Nel Corno d’Africa, i leaders di Etiopia ed Eritrea sono considerati come due fratelli, parlano la stessa lingua e provengono da zone limitrofe, peccato che siano nemici da più di 20 anni. Zanawi (primo ministro dell’Etiopia) e Afewerki (Presidente dell’Eritrea) un tempo combattevano insieme, a capo del Fronte di Liberazione del Tigray e del Fronte di Liberazione dell’Eritrea, contro un comune nemico, il filosovietico Mengistu. La lotta di liberazione nazionale culminò nel 1991 con la conquista di Addis Abeba e Asmara, e la proclamazione di indipendenza dell’Eritrea nel 1993 (federata dal 1952 all’Etiopia per decisione delle NU,  perché aveva “lottato contro il Fascismo” con gli alleati). Ma la storia di amicizia e fratellanza finisce qui. Il 6 Maggio 1998 comincia, in seguito ad una schermaglia per la cittadina di confine di Badme, la guerra tra Eritrea ed Etiopia . Asmara considerava la zona “sua” alla luce di un accordo del 1902 firmato da inglesi (presenti all’epoca in Sudan), italiani ed etiopi, che attribuiva le città di Badme e Tsorona all’Italia e quindi all’Eritrea (colonia italiana dal 1889 al 1941). L’Etiopia, a sua volta, si riferiva al tracciato del 1896, nato da un accordo firmato ad Addis Abeba con gli italiani, considerando così la zona di Badme etiope. Questo conflitto durerà ufficialmente due anni, e farà 80000 vittime.  Il 12 Dicembre del 2000 vennero firmati gli Accordi di Algeri, i quali prevedevano che una commissione formata da arbitri internazionali mettesse fine alla questione nel giro di due anni.

I caschi blu delle NU (MINUEE) dovevano tutelare una fascia smilitarizzata all’interno dell’Eritrea. Dopo due anni esatti, la commissione arbitrale decise di dare tutta la regione (e ragione) all’Etiopia, tranne la città simbolo di Badme. L’Etiopia rifiutò il compromesso riportando il malumore in Eritrea che accusò le NU di essere troppo favorevoli all’Etiopia (nonostante la risoluzione 1640 del 2005 coinvolgesse i due paesi). La tensione nel 2008 era tale che le NU decisero di porre fine al mandato del MINUEE. Ad oggi la questione non è ancora risolta, e l’Eritrea ha progressivamente occupato la zona smilitarizzata. Se la comunità internazionale nel 2000 ad Algeri aveva preso un impegno preciso per regolare il conflitto, oggi questo impegno è venuto meno perché l’Eritrea non interessa, non ha le potenzialità dell’Etiopia ne per posizione geografica, ne per sviluppo economico visto che investe le sue povere risorse unicamente nell’organizzazione dell’esercito. In Eritrea sono state bandite molte ONG, gli stranieri non possono circolare a loro piacimento, e i missionari cattolici hanno molte difficoltà nel portare aiuto alla popolazione. I giornalisti di opposizione sono stati incarcerati o ridotti al silenzio, e gli eritrei vivono nel terrore e nella povertà più assoluta, con un unico desiderio: fuggire.

In Africa, l’Eritrea viene considerata una sorta di Corea del Nord. Con Zenawi invece è tutto “diverso”, con lui si può “trattare” e parlare. Ma il “democratico” Zanawi, anche lui al potere ininterrottamente dal 1993, nel 2005 a seguito di un buon successo delle opposizioni, nonostante elezioni leggermente truccate, attuò una pesante repressione contro i dimostranti che invadevano la capitale. La verità è che i due amici nemici hanno tutto l’interesse a non allentare la tensione. Utilizzano identici metodo repressivi,  massacri indiscriminati, il bavaglio alla stampa, il disprezzo per i più elementari diritti umani. I due paesi sono legati a doppio filo. L’Eritrea è sempre dipesa dall’Etiopia per la sua economia (in fondo sono state una federazione per 30 anni), e l’Etiopia ha bisogno dei porti di Assab e Massawa per le sue esportazioni.

Quello che un tempo era il Regno della regina di Saba e del Re Salomone oggi vive su un equilibrio precario, perché raggruppa una moltitudine di nazionalità, poverissime, che potrebbero esplodere da un momento all’altro. L’Eritrea, che ha costruito la sua identità all’ombra dell’Etiopia, pensa che questa voglia annientarla ed è convinta che  mantenendo la pressione sulla questione del confine, e sostenendo i gruppi ostili all’Etiopia come i Tribunali islamici in Somalia, la comunità internazionale si riprenda le sue responsabilità. Pensare che fino al 1952, l’Eritrea era tra i pochi paesi che avevano assorbito dai suoi colonizzatori, Italia prima e dalla Gran Bretagna poi, gli ideali di democrazia, progresso e sviluppo economico, mentre l’Etiopia era chiusa nel suo feudalismo. Chissà che un giorno questa identità, sepolta da anni di violenza, riesca ad avere la meglio e diventare un esempio per gli stati vicini.

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3 COMMENTI

    • Caro Gerkota, al contrario di quanto affermi, trovo che tutti gli articoli della signora Rastrelli siano non solo interessanti, ma anche ben scritti. Questione di gusti.

  1. Per quanto non mi occupi di giornalismo trovo anch’io l’articolo molto piacevole e ben fatto. Sulla questione della lunghezza devo dire che l’apprezzo quando un articolo ha l’obiettivo di approfondire un argomento e non di lanciare un fatto di cronaca.
    Detto questo voglio però manifestare il mio rispetto per qualsiasi opinione perché sono convinto che in uno spazio liberale la critica dev’essere sempre ben accetta.

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