Il presidente uscente della Federazione Russa, Dmitrij Medvedev, ha sottoscritto ad aprile il nuovo programma quadro contenente le linee guida per lo sviluppo del trasporto aereo fino al 2030.

Tali principi sono stati formulati tenendo conto di tre importanti fattori. L’importanza dell’aviazione sia nell’ambito militare che in quello socio-economico, scientifico e tecnologico. L’aumento della domanda (sia passeggeri che merci) nelle aree periferiche della Federazione (Siberia ed Estremo Oriente in primis), a tutt’oggi caratterizzate da gravi insufficienze infrastrutturali nonostante l’elevato peso specifico geo-demografico. Il ruolo guida del settore aeronautico, come settore industriale tecnologicamente avanzato e ad alta intensità di investimenti in R&D, volano per la modernizzazione dell’economia e per una sua transizione verso percorsi di sviluppo innovativi e non vincolati all’export di materie prime.

Tuttavia, nonostante fra gli obiettivi del paper sia espressamente menzionato “il rafforzamento della posizione della Federazione Russa nel settore del trasporto aereo globale e dei servizi correlati”, le previsioni sulle quote di mercato appannaggio della Russia sono state drasticamente tagliate. Entro il 2025, solo il 3% degli aerei civili prodotti al mondo sarà costruito nella Federazione, contro stime precedenti del 10%. Un ridimensionamento se possibile ancor più drastico è stato previsto per il settore elicotteristico, dove nonostante la grande tradizione del colosso eurasiatico (basti citare aziende quali Mil e Kamov) le proiezioni individuano un 14% a livello globale come target di riferimento, a fronte del 27% atteso precedentemente.

Quali sono le cause di questo ridimensionamento? Sicuramente, la decisione di mantenere in vita numerosi progetti – anche fra loro concorrenti – non permette né allo stato, né alla sua emanazione societaria OAK (Ob’edinennaja Aviastroitel’naja Korporacija, Spa formata per volere governativo nel 2006 dalle principali aziende del comparto aerospaziale russo) una efficiente allocazione delle risorse. Di questa sorta di pilatismo ha fatto le spese anche il Sukhoi Superjet 100, regional al cui sviluppo Finmeccanica ha contribuito sensibilmente. Il governo ha finalmente definito “prioritario” il raggiungimento della piena maturità del velivolo (che ha sofferto una vera e propria concorrenza interna da parte del pariclasse sviluppato dalla Antonov), inclusi gli aspetti commerciali ed i servizi post-vendita. Le sorti del SSJ potrebbero condizionare pesantemente anche la gestazione dell’Irkut MS 21, progetto destinato a dar vita da una famiglia di bireattori classe 150-220 passeggeri. Un fallimento del programma russo-italiano arrecherebbe infatti un colpo mortale alla reputazione della Federazione quale costruttrice di aerei commerciali di successo. La OAK può teoricamente contare su un portafoglio ordini di circa 240 SSJ (più 100 in opzione), ma molti di questi appaiono decisamente aleatori soprattutto in relazione ai laschi ritmi di consegna finora mantenuti.

Ad un livello superiore di analisi, l’SSJ rischia di pagare il fio per la sua genitura essenzialmente politica. Apparentemente, esiste un “club” di entusiasti del progetto disseminati fra gli alti livelli dell’amministrazione pubblica, della difesa e dell’industria, in una riedizione del “complesso militare industriale” di epoca sovietica. Il risultato è una scollatura fra enunciazioni iperboliche sulle qualità della macchina e risultati (scarsi) conseguiti sinora in ambito commerciale. Degna di nota è anche la composizione “geografica” degli ordinativi. Il cliente di lancio è stato la compagnia di bandiera russa Aeroflot (cui appartengono dieci degli 11 SSJ costruiti, di cui l’ultimo consegnato a metà settembre), mentre è significativa la latitanza di Alitalia – che pure avrebbe dovuto anch’essa assolvere il ruolo di “volano commerciale” del velivolo, e che ha invece optato per il competitor prodotto dall’Embraer brasiliana. La maggior parte dei clienti sono compagnie russe (tra cui Gazpromavia), mentre l’unico SSJ esportato in Armenia per la compagnia Armavia è stato da questa riconsegnato alla ditta costruttrice.

Ancora, la collocazione del SSJ nella fascia di mercato dei regional classe 100 posti è stata probabilmente un po’ avventata, come rilevato anche dal Ministero dell’Industria e del Commercio. Si tratta certamente di un segmento in crescita a livello globale, ma storicamente ben presidiato dai maggiori costruttori globali. Se è vero che la canadese Bombardier e l’Embraer hanno saputo adottare strategie di penetrazione vincenti, genera apprensione la prossima entrata di colossi del calibro di Mitsubishi e del consorzio italofrancese ATR. Il piatto è ricco, ma gli errori di valutazione costano caro.

Ed è costato caro anche l’intero ciclo di sviluppo del Superjet, nell’ordine di diversi miliardi di euro. Lo stato ha parzialmente finanziato il progetto, ma la Sukhoi si è sobbarcata pesanti oneri, tanto da sguarnire finanziariamente l’OAK che adesso, sempre secondo il Ministero dell’Industria e del Commercio, non ha fondi per lo sviluppo di nuovi velivoli. La Federazione Russa si trova quindi in una condizione simile a quella del giocatore di poker il cui bluff sia stato scoperto al tavolo: continuare ad impegnare risorse ingenti cercando di correggere una situazione apparentemente già compromessa, rendendo un successo commerciale quello che ad oggi già appare come un flop colossale.

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