Solo un anno fa Obama poteva tranquillamente dire che ‘Per molto tempo si è creduto che chi si batte per l’ambiente debba essere contrario al nucleare, ma è un controsenso: il nucleare è la nostra unica fonte di energia pulita’. Il disastro della ‘marea nera’ nel Golfo spinse l’amministrazione Usa a bloccare le trivellazioni e a puntare, dopo più di 30 anni, sulla costruzione di nuove centrali nucleari con un investimento di 36 miliardi di dollari.
Un anno dopo tutto si ribalta: con il terremoto giapponese e la fusione dei reattori di Fukushima il nucleare ha subito una battuta d’arresto e lo stesso Obama che aveva bloccato le trivellazioni nel Golfo fino al 2017, le fa ripartire dopo soli 12 mesi. La paura di una nuova Chernobyl ha rimesso in discussione la costruzione di nuovi centrali e lo sviluppo futuro del nucleare.
Nella società dell’ansia non c’è spazio per la razionalità, si decide all’istante, di catastrofe in catastrofe, sull’onda dell’emotività e i nostri leaders si trasformano in followers delle paure: l’allora ministro Bersani che secondo i cable di Wikileaks firmava accordi con gli USA per lo sviluppo del nucleare, oggi diventa un pasdaran del referendum e il Berlusconi che nel programma elettorale puntava sul nucleare, oggi blocca tutto.
Certo il disastro di Fukushima ci pone alcune domande, scuote le coscienze di tutti e alimenta il terrore di un futuro catastrofico, ma nelle decisioni strategiche la paura deve lasciare il passo alla razionalità: il 18% dell’energia elettrica mondiale è prodotta da 440 centrali nucleari, destinate a raddoppiare in 15-20 anni, molte delle quali ai nostri confini. La battaglia antinuclearista avrebbe come assurda conseguenza quella di continuare ad usare centrali che essi considerano insicure, visto che è praticamente impossibile smettere di produrre il 18% dell’energia mondiale da un giorno all’altro, impedendo lo sviluppo della ricerca e la costruzione di centrali più sicure e tecnologicamente avanzate.
L’alternativa non è tra il nucleare e le rinnovabili, che da sole non riuscirebbero a coprire il fabbisogno energetico, ma tra l’atomo e i combustibili fossili che danneggiano l’ambiente e nel silenzio più totale mietono vittime quotidianamente, sia attraverso la dose di veleno che disperdono nell’atmosfera sia attraverso le centinaia di incidenti sul lavoro.
Anche la dimostrazione di maggiore sicurezza e rispetto per la salute e l’ambiente non dissuade gli antinuclearisti dalla ‘paura’; è un po’ come la differenza tra l’aereo e l’automobile: anche se è evidente che la macchina è il mezzo di trasporto che miete più vittime, è molta più diffusa la paura a prendere l‘aereo che quella di spostarsi in auto. A parte le reazioni di breve periodo al disastro di Fukushima, è probabile che la razionalità prevarrà e, come la ‘paura di volare’ non ha impedito spostamenti più veloci ed economici con la diffusione dell’aereo, così la ‘paura dell’apocalisse’ non impedirà la diffusione di energia più pulita e più sicura.

Del tutto d’accordo. Complimeti.
Non sono un antinuclearista, ma voterò Sì al referendum. Non per questioni istintive o che, solo che non mi fido a far gestire una cosa delicata come il nucleare tradizionale agli italiani. Siamo culturalmente troppo immaturi per questo, non dovremmo toccare cose del genere finché non sarà adeguatamente diffusa la cultura della Qualità in Italia (e non parlo semplicemente di ISO, parlo di pensiero e di principi).
Dovremmo avere pazienza e investire nella ricerca (personalmente penso a soldi privati, ma è solo un’abitudine da liberale), in particolare nella fusione fredda, che negli ultimi anni ha mostrato segni di prototipabilità, anche col contributo di ricercatori italiani, e il fotovoltaico che ha attualmente il difetto di non rendere energia per quanto costa e per quanto costa all’ambiente smaltire un pannello di silicio. Queste due tecnologie, con un po’ di fortuna negli sviluppi, come sempre si richiede nella ricerca, permetterebbero una nuova era di distribuzione dell’energia, con impianti piccoli, distribuiti, sicuri, fault-tolerant e persino ecologici.
la tua è una posizione pragmatica e anche condivisibile; l’importante è: basta ideologie….per rimanere nella metafora: niente paura di volare; poi certo io non mi sentirei sicurissimo di prendere un aereo in Iran o in Bangladesh, potrei preferire la macchina…però un grande paese dovrebbe aspirare ad emulare le potenze industriali e non il terzo mondo.
si potrebbe obiettare che la Germania ha deciso di smantellare il nucleare, ma mi pare nel 2022, e queste decisioni lasciano il tempo che trovano (lo dimostra il blocco delle trivellazioni di Obama fino al 2017 che non è durato nemmeno un anno). in realtà saranno la tecnologia e la scienza a dimostrare quale sarà la risorsa a produrre maggiore e migliore energia a costi più bassi (come costi si intendono sia quelli umani, economici che ambientali). a deciidere se il futuro sarà nucleare non deve essere l’ideologia ma un’attenta analisi costi/benefici.