A seguito dell’ampliamento della rete tramviaria di Roma ha avuto luogo il ritrovamento del quartiere medievale dei calcarari e della chiesa di Santa Lucia de Calcarario, nel medesimo quartiere. È così bastato scavare un metro, quanto richiesto dai lavori di cantiere, per giungere a tale ritrovamento nel rione Pigna, in via delle Botteghe Oscure, poco lontano dalla Crypta Balbi al centro della città.
Un caso analogo è stato agli inizi di Marzo il ritrovamento in piazza Ostiense, vicino alla Piramide Cestia, di un’ipotetica necropoli composta da cinque sepolture risalenti al III-IV secolo d.C. durante le operazioni di ampliamento della linea tramviaria. In entrambe le circostanze, dopo una breve interruzione, la costruzione dei binari procederà con le dovute attenzioni, così da preservare quanto ritrovato.
Non si tratta propriamente di una scoperta, poiché già tra il 1938 ed il 1941 l’area era stata soggetto di scavi dovuti all’espansione di via delle Botteghe Oscure, quanto più di una asseverazione della documentazione dell’epoca, che ha permesso di precisare l’impianto planimetrico di una sezione della zona e di ipotizzare la posizione della chiesa di San Salvatore de Calcarario, sparita da secoli dalla pianta cittadina. È stato inoltre possibile riconoscere i diversi periodi architettonici della chiesa di Santa Lucia susseguitisi da una prima fase paleocristiana al 1630.
Gli scavi in considerazione sono di grande importanza urbana, in quanto mostrano una porzione della Roma antica pressoché sconosciuta e mai venuta alla luce in precedenza: prima d’ora chiunque passasse per Largo dei Ginnasi poteva esclusivamente ammirare il portale d’ingresso del monastero delle Maestre Pie Filippini ed alcuni arredi e tele nella cappella di Palazzo Ginnasi.
La chiesa di Santa Lucia de Calcarario deve il proprio nome ai forni di calce, calcare, che erano presenti nella contrada, poi detta dei Cesarini, e sorgeva sulle rovine del Circo Massimo. La chiesa, dapprima paleocristiana, ovvero d’epoca altomedievale, venne completamente ricostruita nel 1630 dal cardinale Domenico Ginnasi (a lui si deve l’ultima denominazione della chiesa) ed adornata dai dipinti della nipote Caterina Ginnasi. Il Ginnasi acquistò dunque le case annesse alla struttura della chiesa ed attuò un processo di rivalutazione della zona tramite l’edificazione di un collegio e di un monastero delle monache del Corpus Domini dell’ordine di Santa Teresa; la chiesa venne successivamente demolita nell’Ottocento
Un documento riguardante lo Stato temporale delle chiese di Roma nel 1660, al tempo di papa Alessandro VII, riporta che la chiesa “è posta nel rione Pigna sotto il palazzo de Ginnasi che fa angolo nella piazzetta contro il palazzo dell’E.mo Card. Vicario: ha due porte, la maggiore verso la piazzetta e l’altra di fianco nella strada delle Botteghe Oscure. Non si ha memoria della sua fondazione. È longa palmi 91, larga palmi 30, alta palmi 56. Vi sono due sacristie, una a mano sinistra che serve per uso di monache, l’altra a mano destra che serve per il curato. Ha due cappelle a volta nei suoi due lati: vi è l’altare del S. Crocefisso dove dette monache hanno una ruota, a mano destra vi è l’altare dei Ss. Biagio et Ambrogio, nella qual cappella l’università dell’arte della lana vi suole celebrare la festa di detti santi.”
I lavori subiranno un arresto e molto probabilmente le lamentele della cittadinanza legate agli squilibri legati al traffico, ai cambi di viabilità ed al costo di realizzazione dell’opera continueranno, senza tuttavia considerare l’importanza del ritrovamento.
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