cui i liberali non devono cedere. Una societá é prospera nella misura in cui é capace di produrre e innovare, capacitá che agli italiani non mancano. Ma lo Stato deve stabilire le regole generali e i limiti del campo di gioco e smetterla di essere un freno piuttosto che uno stimolo, Non ci solleveremo durabilmente dalla crisi se non snelliremo la pachidermica e inefficiente amministrazione pubblica, se non renderemo definitiva e costante nel tempo la politica di serietá fiscale, abbattendo progressivamente il debito pubblico in modo da liberare risorse per gli investimenti pubblici davvero produttivi (educazione e ricerca scientifica, infrastrutture etc.), se non smonteremo il muro dei privilegi corporativi e di casta, tra cui quelli sindacali (sostituendoli con norme di effettuiva partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili dell’impresa, secondo il modello tedesco); e se non libereremo le imprese dai tanti ceppi e oneri impropri che, molto piú che altrove in Europa, ne condizionano l’attivitá e diminuiscono la competitivitá, sempre piú centrale in un mercato non protetto ma globale. L’Italia ha immense potenzialitá, lo ha dimostrato a piú riprese nella sua Storia, dai Comuni al miracolo economico, é come un cavallo da corsa che deve essere lascito libero di correre senza troppi pesi sul dorso. Beninteso, il discrimine assoluto stá tra Europa e arretratezza mediterranea, tra euro e lira, tra serietá e demagogia populista.
    Auguri!! Mi aspetto di vedere uscire dal CN un chiaro manifesto programmatico che possa mobilizzare l’opinione pubblica, respingendo le tentazioni dei pifferai di turno, dalla Lega a Grillo, da Di Pietro a Vendola, ricordando al Paese quali sono le vie di uno sviluppo sostenuto e di una societá piú giusta..

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