Dal 9 luglio l’Egitto non è più di Morsi e neanche di Mansour. Il nuovo presidente si chiama Hazem El Beblawi, ed è un illustre economista che ha già ricoperto il ruolo di Ministro delle finanze. La sua nomina sembra aver messo a tacere anche le voci più estremiste: erano i salafiti, infatti, a fare da ago della bilancia nella scelta della squadra di questo governo di transizione.
Dopo l’annuncio ufficiale, le reazioni politiche non si sono fatte attendere. Se da un lato il nome di Beblawi ha incassato il sì del Nour, il partito islamico più importante dopo la Fratellanza Musulmana, dall’altro quest’ultima ancora non ha preso una posizione chiara ma continua ad essere accusata di ogni crimine dalla stampa egiziana.
Le parole del neo premier sono state musica per le orecchie dei Fratelli soprattutto quando ha dichiarato che assicurerà loro i ministeri di maggiore importanza. Dopotutto, i Fratelli, almeno stando agli ultimi dati elettorali, sono la prima forza del Paese e non manca chi in piazza protesta e vorrebbe far tornare al suo posto Mohmed Morsi.
L’ipotesi di ElBaradei presidente, che aveva preso piede nei giorni passati, appare smentita . All’ex capo dell’AIEA è stato riservato il posto da vice presidente con delega agli Affari Esteri. Decisione che tiene conto delle sue esperienze diplomatiche che, oggi più che mai, serviranno al Paese per mantenere buoni rapporti con il mondo intero. L’Egitto del golpe avrà bisogno di molta diplomazia per tranquillizzare gli Stati Uniti, in primis, che la loro scelta è ancora “democratica”. Chi meglio di un Nobel per la pace (2005) potrebbe occuparsi delle relazioni internazionali egiziane?
In queste ultime ore però, non si discute più di nomi e di partecipanti alla rosa di governo. Al centro del dibattito c’è il decreto costituzionale emanato dal presidente ad interim, Adly Mansour, secondo cui entro quindici giorni dovrebbe essere nominata una Commissione costituzionale con l’incarico di presentare entro due mesi degli emendamenti alla Carta fondamentale, ad oggi sospesa. Una volta sottoposti a referendum, il Paese sarà chiamato alle urne.
Secondo la principale coalizione dell’opposizione laica in Egitto, Il Fronte di Salute Nazionale,il decreto è dittatoriale e va rifiutato in ogni suo articolo. La transizione, che si tratti di nomine o di elezioni, sembra ancora molto lunga e travagliata.
© Rivoluzione Liberale
