Tra gli italiani si registra da sempre una diffusa antipatia per il popolo francese, a causa di una insopportabile supponenza, legata ad una tradizione di grandeur, che non avrebbe alcuna ragion d’essere. Tale sentimento è intriso di uno sciovinismo nazionalista sconosciuto nel nostro Paese, che non ha ancora compiuto, dopo oltre centocinquant’anni dalla unificazione territoriale, anche quella nazionale e, spesso, coltiva tutt’ora contrapposizioni anacronistiche tra Nord e Sud. Mentre il nostro popolo si riconosce in una esasperata tifoseria nei confronti della squadra di calcio azzurra, con manifestazioni spesso persino fuori luogo, sotto il profilo statuale, a volte, si rivela più di tendenze papaline che patriottiche.

Nessuno può negare che la Francia ha il merito, con la rivoluzione del 1789, di aver inaugurato la stagione della modernità, esportata poi in tutti gli Stati dell’Europa continentale, avviando il superamento dell’assolutismo per far posto alle moderne democrazie liberali. I principi di libertà, uguaglianza e fraternità di quel moto rivoluzionario, pur con la pagina oscura del “terrore”, hanno dato luogo ad una nuova cultura del rispetto civile e del primato dello Stato, che, nel tempo, si è affermata in tutto il mondo occidentale.

L’esperienza francese ha avuto una caratteristica diversa rispetto a quella anglosassone, anche se si è mossa verso il medesimo obiettivo. Infatti quest’ultima, sotto l’influenza del grande movimento religioso della Riforma, è stata attenta a privilegiare il pluralismo, la cui massima espressione è consacrata nella Costituzione americana. La tradizione francese, che deriva dalla grande pensiero illuminista, a propria volta, è legata al concetto di laicismo, inteso come rispetto della libertà di coscienza di ciascun individuo, non in chiave antireligiosa, ma quale primato di una morale civica dello Stato.

Nel solco di tale tradizione, il Governo Hollande, attraverso il Ministro dell’Educazione Nazionale, Peillon, ha comunicato che in tutte le scuole di ogni ordine e grado della Repubblica, comprese quelle private, verrà istituito un insegnamento di “Morale laica”. Quindi, pur nel rispetto di tutte le convinzioni religiose, che sono altra cosa dal primato statale ed appartengono alla sfera privata del singolo, la scuola dovrà preparare i cittadini ad una morale pratica e civile, di carrettate laico. Tale insegnamento dovrà essere non convenzionale, rispettoso delle coscienze e del pluralismo, ma strettamente connesso ai valori ed ai principi democratici e repubblicani, fondati su un “Umanesimo moderno”.

Mentre i cugini d’oltralpe discutono sulla raffinata distinzione tra “morale laica” o “insegnamento laico della morale”, concetti che in fondo non differiscono eccessivamente tra loro, qualcosa del genere è assolutamente impensabile in Italia, dove, nel recente passato, si è cercato di condizionare persino la scienza, non soltanto i comportamenti dei singoli. La nomina di un Governo che ha tutta l’aria di essere un monocolore democristiano, non fa sperare nulla di buono per l’immediato futuro. Allo stato, soltanto pensare ad un’etica non confessionale basata su valori umanistici, appare in una comunità, ancora condizionata dal bigottismo clericale, come una sorta di intento sacrilego, che non può trovare cittadinanza nel dibattito politico.

In Francia, come per altro nella liberale Gran Bretagna, in nome del principio del rispetto di tutte le sensibilità, i rispettivi Parlamenti si stanno dedicando ad approvare leggi sul “matrimonio per tutti”, mentre il tema non ha trovato neppure un timido ingresso nelle dichiarazioni programmatiche dell’Esecutivo di larghe intese di Enrico Letta.

I liberali, il più delle volte controcorrente, si sono schierati dalla parte della modernità e del primato dello Stato, unico soggetto in grado di garantire la libertà di scelta, politica, culturale, morale e religiosa di ognuno. Pertanto, da sempre, sono convinti che tra i diritti civili, al primo posto, deve trovare ingresso quello della “Morale laica”, che ha essa stessa crocianamente un “fondamento religioso”, per la sua valenza universale ed umana.

Il PLI, riprendendo il percorso educativo, avviato e poi abbandonato, che muoveva dall’insegnamento dell’Educazione Civica, si accinge quindi a predisporre, sul modello di quello illustrato dal Ministro Peillon, un progetto di legge di iniziativa popolare per introdurre, anche nelle nostre scuole, un insegnamento di “Morale laica”.

© Rivoluzione Liberale

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4 COMMENTI

  1. caro Segretario, caro Stefano, hai scritto un pezzo non solo da incorniciare ma, sopratutto da renderlo agibile subito. I nostri candidati comunali lo usino in campagna elettorale.
    Una forte stretta di mano
    Giancarlo Colombo

  2. Pur comprendendo le ragioni che inducono Stefano De Luca a sostenere iniziative legislative simili a quelle che si stanno sperimentando in Spagna e tra poco in Francia, ho timore che si dia luogo, in Parlamento, nella scuola e nel Paese, a un dibattito ideologico e inconcludente, che ci allontanerebbe da una soluzione per la quale siamo già attrezzati sul piano legislativo, ma non ancora su quello amministrativo. Alludo alla legge 169/2008, che al primo articolo prevede “azioni di sensibilizzazione e di formazione del personale finalizzate all’acquisizione, nel primo e nel secondo ciclo d’istruzione, delle conoscenze e delle competenze relative a “Cittadinanza e Costituzione”, nell’ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale e del monte ore complessivo previsto per le stesse”. Se il governo desse attuazione a questa norma, ricuperando e rinforzando l’educazione civica, il cui nome è scomparso dalle materie scolastiche, assegnando a C&C un’ora specifica alla settimana, con voto distinto, potremmo raggiungere l’obiettivo di un supporto ragionevole ad un’educazione etico-civico-politica, valorizzando il “patirottismo costituzionale” di cui hanno parlato Habermas, Ciampi e Napolitano, senza avventurarci in una “nuova” etica laica, i cui confini epistemologici sono più difficili da precisare di quelli di C&C. Con viva cordialità. Luciano Corradini

  3. Ah, bene. Credevo di essere il solo a pensarla così (a leggere su internet le pagine di tanti “inutilmente attivissimi” che si spacciano per liberali solo perché hanno visto troppi film western). E invece, è una posizione che si situa perfettamente nel solco del Liberalismo Europeo e Italiano. Tra l’altro non solo il nostro Cavour, ma anche il nostro Lorenzo Valerio mio antenato, a lungo liberale anti-cavourriano finché non capì che solo la tattica riformatrice funzionava, si spesero entrambi nell’educazione popolare perfino degli adulti, a partire dall’insegnamento del civismo e dell’onestà. Complimenti.

  4. Condivido e sottoscrivo questo articolo di Stefano de Luca che riprende con vigore l’impegno, sempre disatteso in Italia, di diffondere l’insegnamento dell’educazione civica. È da sottolineare che tutti i tentativi di introdurre in Italia l’insegnamento dell’educazione civica sono stati fatti fallire proprio per i motivi indicati e stigmatizzati da de Luca. Aggiungo che in Italia abbiano una bella “Bibbia laica” troppo speso disattesa, nei suoi messaggi educarvi, certamente perché scritta da Uomini e Donne che ci hanno lasciato un patrimonio morale, civile e politico fatto dall’incontro e dalla sintesi fra culture diverse.

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