Hugo Chavez, secondogenito di una famiglia umile di origini americane e spagnole, irrompe nella politica venezuelana con il colpo di stato del 4 febbraio 1992 (fallito) contro il Presidente Perez. È l’inizio di un epocale cambiamento. È proprio il caso di definirla un’irruzione, quella di Chavez, che dall’ambiente militare del quale faceva parte fin da diciottenne, passa a quello della politica venezuelana per cambiarla radicalmente.

La  rivoluzione sociale e la lotta alla povertà che hanno contraddistinto i suoi governi possono a ragione giustificare le lacrime di migliaia di venezuelani in piazza. Il bagaglio militare di Chavez lo rende affidabile e disciplinato: un capo perfetto. Durante gli anni di studi di Scienze Politiche nell’università di Caracas (nella quale però non conseguì la laurea) Chavez si avvicina alle idee rivoluzionarie di Simon Bolivar: nel 1983 costituisce il Movimento Bolivariano MBR-200 composto per la maggior parte da cadetti usciti dalla scuola militare insieme a lui.

Il successo politico non si fa attendere: grazie alle dichiarazioni a favore delle classi meno abbienti, alla vocazione socialista delle parole dell’’homo novus’ proveniente dai ranghi militari, nel 1998 il Movimento Quinta Republica di Chavez ottiene il 56% dei voti. Una Quinta Repubblica di novità: nuovo ordinamento giuridico, nuova Costituzione, nuova attenzione per il popolo venezuelano e le classi al di sotto della soglia di povertà. Nasceva, nel 1999, la Repubblica Bolìvariana del Venezuela.

Convinto sostenitore dell’unità degli stati latino americani, Hugo Chavez inizia senza paura a smarcarsi economicamente dagli Stati Uniti e a dimostrare a tutti gli altri vicini (Bolivia, Colombia, Perù, Brasile) che il Panamericanismo non è solo del Nord ma soprattutto del Sud.  Risanamento delle condizioni di chi vive in estrema povertà, programmi ad hoc per favorire istruzione e lavoro, queste sono le speranze che Chavez infonde negli animi dei venezuelani, incassando però lo scontento della classe imprenditoriale. In un Paese dove l’analfabetismo riguardava il 70% delle popolazione, l’istruzione è stata  resa gratuita e garantita a poco a poco; si è ridotta la mortalità infantile, così come la malnutrizione. La politica si è occupata del popolo.

Durante i suoi 14 anni di governo Chavez non ha avuto paura di smarcarsi dalla politica estera attuata dai suoi predecessori e subordinata a quella degli Stati Uniti: definendo nel 2006 Bush “il diavolo”, ha riconosciuto  la Palestina, cercato un accordo con Cuba per favorire le esportazioni petrolifere, voluto fortemente un’integrazione economica tra i paesi latino americani che facesse concorrenza a tutte le altre (ALBA- alternativa bolivariana para America Latina y el Caribe), in particolare con quella di creazione statunitense ALCA (Area di libero commercio per le Americhe).

Orgoglioso e deciso, Hugo Chavez ha fatto questo e molto altro per il suo Paese. La fierezza che lo ha accompagnato fino alla fine dei suoi giorni, trascorsi tra conferenze stampa e i voli per curarsi a Caracas dimostra la forza del suo impegno nazionale, la Nazione piange il suo leader: sono lacrime consapevoli che l’eredità del leader non scomparirà. “Patria, Socialismo o Muerte” riecheggeranno nelle menti degli elettori venezuelani che, tra un mese, dovranno andare alle urne.

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