Non voglio certo fare il moralista, né fingere di credere che in campo politico, e pure nel parlamento stesso, non sia da sempre pratica comune quella di cercare di “conquistare” l’appoggio di qualche avversario per ottenere una maggioranza che non si ha o consolidarne una debole. Voglio però sottolineare i rischi che venga ritenuta una pratica normale la corruzione, con forti somme di denaro, di parlamentari per fare cadere un governo o ottenere altri vantaggi.

Innanzi tutto il principio che viene devastato da questa pratica è quello democratico, che già è messo in seria discussione da un sistema elettorale che non consente agli elettori di scegliere gli eletti. Se infatti a questo si aggiunge che l’eletto, per soldi, può passare da una parte all’altra come la mercato delle vacche allora la volontà popolare è definitivamente cancellata.

C’è poi da valutare il fatto che il giustificare la corruzione politica poi di conseguenza porterebbe a giustificare qualunque altro tipo di corruzione, e in qualche caso addirittura un leader politico ha pubblicamente dichiarato che “per fare affari occorre ricorrere alla corruzione”. Quel leader parlava di affari in campo internazionale, e si sbagliava dato che la corruzione in campo internazionale è sempre più combattuta dai Paesi più civilizzati, ma il principio poi lo si potrebbe applicare a qualunque campo.

La corruzione non solo rende inapplicabili leggi e regole, e le piega al desiderio del più forte, e del più ricco, ma rende inefficaci principi di uguaglianza e libera concorrenza che sono le basi fondamentali per una economia sana. Non per nulla i Paesi che hanno indici di corruzione, politica e nella pubblica amministrazione, sono abitualmente i più poveri e quello ove regna il caos, e spesso anche la guerra civile.

Non entro poi nel campo della giustizia, dove la corruzione è elemento devastante che toglie certezza del diritto e annienta principi fondamentali come quello dell’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge. La corruzione politica quindi è al primo posto tra i pericoli per la legalità, per la civile convivenza e per lo sviluppo economico e non per nulla è normalmente perseguita in tutti i Paesi civilizzati con particolare durezza.

La compravendita dei parlamentari quindi non solo è un indice di degrado della politica, di disprezzo per la legalità e per la volontà popolare, ma è un rischio mortale per la stessa esistenza dello stato.  Non può quindi e non deve essere ritenuta un male minore, né giustificata in nessun modo, ma anzi deve essere repressa con la massima determinazione.

Ne va di mezzo il futuro stesso della Nazione.

© Rivoluzione Liberale

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