Quando a inizio anno si è iniziato a predisporre la bozza del decreto Cresci Italia e gli obiettivi erano ancora più avanzati di quelli successivamente approvati in Consiglio dei ministri, i risultati attesi dalle liberalizzazioni erano davvero significativi.
Citando l’Ocse si affermava che un allineamento agli standard dei Paesi più virtuosi avrebbe reso possibile, nel lungo periodo, una crescita del Prodotto interno lordo pari all’11%, un incremento dell’occupazione dell’8% e un aumento dei salari in termini reali del 12%.
Il decreto legge è stato approvato il 20 gennaio e da allora la rivoluzione liberale tanto attesa da molti ha dovuto fronteggiare l’assalto delle lobby e fare i conti con la necessaria mediazione con categorie e partiti, sempre più difficile con l’avvicinarsi delle elezioni.
Così, anche dopo la conversione in legge del 24 marzo, la difficoltà di rendere davvero operativi i 98 articoli faticosamente approvati sono più che evidenti.
Di recente, il Sole 24 ore ha calcolato che su 53 regolamenti attuativi ne erano stati emanati soltanto 11. Un rallentamento certificato anche dall’Antitrust che un mese fa, pur riconoscendo la dedizione al tema da parte del Governo Monti, ha affermato che sulle liberalizzazioni bisognerebbe fare di più.
Per fare il punto sui “ritardi” basta considerare ciò che la legge prevedeva in merito al numero di farmacie di prossima apertura: ben 5 mila secondo i provvedimenti approvati. Al momento però i bandi sono stati pubblicati solo da quatto regioni: Lombardia, Veneto, Liguria e Lazio.
Anche sulle licenze dei taxi si è registrato un vistoso stop. All’inizio si era pensato che dovesse essere la nuova Autorità dei trasporti a decidere l’eventuale aumento del numero delle licenze, poi tale potere è stato ridotto a un semplice parere non vincolante, rimettendo la decisione nelle mani dei sindaci.
Sul fronte delle assicurazioni, infine, restano da attuare pienamente l’unificazione della tariffa Rc auto su tutto il territorio nazionale e la banca dati dei danneggiati e dei testimoni.
C’è ancora molto da fare dunque, ma il cammino verso un sistema economico più aperto alla concorrenza e al mercato è iniziato e ci auguriamo che il prossimo Governo eletto dai cittadini possa proseguire su questo percorso non certo semplice, ma sicuramente fruttifero per il futuro del Paese.
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