È davvero troppo presto dire se la scesa in campo di Montezemolo – dichiarata ieri a Roma – semplifica un quadro politico confuso o lo complica ulteriormente.
Che dalla società civile, come ha detto Mario Monti, nascano iniziative volte a reagire alla ormai lunga decadenza del Paese indotta da una classe politica incompetente e talvolta corrotta, é certamente un bene. Ed é positivo che il Presidente della Ferrari non candidi sé stesso alla guida del Paese, come avrebbero fatto altri, mostrando così di avere a cuore l’avvenire dell’azienda Italia, non il suo personale che del resto ha raggiunto tutti i traguardi che un industriale e finanziere può proporsi. E notiamo che le “ricette” da lui proposte sono quelle che i liberali sostengono da sempre. Segno che una specie di risorgimento – o meglio rivoluzione – liberale, é ormai nello “spirito del tempo” e che ad essa ci avviamo? Sarebbe bello se fosse così semplice, e sono fin troppo evidenti i diversi programmi, la diversa filosofia politica che anima i populismi di destra e di sinistra: quello di Berlusconi che accusa i tecnici di una situazione economica che il suo governo ha contribuito ad aggravare; e quello di Vendola e della Camusso, destinati a pesare, eccome, su quella che potrà essere la politica di Bersani, al di là anche della sua personale buona fede; per non parlare di tutti quelli, ingenui forse in maggioranza, ma anche teppisti professionali interessati a seminare il disordine, che ricorrono alle barricate contro la crisi economica e la politica del Governo, che é come gridare proteste contro la febbre e il medico che ha dovuto prescrivere dosi alte di antibiotici. E dicono, non solo in Italia, “basta all’austerità”, come se rigore fiscale e serietà nella spesa fossero semplici “optional” che un Governo può scegliere a suo piacimento (ma non é in fondo quello che pensano, anche se non lo dicono, Vendola e la Camusso?). Come se i debiti non fossero debiti e si potessero non pagare; come se ogni azione che porta ad abbassare lo spread non facesse risparmiare all’erario, e quindi a tutti noi, miliardi di euro che – invece che a pagare interessi – possono essere destinati a scopi ben più produttivi.
Cosa vorrebbero? Il ritorno ad una finanza permissiva? Allo spreco in ogni comparto della spesa pubblica, dalla politica alla sanità? E a breve, brevissima distanza, come farebbe fronte il Tesoro ai suoi impegni (che non sono solo verso i creditori, ma verso i propri funzionari impiegati, la sicurezza, il servizio sanitario e così via)? O magari, sotto sotto, pensano a un “default” che ci permetta di azzerare il debito pubblico o di ridurlo, come l’Argentina, al 30% (per di più scalato in venti o trent’anni)? Se é così, per favore lo dicano chiaramente, e poi si assumano la responsabilità della tragedia che ne seguirebbe, non soltanto per le centinaia di migliaia, forse milioni, di risparmiatori (italiani in buona parte) che hanno creduto nello Stato italiano e nella solvenza dei suoi impegni, ma per l’intera economia, italiana ed europea, che ne riceverebbe un colpo mortale, con una recessione da cui metteremmo decenni a uscire. Davvero “lacrime e sangue”!
Italia Futura e Terza Repubblica, dicevamo, un programma attraente, che dovrebbe risvegliare l’entusiasmo di chi sogna per l’Italia un futuro diverso dalla – non troppo lenta – decadenza. Però, per giudicarne la portata, aspettiamo di vedere come il Movimento e il suo fondatore si muoveranno in concreto nei pochissimi mesi che restano fino alle elezioni di marzo, per propagare il loro messaggio, renderlo maggioritario vincendo la resistenza dei “media”, specie televisivi, e con quali soggetti intendano comporre quel raggruppamento liberale e riformista che, per influire veramente sull’avvenire del Paese, necessita di essere, se non maggioranza relativa, almeno una minoranza tanto forte da poter determinare gli indirizzi futuri. Perché una cosa é lanciare un movimento di opinione, magari influente nel pensiero teorico, altro é tradurlo in consenso e forza elettorale, che é l’unica che conta in democrazia. Per questo, accanto a una grande capacità di comunicazione (oggi, per fortuna, c’é la Rete, che supplisce a molti altri mezzi d’informazione, assenti od opachi), servono solide connessioni con altre forze politiche dello stesso, o di analogo, segno.
Il primo no, anche se preliminare, Montezemolo l’ha detto ad un’alleanza con l’UDC, con la quale pure condivide l’appoggio a un futuro Governo guidato da Mario Monti. Non gli si può dare interamente torto, quando si constata che, a Chianciano Casini ha fatto soprattutto quello che sa fare bene, cioè tattica, e ha schierato vecchie mummie della politica, davvero impresentabili per una stagione di rinnovamento (non facciamo i nomi,che sono peraltro sotto gli occhi di tutti: per cui Chianciano ha potuto apparire come un mesto revival del vecchio pentapartito).
In buona logica, Italia Futura dovrebbe rivolgersi, non solo, genericamente, al bacino elettorale potenzialmente grande di gente delusa dal PDL e anche dall’UDC e alla ricerca di un approdo credibile, ma anche a quei partiti che hanno saputo fin qui rappresentarla e organizzarla: in buona sostanza ai Liberali.
Accadrà questo e Montezemolo si dimostrerà davvero capace di organizzare un ampio consenso attorno alla sua visione, o Italia Futura rimarrà un movimento velleitario come tanti altri, un capitolo del più triste libro delle buone intenzioni? Speriamo di no ma restiamo prudenti, con simpatia.
© Rivoluzione Liberale

Caro Ambasciatore, una sola parola, anzi due: sottoscrivo, integralmente.