Le vicende squallide degli ultimi giorni sono la classica goccia che fa traboccare il vaso. Un vaso che era già colmo di crisi e recessione economica, di bilanci pubblici dissestati, di promesse mancate e di tassazione oppressiva. Insomma un vaso colmato all’inverosimile da una politica che ha fallito il suo compito e si è coperta di ignominia senza ritegno. Naturalmente questo fa montare la rabbia nella gente, fomenta l’antipolitica, la voglia di buttare tutto all’aria, la voglia di rivoluzione. L’altra sera Crozza a Ballarò mostrava con ironia alcune interessanti offerte per “forconi” multiuso. Le rivoluzioni, a mio avviso, di tanto in tanto sono salutari, ma sono anche molto pericolose e non sono mai prive di vittime e di prezzi da pagare. Nelle rivoluzioni infatti spesso si finisce per gettare il bambino con l’acqua sporca e chi le guida, non di rado, vuole solo sostituirsi nei posti di potere a chi già li occupa, per non cambiare in effetti nulla.
Molti oggi cavalcano l’antipolitica e la voglia della gente di rovesciare i tavoli senza però avere bene un’idea di cosa fare dopo e questo espone al rischio di andare verso disastri persino peggiori di quelli precedenti.
Una rivoluzione di modi, di persone e di programmi questo nostro Paese senz’altro la necessita e la merita, l’unica rivoluzione però che può portare risultati positivi e porre le basi per un nuovo risorgimento è la rivoluzione Liberale, quella che in tanti hanno promesso nell’ultimo ventennio e di cui s’è molto discusso, ma che in Italia non è mai stata seriamente avviata da nessuno, anzi s’è spesso e volentieri fatto l’opposto.
Per una rivoluzione Liberale che si rispetti occorre innanzi tutto uno sguardo proiettato al futuro e libero dalle contingenze del momento, dall’interesse elettorale immediato e dalla brama di potere. Solo con un simile atteggiamento si può mettere davvero mano alla struttura dello Stato, da trasformare profondamente, per renderla una macchina assai più leggera ed al servizio del cittadino anziché un opprimente e costosissimo strumento per mantenere il potere ed i privilegi di pochi. Insomma si deve trasformare lo Stato da un vecchio e spompato camion a rimorchio parcheggiato senza ruote in doppia fila in una velocissima auto di F.1, una operazione difficile, come molti sanno e tra questi senz’altro Montezemolo.
Occorre oggi trasformare lo Stato, ridurne drasticamente le necessità di spesa e liberare le energie che la società potrebbe esprimere se le fossero tolte le pastoie della burocrazia e del fisco troppo opprimente. L’Italia su questo versante è precipitata purtroppo agli ultimi posti al Mondo, perdendo contatto con le economie ancora trainanti, nonostante la crisi globale. Clamorosa è stata, per esempio, la notizia che il candidato mutimiliardario repubblicano alle presidenziali USA, Mitt Romney, paghi le tasse con una aliquota del 14%, quando in Italia l’aliquota media è del 45% e gli imprenditori, anche quelli piccoli ed in difficoltà, superano facilmente il 60%. Non c’è competizione.
Che sia rivoluzione quindi, ma per demolire gli orpelli burocratico-statalisti che gravano come una cappa soffocante sulla società e sui cittadini e per liberare le energie positive di questi ultimi.
Anche una rivoluzione Liberale non è semplice, non è senza vittime e non è indolore, ma almeno si può essere ragionevolmente certi che il risultato sia positivo e soprattutto non sia un disastro peggiore del precedente.
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