Lo spettacolo che sta dando di sé Silvio Berlusconi in questo avvio di campagna elettorale è davvero triste per chi ha un minimo di rispetto, non per la sua persona, ma per la carica istituzionale che egli ha incarnato per tanto tempo e che ne ha fatto il rappresentante accreditato dell’Italia nel mondo. Dilaga su tutti gli schermi, incontenibile, narcisista, mentendo.  minacciando, insultando, ripetendo i suoi eterni esorcismi, consapevole che nel moderno mondo delle comunicazioni più che il messaggio importa l’esserci; anzi: il messaggio consiste nell’esserci. La gente assiste, secondo i casi affascinata o inorridita, indignata o plaudente, ma più che il programma, inesistente, giudica, con adesione o con rigetto, il personaggio. Persino le sue intemperanze in TV, la sua manifesta intolleranza per ogni onesto contradditorio, facendo notizia, portano acqua a questa dissennata autoesaltazione; complice, dobbiamo dirlo, un perverso sistema d’informazione che punta alla rissa, senza nessuna preoccupazione per i contenuti, perché la rissa fa notizia e fa salire lo share.

Ne è testimone eloquente l’ultima trasmissione di Servizio Pubblico, in cui il Cavaliere e il Conduttore – degni uno dell’altro – si sono comportati non da interlocutori e magari da avversari seri e ragionati, come ci si aspetterebbe in qualsiasi programma pubblico in una competizione elettorale (vedi Stati Uniti), ma da uomini di spettacolo quali sono, complici e, anzi, vere e proprie “spalle” reciproche, in uno stesso, indegno match, mirando ambedue ad acquisire punti presso le rispettive tifoserie.

Nell’assistere alla girandola delle contraddizioni, alle fibrillazioni schizofreniche, al fuoco d’artificio delle panzane berlusconiane, verrebbe da chiedersi, romanescamente: “Ma ci è o ci fa?”.  La sola risposta possibile mi pare sia: “Ci è e ci fa”. È un Berlusconi che si comporta da Berlusconi, perché questa è la sua natura, il suo Dna, e perché fino ad ora, tutto sommato, comportandosi così gli è andata bene: negli affari, in politica e, per lo più, anche  nelle aule di giustizia. Ed è così che riesce, contro venti e maree, a rimanere al centro della scena, a farsi considerare tuttora un protagonista ineliminabile, a polarizzare il dibattito pro e contro di lui, nonostante le intenzioni diverse di altri protagonisti che onestamente cercano di parlare di cose serie: serie, ma per un certo pubblico e per tanti addetti all’informazione, ahimè, noiose. Ammettiamolo: se Berlusconi si muovesse con compostezza britannica, se dicesse cose vere e ragionevoli, se proponesse programmi coerenti, forse potrebbe ritrovare qualche consenso tra la gente seria, ma deluderebbe l’entusiasmo dei suoi fan.

La lista delle sue intemperanze, inconsistenze, menzogne è chilometrica, e ripercorrerla tutta sarebbe fastidioso e impossibile. Qualche esempio recente: le tre giudichesse che lo hanno condannato a pagare grossi alimenti all’ex-moglie sono “comuniste e femministe” (con una  certa ironia, Albertini ha ricordato che una delle tre, almeno, è una sua ex fidanzata ed elettrice del PDL). “La sinistra rovinerebbe l’Italia” e, a ruota, “Se ci fosse parità, coalizione col PD”. “La Bundesbank ha cospirato contro l’Italia”. E, sempre a ruota: “No, deve essere stato un refuso”. Il voto parlamentare del PDL all’IMU? “Obbligati da quella testa dura di Monti, per evitare la crisi di governo”. E l’ultima: “Dibattito in TV solo con Bersani.” Come se fosse lui solo a decidere!

Immaginiamo per un attimo in questa campagna elettorale si spengano microfoni, audio e altoparlanti e si torni all’epoca beata del cinema muto. Uno apre la TV e vede nello schermo un Berlusconi a colori, inceronato, imparruccato, tirato agli angoli, opera, ormai, più che della natura, di parrucchieri e visagiste; un tantino imbolsito, ma non per questo meno fibrillante. Uno lo vede agitarsi, gesticolare, alzarsi, tornare a sedersi, ridere, incupirsi, ma non sente quello che dice. Solo a pensarci, viene un’irresistibile ilarità.

Proviamo a fare un giochetto e utilizzare quella famosa frase di una lontana campagna presidenziale americana, quando circolò una foto del candidato Richard Nixon col suo sorriso falso e con sotto la scritta: “La comprereste da questo tipo un’auto usata?”. Chiediamocelo: “La compreremmo un’auto usata dal Cavaliere?”

E per giustizia distributiva, proviamo a raffigurarci un’immagine di Nicki Vendola, orecchino incluso, e a chiederci: “E da lui la compreremmo la famosa auto usata?” E da Casini? E da Fini? Dubbio amletico!  Per quanta riguarda Grillo, Maroni, Di Pietro, la questione – va da sé – è del tutto superflua!

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