L’Istituto Nazionale di Statistica certifica la grave difficoltà di occupazione per le giovani donne del sud Italia. «Nel Mezzogiorno la probabilità di lavorare per le ragazze è quasi azzerata: la crisi ha eroso ancora di più le opportunità, con il tasso di occupazione sceso tra aprile e giugno a un minimo del 16,9% per le giovani tra i 15 e i 29 anni» si legge nell’ultimo rapporto trimestrale dell’ISTAT.
Tra aprile e giugno 2012 il tasso di occupazione si è attestato sul più basso livello dal secondo trimestre del 2004, cioè dall’inizio delle relative serie storiche. Un nuovo record negativo che indica come al Sud meno di due donne su dieci hanno un posto di lavoro.
Sul minimo pesa certamente la percentuale di studenti che si concentra nella fascia d’età considerata, ma anche tra le 18-29enni il dato non è esaltante e si attesta al solo 20,7%.
Appare evidente dunque il divario con il Nord, dove la quota di giovani occupate tra i 18 e i 29 anni sale al 45,7%, e con la media nazionale per la componente femminile (pari al 34%).
Il Corriere della Sera ha riportato qualche giorno fa la tesi suggestiva secondo cui le donne del Sud rifiuterebbero un’occupazione perché gravate di tutti gli oneri familiari: dalla cura e l’assistenza ai bimbi e agli anziani a tutto ciò che concerne i lavori domestici. Il Presidente di Ubs Italia, Innocenzo Cipolletta, ha rilevato infatti che evidentemente c’è anche una questione culturale, che spinge le donne del Sud ad evitare il “pendolarismo” verso nord alla ricerca di lavoro, perché fondamentali nell’economia familiare.
Andrebbero forse individuate – a livello nazionale – soluzioni alternative a quelle sinora concepite nell’assistenza agli anziani non autosufficienti, all’infanzia e ai disabili: soluzioni innovative che potrebbero nel contempo determinare anche una conseguente riduzione di questa voce di spesa per la collettività.
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