Si allarga a macchia d’olio l’affaire Finmeccanica. Il gruppo italiano di piazza Monte Grappa, famoso per l’aeronautica, i sistemi di difesa, i trasporti, lo spazio e l’energia rientra nuovamente sulla scena politica e da colosso del Made in Italy si trasforma in potente leva mediatica a consumo dei politici in competizione.

Una storia già vista: “Finmeccanica ai tempi delle campagne elettorali” potremmo chiamarla. La trama è un po’ questa: la super holding italiana della difesa, strattonata dai pretendenti al trono delle elezioni 2013, non riesce a concentrarsi sul business e oltre a non incidere sulle grandi commesse internazionali, è costretta a bloccare i contratti in essere per vizi di forma, viene superata in corsa dai principali competitor internazionali e, soprattutto, viene spolpata dall’interno da un sistema di nomine ballerine che ne minano la solidità gestionale, l’indipendenza decisionale e ne rallentano gli ordini, le offerte, la competizione industriale. Un brutto film italiano, insomma.

D’altronde sono tutti lì, gli affossatori di Finmeccanica: da una parte l’ex amministratore delegato, Giuseppe Orsi, da una settimana nel carcere di Busto Arsizio, a seguito dello scandalo sulla presunta “mazzetta” pagata per la fornitura di elicotteri Agusta al Governo di Nuova Delhi, in India. Il suo caso ha scoperchiato Pandora, dando fiato ai detrattori del centro destra (persino a uomini miti come Umberto Ambrosoli a Milano) nell’utilizzare Finmeccanica come leva contro l’ex ministro Maroni in Lombardia (si dice sostenitore di Orsi al vertice della holding e oggi candidato alle elezioni regionali).

Dall’altra l’evergreen Berlusconi, per tempo dominus delle nomine in Finmeccanica – per tramite dei ministri Scajola e Tremonti – esperto conoscitore delle stanze dell’azienda e per anni sviluppatore di diplomazie economiche a targa Monte Grappa. Quel suo dire “le tangenti esistono” ha zavorrato la sua discesa agli inferi più di quanto i processi, i fallimenti e le Ruby rubacuori non stessero già facendo. Ma a pagarne davvero il prezzo è l’azienda: le parole di Berlusconi hanno tuonato come un boomerang e hanno portato alla pubblica piazza un “sistema” che probabilmente esiste, diffuso in tutte le aziende mondiali della difesa e dei settori speciali, ma che in altri paesi è protetto dalla stampa, dalle vergogne pubbliche e dalle campagne elettorali. Un caso che altro non ha fatto se non ampliare il divario affettivo tra gli italiani e la più importante azienda del Paese.

Terzo incomodo il Ministro montiano dell’Economia, Vittorio Grilli, coinvolto in un gossip velenoso per cui la ex moglie sarebbe stata agevolata in Finmeccanica in un giro di contratti e consulenze.

A susseguirsi poi anche Casini e l’Udc – coinvolti nel 2011 con l’allora amministratore Guarguaglini, in uno scandalo di presunte tangenti – ma ancora La Russa, Giorgetti, Romani, Scajola, Matteoli, tutti coinvolti o toccati dalla luce abbagliante dell’universo Finmeccanica (Il Fatto, 21 novembre 2011).

Morale: crollano i politici portandosi dietro il tesoro Finmeccanica. Nel calderone della lotta elettorale il gruppo della difesa paga un conto abbastanza salato: la commessa da 564 milioni di € con l’India, per la fornitura dei 12 elicotteri AW101, è bloccata. Da Parigi i manager della EADS sono volati a Delhi per proporre al Governo indiano la sostituzione della fornitura italiana con la più solida francese, alla cui commessa sembra anche lavorare il premier Hollande.

In Italia sono arrivati anche gli 007 indiani, per investigare sul caso Agusta, e i super tecnici di Scotland Yard, mandati dal premier inglese Cameron per far luce sul presunto scandalo tricolore.

Nell’occhio del ciclone rientra anche la Selex ES, da qualche giorno in piena razionalizzazione: la controllata di Finmeccanica, nata dalla fusione di Galileo, Elsag e Sistemi Integrati ha varato una razionalizzazione delle strutture sul territorio e liquiderà 80 dirigenti nel 2013 e circa 40 nel 2014, operando una riduzione costi, strutture, che avrà sensibile impatto sull’assetto decisionale e sull’azione strategica del gruppo. 

Nell’angolo troviamo anche la WAAS, del gruppo Finmeccanica, leader mondiale nei sistemi subacquei come i siluri, attanagliata dagli appetiti sempre più insistenti della francese Thales.

Oltre oceano, invece, il Dipartimento della Difesa americana ha lasciato a terra, per precauzione, tutti gli F35 a sua disposizione (il caccia da guerra di 5ª generazione per il bombardamento tattico) dopo che un controllo di routine ha rivelato una frattura in un’elica del motore. Al progetto F35 della britannica Lockheed Martin partecipano anche la Alenia Aermacchi, la Galileo Avionica, la Selex Communications, la Elsag Datamat e la Otomelara di Finmeccanica. Possibile, anche qui, una revisione della commessa.

Ultimo ma non meno importante, il dossier sugli appetiti internazionali in Italia e la vendita di Ansaldo Energia (gruppo Finmeccanica) che con l’avvicendamento al vertice Orsi-Pansa, ora sembra sempre più orientata ad acquirenti tedeschi (non sospetti gli interessi di Siemens e della coreana Samsung).

Un passaggio obbligato, dunque, quello di Finmeccanica in campagna elettorale. Un passaggio che si doveva fare per forza, per spostare qualche indeciso alle elezioni politiche e regionali ma che lascia dietro di sé uno strascico incolmabile: l’indebolimento dell’azienda, un ulteriore valzer dei vertici aziendali (con conseguente stallo decisionale), l’arresto di Orsi, l’abbattimento del titolo in borsa (dai 4,76 € ad azione dell’11 febbraio ai 3,9 del 15 febbraio), la disaffezione nazionale al gruppo della difesa e l’azzeramento di importanti contratti per l’industria italiana.

Il tutto per guadagnare qualche seggio in Parlamento? A nostro avviso una vergogna politica, giornalistica e industriale.

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