La notte del 3 aprile lo Stato maggiore dell’esercito popolare coreano ha diffuso un comunicato molto chiaro nel quale avvertiva della possibilità di un attacco atomico contro gli Stati Uniti. L’atto ufficiale si è subito trasformato in notizia e ha conquistato le prime pagine della stampa estera: oltreoceano , la Casa Bianca non se lo aspettava.
È da tempo ormai che gli Stati Uniti sono presenti in Corea (del Sud). A Seoul, infatti, ci sono basi statunitensi e il primo inquilino della Casa Bianca si è sempre dichiarato alleato dei coreani, nel caso in cui dovessero subire un attacco dal Nord. Perché questa è un po’ la questione, un “ contrasto nel contrasto”. Come un gioco di scatole cinesi, ma questo è più semplice, apparentemente. La Corea del Nord con il regime comunista di Kim Jong Un si oppone alla Corea del Sud che oggi è sostenuta dagli Stati Uniti. L’isola di Guam, territorio americano, è già carica di basi missilistiche pronte all’attacco e lo stesso vale per l’Alaska.
Da questo punto di vista la Corea comunista sembra accerchiata. Perfino la Cina, che ha sostenuto le aspre sanzioni Onu contro il paese, ha voltato le spalle al governo coreano; nessun alleato, a quanto pare, il regime gioca in solitario. Eppure la Corea del Nord non è la sola ad essere stata vittima delle punizioni delle nazioni Unite: ci sono altre potenze, che, come lei, sono state redarguite: l’Iran in primo luogo. Ecco che il novero dei possibili alleati si allarga e la Corea del Nord strizza l’occhio all’ Iran di Assad. Il problema è il nucleare. Chi ce l’ha, chi lo vorrebbe e chi non lo usa (però lo possiede).
Insomma chi ce l’ha dovrebbe trattenersi dall’usarlo, questa è la filosofia di Obama; però, come insegna la storia, quando l’avversario mostra i muscoli, anche l’America deve farlo. La tensione si fa sempre più alta e lascia spazio anche all’idea che il governo di Pyongyang stia bluffando; intanto dalla Casa Bianca arrivano voci discordanti: Obama sottolinea il bisogno di non dare risposte affrettate, mentre il Segretario americano alla Difesa Chuck Hagel ha dichiarato di non voler essere “ colui che si sbagliò ” nel caso di una troppo superficiale valutazione della minaccia.
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