A un anno dai Mondiali, le manifestazioni aumentano in Brasile. Quanto è radicato questo nuovo Movimento ? Può creare danno al Paese? Da diversi anni si parla di “miracolo economico brasiliano”, ma il coro di proteste che si sentono per la strada sembra rimettere in causa questa affermazione con grande forza.
Questo sembra essere il prezzo che oggi deve pagare il successo dell’economia brasiliana. In una decina di anni si è visto il Paese arrivare ad un certo livellamento delle diseguaglianze. Ma da due anni a questa parte, la crescita è passata dal 7% annuo al 3%. E’ certamente ancora un risultato importante se confrontato alla crisi che attraversa l’Europa, ma questo implica un calo delle entrate fiscali e quindi degli arbitraggi complicati per continuare sia le azioni mirate al recupero sociale sia la costruzione delle infrastrutture sportive necessarie alla Coppa del Mondo che si terrà il prossimo anno e ai Giochi Olimpici del 2016. La seconda questione è stata giudicata prioritaria. Nel frattempo i biglietti dell’autobus hanno continuato ad aumentare in un Paese dove il salario medio è di 237 euro e dove, per esempio, la metà degli abitanti di San Paolo, circa 5 milioni di persone circa, lo prendono quotidianamente. Al sentimento di frustrazione generato dalla crisi si lega la collera per l’utilizzo del denaro pubblico utilizzato per costruire stadi piuttosto che modernizzare i trasporti. Le prime proteste sono nate a San Paolo qualche giorno fa, senza alcuna parola d’ordine politica o sindacale. Sono cresciute a poco a poco e si sono moltiplicate in tuto il Paese, in parte grazie ai social network. I manifestanti, giovani e meno giovani, protestano contro un aspetto concreto che tocca la loro quotidianità: l’aumento del prezzo dell’autobus. Qualcuno ha fatto notare che uno stadio serve 60 mila persone una volta la settimana. L’autobus è tutti i giorni per 5 milioni.
La brutalità della repressione può sorprendere in un Paese diretto dal Partito Laburista, tenuto ad essere vicino al popolo. Ricordiamo però che il Brasile è uno Stato federale. Ciascuno dei suo 27 Stati gestisce da solo il mantenimento dell’ordine e lo fa come vuole. Può dunque esserci su questo punto un rapporto di forza tra gli Stati e il potere centrale. Questo complica la messa a punto di un’azione coordinata. Non dimentichiamo che il governatore di San Paolo è l’ex avversario, nella corsa alla Presidenza della Repubblica, di Dilma Rousseff. Più generalmente, l’eredità della dittatura è sempre presente nel corpo di polizia, o meglio nei corpi di polizia. Sono poco controllati e spesso corrotti. Oggi è imprevedibile quello che può accadere. Il Movimento non è inquadrato ed è nato per un evento che non avrebbe dovuto aver seguiti particolari. Tutto dipenderà dalla risposta delle autorità locali e federali, che già hanno fatto marcia indietro per quanto riguarda l’aumento dei biglietti dell’autobus e Dilma Rousseff si è dimostrata molto conciliante con la popolazione, cosa positiva in vista di una pacificazione. Sicuramente ad un anno dai Mondiali, questo episodio non ha fatto del bene all’immagine del Brasile. E’ anche vero che la stampa internazionale viene sempre attirata dagli eventi che “fanno colpo” sull’opinione pubblica. E’ il caso oggi per quello che accade in Turchia, lo è stato per le sommosse in Gran Bretagna nel luglio 2011 e i disordini nelle banlieues parigine. Lo è stato meno per la guerriglia nelle periferie di Stoccolma avvenuta appena un mese fa, ma della quale poco si è parlato: troppo poco “pittoresca”. Sia in Inghilterra che in Francia i turisti, all’epoca dei fatti, non disertarono i Paesi. Perché questo dovrebbe avvenire in Brasile? Nell’ottica della Coppa del Mondo e delle relazioni con la Fifa, la posta in palio a livello nazionale e internazionale, che rappresenta questa competizione per il Brasile può sicuramente aiutare nel far si che i politici di ogni ordine e grado evitino la demagogia e pensino al riscatto. Potrebbero cogliere l’occasione e sedersi intorno ad un tavolo per trovare una soluzione, soprattutto per il miglioramento del trasporto pubblico, problema non indifferente in un Paese delle dimensioni del Brasile.
Il Brasile ha grandi difficoltà a mettere le sue città allo stesso livello dello sviluppo economico. Ci sono programmi per il miglioramento delle infrastrutture come la bonifica della rete fognaria, ma si continua a correre dietro ad un deficit delle infrastrutture. Un cane che si morde la coda. I manifestanti hanno la percezione di uno sviluppo del loro Paese che va a tre velocità. Le classi più miserabili stanno uscendo dalla miseria, i ricchi sono sempre più ricchi, e coloro che stanno nel mezzo hanno l’impressione di rimanere sempre allo stesso punto, immobili. Questi che stanno “nel mezzo”, la famosa classe media i cui salari non seguono l’inflazione, oggi si identifica in 40 milioni di persone. Certo l’aumento dei prezzi dei biglietti dell’autobus non giustifica da solo questa fiammata di manifestazioni. Ci sono cause più profonde. Per via proprio dei timori riposti nell’inflazione, bestia nera del Paese per decenni, il tasso di popolarità del Governo della Presidente Rousseff è caduto a picco per la prima volta da quando è salita al potere nel 2011. C’è un divorzio in atto tra il Partito Laburista della Presidente e la classe media, che credeva in un radicale cambiamento di “stile” nel Governo, ma si è ritrovato con gli stessi scandali legati alla corruzione che aveva logorato il Governo Lula, la violenza, l’inefficacia delle infrastrutture. Inoltre Dilma Rousseff non ha il carisma di Lula. Vive di rendita, ma le risorse stanno finendo.
Crisi legata alla politica, all’economia o ai Mondiali? Un po’ tutti e tre. Sicuramente le spese dovute ai due grandi progetti come la Coppa del Mondo e le Olimpiadi sono maggiori del previsto, come più difficile del previsto è lo svolgimento del compito. Mettiamoci anche la cattiva abitudine di questo Paese molto “latino”, dove le cose vengono fatte all’ultimo minuto invitando a nozze gli affari legati alla corruzione a qualsiasi livello dei lavori in corso. Forse il Brasile ha fatto il passo più lungo della gamba, ma la “fantasia” carioca probabilmente riuscirà a trovare una via d’uscita favorevole. Si dice che il Brasile sia il Paese del futuro, la sua gente si sente abbandonata dallo Stato, i giovani si sentono abbandonati. Oggi sono usciti da Facebook e sono scesi per strada. Il Brasile non deve perdere questa occasione per recuperare.
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