Venne il giorno che gli uomini decisero di non allevare più i cavalli. Troppo complicato e costoso era diventato mantenere questi animali così belli ma così imprevedibili, umorali e dotati di una propria personalità. Si decise che gli asini avrebbero potuto tranquillamente svolgere tutte le funzioni dei cavalli: erano più servizievoli, più resistenti, più docili ed anche la loro proverbiale ritrosìa poteva essere vinta blandendoli con del cibo o, in casi estremi, frustandoli a sangue.
Tuttavia il passaggio dal cavallo all’asino non fu proprio immediato ed indolore. In particolare un vecchio saggio della comunità disse ai giovani governanti che non era opportuno alterare ciò che la natura aveva creato. Se esistevano il cavallo e l’asino era di tutta evidenza che ognuno dei due fosse utile all’uomo ed alla natura stessa per le proprie peculiarità. Cancellare il cavallo sostituendolo con l’asino avrebbe significato poter decidere in futuro che lo strutto potesse cancellare l’olio, che una prostituta potesse soppiantare una moglie e persino che un assassino potesse tranquillamente diventare una guardia.
Ma i giovani governanti ridevano di quel vecchio attempato e brontolone cui sempre meno cittadini davano ascolto. Lo deridevano dicendo: “I nomi e le identità non hanno nessuna importanza, quel che conta è il risultato, il prodotto, l’utilità”. “Nomina sunt consequentia rerum!” rispondeva loro frustrato l’anziano, tentando di spiegare che l’identità era la vera essenza di ogni cosa e di ogni essere vivente nel mondo. Il giorno in cui si decise definitivamente che i cavalli dovessero essere soppressi in favore degli asini, il vecchio lasciò l’assemblea accomiatandosi così: “Io vengo battuto in questa questione e da sconfitto mi ritiro. Ma negli anni che verranno io vi dico che tutti si ricorderanno di me, ma nessuno, per vostra stessa mano, potrà distringuere nei ricordi il volto di ognuno di voi. Voi ed i vostri figli sarete destinati ad essere chiamati e ricordati a seconda del capriccio della gente e tutti potranno abusare del vostro nome, perchè non ne avrete più alcuno!”.
Così il vecchio saggio venne estromesso dalla sua comunità ed i cavalli iniziarono a morire di sopressione o di fame. Tuttavia qualche uomo coraggioso continuò, in clandestinità e sulle montagne, ad allevare qualche cavallo ma si potè dire che i bei quadrupedi, in quelle terre, furono praticamente eliminati.
Ma nel passaggio dal cavallo all’asino non si era tenuto conto che gli asini non potevano gareggiare tra loro ed il popolo era molto attratto dalle corse dei cavalli, come si sarebbe potuto ovviare a tutto questo? Il più giovane dei governanti, non se ne ricorda più il nome ne la fazione, rispose molto semplicemente che da quel momento si sarebbero fatte gare di asini e prima o poi tutti, a forza di vedere correre solo asini, si sarebbero convinti che gli asini potevano gareggiare tanto quanto i cavalli; anzi nessuno avrebbe più ricordato che esistessero i cavalli.
Passarono gli anni ed i decenni, i giovani governanti diventarono vecchi e furono sostituiti da altri giovani. Lo strutto soppiantò l’olio, le prostitute divennero mogli e gli assassini guardie. Un contadino che aveva conservato la tradizione dei cavalli decise allora, in un momento di grave bisogno economico, che il ricco premio per il vincitore dell’annuale corsa degli asini lo avrebbe aiutato parecchio. Il suo cavallo avrebbe senza dubbio stracciato tutti gli asini e vinto facilmente; il problema era come far partecipare un cavallo (che era proibito) ad una gara di soli asini. Ma il contadino non si perse d’animo; erano decenni e decenni che nessuno vedeva un cavallo, dunque avrebbe potuto spacciarlo per un asino super dotato, un asino fuori dal comune che meritava di gareggiare. Ed il contadino non si sbagliò: il suo cavallo venne ammesso alla gara e la grande folla delirante nemmeno si pose il problema, al momento dello schieramento in linea degli animali, che in pista vi fosse un cavallo insieme a tanti asini.
La gara partì ed il cavallo prese ovviamente il comando sin da subito. Era bellissimo, veloce, elegante, potente, fiero. La folla lo guardava impietrita staccare imperioso i poveri asini e molti cominciarono ad acclamarlo come il “Re degli Asini”. Ma proprio sul traguardo, il cavallo mise male la zampa e se la ruppe cadendo. Tutti gli asini lo sorpassarono e lui non finì nemmeno la gara.
Tornando verso casa, sulla montagna, il contadino inveiva contro il cavallo: “Tu sei un cavallo, avresti dovuto vincere ed invece sei inciapato come un asino!” e fu allora che il cavallo rispose al contadino: “Io non sono inciampato, sono caduto apposta! Io sono un cavallo ed anche se la vittoria è la cosa più bella del mondo, non avrei mai voluto e potuto essere il più veloce, il Re degli Asini!”
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Evviva, un nuovo splendido apologo di Enzo Lombardo. Attualissimo e: à bon entendeur, salut!