“La sfida della ripresa poggia sul risparmio”, è il titolo dell’88esima edizione della Giornata Mondiale del Risparmio, celebrata lo scorso 31 ottobre.
Ma il risparmio, viene da chiedersi, su cosa poggia? Perché se è vero, come ripetuto – fino a divenire quasi un mantra – durante l’ultimo governo Berlusconi, che l’Italia gode di una solidità finanziaria garantita dal risparmio privato, è altrettanto vero che questo “tesoretto” si sta velocemente erodendo, insieme alla capacità di risparmio delle famiglie italiane.
I bassi tassi di crescita degli anni ’90 prima, ed il vertiginoso calo del reddito delle famiglie poi (-9% in termini reali dal 2008 ad oggi), hanno riportato la capacità di risparmio ai livelli minimi degli anni ’80, ma con tassi di risparmio addirittura inferiori: dal 20% di allora, dopo 30 anni di politiche economiche evanescenti, siamo riusciti a scendere sotto al 10% (rispetto allo stipendio medio annuale, fonte Goldman Sachs), percentuale che ci colloca all’ultimo posto dei Paesi Europei.
Sebbene la ricchezza privata italiana (stimata in 8.500 miliardi di euro) sia ancora superiore, in media per persona, rispetto a quella tedesca o perfino americana, il trend, così sfavorevolmente negativo, indica a chiare lettere che il popolo italiano sta fortemente attingendo ai propri risparmi di lunga data per far fronte alle difficoltà economiche correnti, a un ritmo molto maggiore di quanto riesca ad accumularne di nuovi.
E’ la descrizione di un percorso assolutamente insostenibile, perché priva della stabilità economica soprattutto le giovani generazioni, che di quei risparmi erediteranno, purtroppo, ben poco. Proprio quelle nuove generazioni che, se andiamo ad analizzare i dati (fonte Unicredit) relativi alla distribuzione della ricchezza per classi d’età, risultano i più poveri d’Italia: fatta 100 la ricchezza complessiva, i giovani fino ai 34 anni detengono appena il 10% del totale, mentre la stragrande maggioranza è in mano alle fasce 55-64 ed oltre, ovvero i pensionati d’oggi e del futuro prossimo.
Le conseguenze di una simile situazione non saranno limitate alla già grave impossibilità, per i giovani di oggi, di poter avere una pensione decente un giorno, ma coinvolgeranno la stessa sostenibilità del debito pubblico italiano che, non potendo più fare affidamento sulla ricchezza privata dei cittadini, peserà sempre più sul settore bancario, alimentando quel circolo vizioso che già conosciamo.
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