Continua il monitoraggio dell’opinione pubblica russa sulla base dei sondaggi d’opinione svolti dall’istituto Levada di Mosca. In questa occasione l’analisi è incentrata su due argomenti decisamente à la page anche fra i media occidentali.
Innanzitutto, l’istituto demoscopico ha rilevato l’atteggiamento verso la proposta di legge sulla “censura di internet”, che quest’estate aveva generato una vasta eco mediatica, con tanto di oscuramento dimostrativo operato in segno di protesta dalla Wikipedia russa. Sulla base delle risposte fornite, la legge sembra esser più che ben accetta dalla cittadinanza. I siti “blacklistati” comprendono infatti pagine web che incitano al suicidio, all’abuso di droghe, a comportamenti rischiosi e alla pornografia infantile. È bene ricordare come, secondo i detrattori dell’iniziativa legislativa, proprio la lista nera dei siti “non adatti ai bambini” sarebbe potuta essere usata quale grimaldello per limitare la piena fruibilità di internet in Russia.
Alla specifica domanda su quale punto di vista esprimesse meglio la propria posizione al riguardo, il 63% degli intervistati ha invece affermato che “ci sono molti siti e materiali pericolosi online, quindi una forma di censura di internet è necessaria”, a fronte di un 19% per cui “le minacce provenienti da internet sono già filtrate, ed in ogni caso non è ammissibile alcuna forma di censura”.
Ancora più indicativo è l’atteggiamento nei riguardi del fenomeno delle Pussy Riot, oggetto di un’approfondita ricerca svolta sul finire del mese di settembre.
Innanzitutto, è aumentata la risonanza pubblica delle azioni dimostrative del collettivo femminista, quali la c.d. preghiera-punk nella Chiesa del Cristo Salvatore a Mosca che, inter alia, è valsa loro l’arresto. Il 55% del campione ha “sentito parlare” delle tre attiviste (a fronte del 30% del marzo scorso), mentre solo il 16% degli intervistati non è a conoscenza del fenomeno (erano la metà degli intervistati appena sette mesi fa).
L’accresciuta notorietà del gruppo, tuttavia, non è direttamente proporzionale al supporto nei riguardi delle istanze rappresentate (e del modo di rappresentarle). Ben un cittadino su due (tra coloro i quali sono a conoscenza dell’esistenza del collettivo) giudica l’atto “semplice teppismo”. Il 29% lo ritiene una azione politica diretta contro Putin e contro l’ingerenza dei vertici ecclesiastici nella vita politica federale, il 19% vi scorge un attacco mirato al cristianesimo ed un misero 5% ha saputo rinvenire dell’arte nell’azione.
Tuttavia, le risposte più sorprendenti riguardano probabilmente la valutazione sull’adeguatezza della pena comminata alle tre eccentriche performer. La condanna a due anni di reclusione (che stanno scontando in due, essendo la terza in libertà condizionata) è parsa eccessiva al 14% del campione, ma è ritenuta adeguata da un cittadino su tre e, mirabile dictu, addirittura insufficiente per quasi un intervistato su due.
Ancora una volta, l’interpretazione occidentale degli avvenimenti di attualità nel gigante eurasiatico si dimostra distorta e inadeguata. Un’attenta rilettura dei fatti della Federazione dovrebbe tener conto dell’opinione pubblica così come questa si manifesta attraverso i vari indicatori empirici, cercando di evitare l’irriducibile scarto tra il sein (essere) e il sollein (dover essere) della collettività.
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