In un Paese normale, quando dalle elezioni non esce un vincitore, si ritorna alle urne (caso Grecia) o si cerca un accordo tra forze responsabili  di segno diverso ma che condividono  i temi fondamentali per la continuità della vita nazionale e la saldezza delle istituzioni democratiche (caso Germania e Belgio). Al di là dei sentimenti e degli umori di parte delle rispettive basi, è quello che oggi la maggioranza degli italiani si aspetta dai partiti.

Diciamo subito che tra le forze responsabili  non includiamo né la Lega né il M5S, le cui linee coincidono nell’abbattere il sistema in cui abbiamo vissuto dal dopoguerra in poi e che, tra tanti difetti e carenze – e pur nella imperiosa necessità di un radicale rinnovamento – ha  comunque permesso uno sviluppo economico e sociale senza precedenti e mantenuto libertà individuali e democrazia repubblicana. La Lega si propone il distacco di fatto del Nord dal resto d’Italia. Quello che propone Grillo, tra confusioni, contraddizioni e sfrenata demagogia, è un vero e proprio salto nel buio, una pericolosa deriva verso un autoritarismo giustizialista. Certo, tra PD e PDL non è facile neppure parlarsi, almeno finché Berlusconi resta il leader indiscusso del PDL. Ma la politica è, o dovrebbe essere, l’arte di rendere il necessario possibile. Se ci si è riusciti per più di un anno col Governo Monti, perché non dovrebbe essere possibile ora, che ciò sarebbe tanto più necessario?  Eppure,  l’impressione è di un labirinto di cui i preconcetti ideologici e la limitatezza di certi leader della sinistra fanno ostacolo alla ragione.

Giustamente Il Capo dello Stato ha richiamato le forze politiche all’obbligo di dare un governo al Paese, ricordando  che la crisi non aspetta (l’ultima prova l’abbiamo avuta col declassamento dell’Italia ad opera di Fitch). Ma perché i suoi ammonimenti  non restino nel novero di quelle che Einaudi chiamava “le prediche inutili”, occorre che, al momento opportuno, il Presidente indichi lui stesso la strada da seguire. Lo ha fatto nell’autunno del 2011, col risultato di fermare il Paese sull’orlo del disastro finanziario e ristabilire la nostra credibilità in Europa, e altri Presidenti lo hanno fatto in passato. Ed è giusto che sia così,  perché  quando i partiti  si dimostrano incapaci di uscire dal labirinto, tocca a chi rappresenta la Nazione nella sua interezza prendere in mano il filo di Arianna. Napolitano può farlo, forte anche dell’autorità di cui gode presso il suo partito di provenienza, giacché nessun serio esponente del PD, pur dissentendo da lui, potrebbe accusarlo di parzialità a favore della destra o dei suoi interessi. Qualche segno indica anzi che fra quei dirigenti (e forse da parte dello stesso Bersani) in fondo si speri che sia lui a farli uscire dal labirinto in cui persistono a errare, scaricandoli della responsabilità primaria di scelte che ripugnano al loro settarismo.

Il Paese ha bisogno di un governo e di una maggioranza che realizzino con urgenza un programma di cambi radicali, sui cui punti principali, paradossalmente, pare esservi accordo tra destra, centro e sinistra: taglio ai costi della politica, attraverso la riduzione del numero e degli emolumenti di tutti gli eletti, a livello tanto nazionale che locale, dell’abolizione delle province, di un taglio al contributi pubblici ai partiti e della trasparenza nel loro uso; dismissione di una parte del patrimonio dello Stato e degli Enti pubblici; taglio alle uscite eliminando sprechi e spese improduttive e razionalizzando il sistema di acquisti di beni e servizi; revisione dell’IMU e dell’IRAP e, in generale, abbassamento o contenimento dell’onere fiscale; facilitazione delle prime assunzioni; negoziato con l’Europa sui tempi del fiscal compact; lotta alla corruzione; nuova legge elettorale che permetta maggioranze chiare e univoche nelle due Camere, nell’alternanza tra i poli. Su altri temi esistono posizioni opposte e non possono e dunque non debbono essere oggetto di un programma di governo, ma lasciati eventualmente alle determinazioni del Parlamento. .

Il PD, a cui spetta l’iniziativa, dovrebbe aprire un dialogo con tutte le forze parlamentari per verificare con quali di esse si può raggiungere un accordo. Poi, sulla base di una possibile maggioranza, proporre un esecutivo accettabile, con un programma concordato ed efficace, anche se limitato, per poi tornare nel giro di qualche anno alle urne, con una legge elettorale che favorisca il ritorno alla normale dialettica democratica. In Germania è accaduto ogni volta che era necessario: perché da noi appare come un “inciucio”, una eresia da aborrire?

Aprendo al solo Grillo, Bersani  ha scelto una strada diversa e a nostro avviso senza sbocchi, se si conferma che la strategia del comico genovese è portare il sistema all’implosione per poi regnare sulle sue macerie. Non è  probabile che acceda al pressing di Bersani e, se per caso, temporaneamente, lo facesse, sarebbe anche peggio: ce lo immaginiamo un Governo appeso al filo dei ricatti di un Grillo che attenderebbe solo il momento migliore per abbatterlo e creare il caos? È possibile che nel PD non se ne rendano conto?

È probabile che, per ragioni interne al PD, sia lasciata a Bersani la possibilità di verificare l’impossibilità di un’intesa con Grillo, ma poi ragione e interesse nazionale devono tornare a prevalere. A questo punto, spetterà a Giorgio Napolitano prendere in mano la situazione e indicare l’unica strada percorribile, quella che permetta di proseguire sulla strada del risanamento politico, economico e morale. Siamo convinti che, se questo avvenisse, nel giro di due o tre anni si potrebbe tornare alle urne senza il rischio che vinca la demagogia capace solo di portarci allo sbaraglio.

L’appello che ci permettiamo rispettosamente di rivolgere al Capo dello Stato è che, venuto il momento, si muova con determinazione e severità nei confronti di tutti, a cominciare dal partito da cui proviene.

E un appello va anche agli opinionisti più autorevoli e ascoltati, da Ferruccio De Bortoli a Sergio Romano e agli altri, nei nostri maggiori organi d’informazione, perché contribuiscano a confortare il Presidente su questa strada.

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