Sono, siamo, stanchi morti del bla-bla-televisivo obbligatorio. Con Grillo che parla come un capo fascista urlando ai giornalisti “Vi verremo a cercare” e aggredendo un cameramen cui ha proibito di riprenderlo su una pubblica piazza in un pubblico evento. Roba da manette e invece tutti cinguettano: che tipo Grillo! Che volete fare, è il suo modo. E’ un commediante, un teatrante, è nel suo stile. Immaginate se a dire cose di quella gravità fosse stato un altro politico qualsiasi, da Berlusconi a Bersani, da La Russa a Ingroia. Per fortuna, l’escrescenza grillina sta sgonfiandosi e presto sarà ridotta a un grumo sotto il dieci per cento, in decrescita. Si accettano scommesse. Quel che resta è bipolarismo. Quando in molti si dichiaravano stufi del bipolarismo, pronti ad accendere candele al ritorno del multipolarismo, io tentai, feci un grande sforzo per crederci e andai a verificare di persona, provandoci. Votai infatti la sfiducia a Berlusconi il 14 dicembre del 2010 perché mi avevano assicurato, Fini e Casini in particolare, che tutto era pronto, l’alternativa al bipolarismo era pronta e il “terzo polo” sarebbe presto uscito dal suo guscio per diventare un vigoro aquilotto. L’hai visto tu? Io no. Così mi resi conto che per una curiosa manipolazione mentale stava diventando un valore quello di abbattere Berlusconi senza alternativa. Un valore farlo fuori, come far fuori Gheddafi. E lì mi ribellai: Berlusconi governava con il mandato popolare, le elezioni le aveva vinte, e se si doveva fare un nuovo governo questo governo avrebbe dovuto uscire dalle urne e non dal cappello di un prestigiatore.

Il resto è cronaca recente. Il governo Monti, osannato per lo stile, fallì in economia. Lo stile è l’uomo, ma non una politica finanziaria. I conti che non erano mai stati catastrofici divennero il termometro dello spread e l’Italia entrò nel tunnel della depressione, recessione, disperazione. Da allora la questione sociale, il dolore dei nostri concittadini, il nostro stesso dolore, lo smarrimento, la depressione psichica, l’ira senza sbocco, sono diventati i protagonisti della politica. Il governo PDL-PD esiste soltanto per rispondere al piano nelle case e alla richiesta di sostegno e di energiche cure contro la disoccupazione. Tutto il resto è fuffa, trucco, materiale di scena. Il PD, che ha perso le elezioni ripetendo la catastrofe della gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto (stavolta si chiamava il nostro squadrone, una fantastica tintoria per smacchiare il giaguaro) sta in coalizione col problema del mal di pancia dei suoi elettori ai quali ha raccontato che Berlusconi non è un avversario politico da battere politicamente, ma un mostro cui bisognerebbe tagliare la testa, un malfattore, un uomo che starebbe bene in galera. Dopo aver così alimentato il suo popolo,. Oggi la dirigenza del PD si trova in grande imbarazzo perché non sa come dire alla gente delle sezioni che Berlusconi, l’odiato, maledetto, vituperato, è invece un partner. E che se non ci si facesse un governo insieme, si andrebbe a nuove elezioni. E che, stando a tutti i sondaggi nessuno escluso, il PDL vincerebbe le elezioni e manderebbe a casa il PD. Questi sono i fatti nella dura logica della divenire.

Il risultato intanto è che il terzopolismo è morto e il suo cadavere meno decente, il grillismo, emette un pessimo odore e pessime parole. Dunque, se il terzopolismo è morto bisogna far pace col fatto che il nostro mondo politico è bipolare, con alcuni grumi qua e là, Grillo e Monti (entrambi in discesa per mancanza di significato e di politica) ma la buona sostanza è che un partito di sinistra si oppone a un partito di destra. Anzi, poiché non è affatto di destra in alcun senso, né sociale né economico, il partito che si oppone alla sinistra è potenzialmente un partito che contiene tutti i semi liberali che sono in circolazione. Non è un partito liberale e forse non lo sarà mai. Noi siamo il partito liberale e portiamo nel nostro genoma la marcatura della liberà, del liberalismo, del libertarismo, del liberalismo. Siamo noi, per storia, cultura, concezione e tradizione, i tutori del fuoco che non si deve spegnere e siamo noi che dobbiamo prepararci alle scelte che verranno presto.- Che fare? Una posizione di per sé “terza”, terza per puntiglio, per snobismo, per vocazione intellettualmente aristocratica, l’abbiamo visto, non paga. Non oggi, non così. Le elezioni cui questo partito ha partecipato dicono che il bacino di votanti sfiora i centomila e sono sicuro che un buon lavoro di proselitismo, presenza nella comunicazione televisiva e sui giornali, può moltiplicare la misura dello “zoccolo duro” e portarla a cifre importanti. La gente non se ne rende sempre cono, ma la fame di libertà cresce, non diminuisce. L’esempio della gioventù turca che scende in piazza non solo per proteggere gli alberi, ma per proteggere la libertà individuale di vestirsi, camminare, amare, vestirsi come si vuole, è un formidabile esempio di come un popolo sappia ritrovare di fronte alle limitazioni e ai tagli di libertà di un regime (sia pur eletto nelle urne) la forza di ribellarsi e di costringere il governo a chiedere scusa.

La password per la Libertà ce l’abbiamo noi: si chiama Partito Liberale Italiano. Noi non dobbiamo fonderci con nessuno, non dobbiamo rinunciare alla nostra identità, ma anzi potenziarla, darle sbocco, svilupparla. E allo stesso tempo dobbiamo guardarci intorno con realismo e orgoglio per scegliere il nostro futuro, trovare gli interlocutori, cercare spazi e incanalare le nostre potenzialità in modo da influenzare e se possibile guidare il polo cui potremmo aderire, se e fintanto che ciò convenga alla crescita dei liberali in Italia, frastornati da una crisi di identità contro la quale non abbiamo potuto finora opporre una voce forte e sicura, per mancanza di corde vocali, cioè di strumenti per comunicare. Noi esistiamo solo se possiamo gridare e mostrare la nostra forza intellettuale, la nostra differenza, la nostra naturale attitudine a guidare le riforme liberali del Paese. E a questi sviluppi dobbiamo cominciare a prepararci.

© Rivoluzione Liberale

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2 COMMENTI

  1. NOI…le 3 lettere che preferisco……….dopo PLI ca va sans dire…..
    E’ sempre un piacere leggerti Paolo.

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