Se la Regione Sicilia partecipasse a un corso di Managment delle società Pubbliche sarebbe sicuramente bocciata. Come imprenditore, la Trinacria ha infatti prodotto pessimi risultati: ben 22 delle 33 partecipate sono in perdita (67%) e 11 sono in liquidazione. Peggio persino di un quadro nazionale comunque non esaltante in cui solo il 56% delle partecipate locali chiude in utile.
Non si tratta di astratti problemi numerici, ma di una situazione al limite del dissesto che il neo Governatore Crocetta dovrà gestire con la massima attenzione. Anche perché il problema è reso ancor più complesso dalle dimensioni del lavoro pubblico siciliano.
Nelle società “regionali” lavorano almeno 7.300 persone al costo di 220 milioni l’anno, cui vanno aggiunti i costi degli oltre 16.000 lavoratori direttamente impiegati dalla Regione (come non citare gli oltre 28.000 forestali e i mitici “camminatori”?) per una spesa record di un miliardo di euro ogni anno.
Anche le pensioni degli ex dipendenti (circa 640 milioni di euro) sono a carico della Regione e questo rende ancor più complicato ipotizzare una riduzione della spesa nei prossimi anni poiché il turn over sposterebbe semplicemente le uscite da un capitolo all’altro dello stesso bilancio.
La giunta Crocetta è quindi chiamata a una sfida non facile che dovrà essere affrontata con pragmaticità e spirito di servizio, al di là dei proclami.
Uno slogan – e non solo – dovrebbe essere “più mercato e meno Stato!”, per spezzare le catene del clientelismo imperante, dare spazio al merito e all’efficienza e proiettare finalmente la Sicilia verso un futuro migliore.
© Rivoluzione Liberale

Come il PLI ed altri avevano previsto nel 1970, le Regioni si sono rivelate centri di corruzione, privilegi e malaffare.E sono quasi tutte in dissesto finanziario.Quindi le previsioni sono state superate di gran lunga, in peggio, dalla realtà.Questo, credo, l’abbiano capito tutti.Quello che almeno io non ho capito è a cosa servano e di quale utilità siano state e siano per i cittadini, per il bene comune della nazione. Vecchi, petetici e inossidabili tromboni, che di tanto in tanto rilasciano saccenti interviste a qualche ossequiente e genuflesso giornalone nazionale, sproloquiano di identità locali, di autonomie, di vicinanza dei cittadini ai poteri locali e via fregnacciando, non tralasciando il richiamo alla Sacra Tavola scolpita nella Roccia dal dito di fuoco di Dio : la Costituzione del ’48.Non è tempo di riprendere la battaglia di Malagodi per l’abolizione di questo malefico istituto?
La battaglia di Malagodi e di tutto il PLI contro la istituzione delle Regioni a Statuto Ordinario fu sacrosanta, con la ulteriore beffa che essa avrebbe dovuto comportare l’abolizione delle Province, che, dopo oltre un quarantennio, sono ancora lì. Abbiamo assistito in questi giorni alla tragica sceneggiata in Parlamento per la loro semplice riduzione, con i soliti richiami al campanile ed al ruolo insostituibile di un Ente intermedio totalmente inutile. La soluzione adottata di un semplice dimezzamento in base al numero degli abitanti e della superficie, legittima la ripresa in grande stile da parte dei liberali della battaglia sull’Istituto regionale, che tuttavia non può prevedere la eliminazione, perché l’Ente di riferimento dell’UE sono proprio le Regioni, tanto che la Francia, Paese centralista per eccellenza, che non contemplava tale livello amministrativo, ha dovuto istituirle, ma con poteri molto circoscritti. Quindi il PLI potrebbe con determinazione chiedere un accorpamento, in modo da ridurne il numero ad un massimo di sei o sette e, soprattutto, rivederne i poteri legislativi, oltre che la relativa autonomia finanziaria e di spesa.
Gli sprechi della Regione Siciliana sono leggendari e vergognosi e tuttavia mi sento ancora di difendere, conscio di rappresentare un’inguaribile minoranza, l’Autonomia Siciliana.
Il punto è che lo Statuto Speciale della Regione non è mai stato applicato se non per produrre sprechi e malaffare ma di questo, invero e davvero, non possiamo certo accusare l’Autonomia in se (che è diritto e fondamento del pensiero liberale) quanto gli elettori beoti che continuano a farla governare da politici inetti, nella migliore delle ipotesi. Il modello di autonomia siciliana (che, ricordo, già dal 1946 prevede l’abolizione delle Province) è ancora oggi futuristico e valido e rappresenta una piattaforma di sviluppo irrinunciabile perchè la Sicilia impari a far da se. Bisogna lottare per applicare correttamente lo Statuto e mandare a casa cialtroni e mafiosi, ma per fare questo non c’è legge o riforma che tenga, è compito e maturità dell’elettore. Vorrei, il più sommessamente che posso, ricordare che dal 1861 al 1946 il modello di stato centralistico impoverì e saccheggiò la Sicilia oltre ogni tollerabile limite e vi basti pensare che prima del 1861 la Sicilia non conosceva l’emigrazione………mi fermo qui, ma sono a vostra disposizione per proseguire il dibattito.