Il prossimo giugno si terranno in Tunisia le elezioni presidenziali e parlamentari, con il ballottaggio presidenziale previsto per luglio; lo ha annunciato il partito islamista Ennahda, forza politica di maggioranza (insieme ad altri due partiti di centro-sinistra, Congresso per la Repubblica ed Ettakol) dell’attuale Parlamento tunisino, composto al 50% da parlamentari donne.
Le rivolte della Tunisia, rispetto a quelle degli stati confinanti del Maghreb, sembrano aver spianato la strada al rinnovamento politico: subito dopo le elezioni Ennahda ha posto all’ordine del giorno la necessità di una nuova Costituzione e di un nuovo patto sociale che ovviasse alla crescente disoccupazione nel Paese. A prima vista lungimirante, divenuto poi timoroso, il governo di Rashid Ghannouchi sta ancora temporeggiando sia sulla questione costituzionale sia sulle misure per l’occupazione reclamate dai giovani tunisini. In questo periodo, le proteste contro la disoccupazione si saldano pericolosamente con quelle contro le forze politiche laiche che tentano di isolare gli islamisti: il 20 ottobre la caserma di polizia del governatorato di Gabes è stata assaltata e pochi giorni prima è stato ucciso il Segretario di Nida Tounes (forza laica di opposizione) Lotfi Naqdh.
Riguardo al tema controverso della Costituzione ( l’Assemblea Costituente terminerà il suo mandato il 23 ottobre) si vocifera solo di una comune volontà dei partiti tunisini volta ad attenuare i poteri del Presidente in favore di un rafforzamento del ruolo del Primo Ministro; tutte le forze politiche sono concordi nel mantenere l’elezione diretta del Presidente tunisino che anche nel sistema della Repubblica parlamentare ricopre un ruolo privilegiato. L’articolo 1 della Costituzione tunisina affermava che “l’Islam è la religione di Stato”; nella riforma di questa formula, sembrava dovesse racchiudersi tutto il cambiamento che avrebbe reso la Tunisia un paese “nuovo”; oggi, a distanza di quasi un anno, le sfide appaiono già concrete, come quella di soddisfare la domanda di lavoro dei giovani tunisini per non sfiorare ancora la guerra civile.
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