Da oggi, oltre alla società civile turca, in piazza ci sono anche i sindacati che hanno proclamato uno sciopero generale. La Turchia, ormai da sei giorni, è diventato un Paese ribelle. Dopo le manifestazioni di Piazza Taksim, dalla rivolta ecologista si è passati a una vera e propria protesta politica. Alla richiesta di maggiori diritti da parte della popolazione turca.
Esattamente come accadeva in Tunisia nel 2011, quando un giovane mercante di zucchero si dette fuoco per l’aumento dei prezzi che non gli permettevano di vendere il suo prodotto, una manifestazione per salvare un parco ha generato quella che oggi andrebbe descritta come una vera e propria rivoluzione.
Simbolo di laicità in Medio Oriente dall’epoca di Ataturk (Padre dei Turchi), negli anni Venti la Turchia fu l’unico paese di questa zona (a parte Israele) a rifiutare l’alfabeto arabo. Negli anni posteriori alla lotte per l’indipendenza turca, il Corano venne tradotto in turco, i tribunali della Sharia aboliti e le “6 frecce” del Kemalismo vennero sferrate sulla società che accoglieva con entusiasmo il nuovo volto del Paese. Laico e indipendente.
Dal 2002, anno delle elezioni in cui vinse Erdogan, leader del partito AKP, è tutto cambiato. Il Governo, specie negli ultimi giorni si è finalmente mostrato per quello che è, una forza politica che mira al controllo della società e che non esita a sparare sulla folla. Da secolarizzazione e laicità a repressione. Questo descrive la Turchia di oggi.
L’elezione dell’ attuale premier turco infatti, accusato dai più critici di aver introdotto elementi di islamismo nel Paese, ha rappresentato una cesura nella storia recente della Turchia. Il Partito della Giustizia e dello Sviluppo, un partito islamico definito dai più “moderato”, ha lentamente sottoposto la Turchia a cambiamenti in senso non proprio “moderno”.
Nel 2008, per esempio, è stato nuovamente permesso agli impiegati pubblici di indossare vestiti che fossero simboli religiosi (come il velo per le donne); una legge dichiarata poi incostituzionale dalla Corte. Più recentemente, invece, è stata approvata una legge che limita il consumo di alcolici nelle ore notturne.
Secondo i nemici del “Sultano”, Erdogan sarebbe malinconicamente legato ad una vecchia idea del Paese: islamista, ottomana e con un ruolo preminente nella regione mediorientale. Un ritorno al passato che la maggior parte della popolazione sembra avversare dati gli ultimi sviluppi. Forse è tempo che anche i governi che si proclamano “islamisti” capiscano che la forza più grande di una Nazione risiede nel rapporto fra politica e società civile. Salvaguardare il consenso è ben più importante che ritornare al passato, per quanto glorioso sia stato.
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