Presso il Museo Archeologico Regionale di Aosta è in corso fino al 22 settembre la mostra Renato Guttuso: il realismo e l’attualità dell’immagine. 50 opere raccolte da collezioni private e dal MART (Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto) raccontano il percorso artistico del maestro siciliano a poco meno di un anno dal 100enario della sua nascita.
5 sezioni svelano l’evoluzione e la continua ricerca di Guttuso. Si inizia con le opere degli anni ’30 e dei primi ’40, realizzate in un momento impegnativo perché quello del trasferimento a Roma e del rifiuto da parte di un’intera generazione della retorica e dell’idealismo della pittura italiana tra le due guerre. È il momento di reagire a una pittura inquinata dal Fascismo e dai problemi che divengono finalmente coscienza civile.
Renato Guttuso non si astiene mai dal dipingere, anche quando non viene riconosciuto il suo linguaggio formale, come in occasione della XXII (1940) e XIII (1942) Biennale di Venezia a cui non partecipa. L’esposizione procede dunque per i rimanenti blocchi in progressione cronologica, fino ad arrivare agli ultimi anni verso la morte avvenuta nel 1987.
Sono presenti per la maggior parte dipinti a olio, ma anche opere grafiche, chine e acquerelli su carta. Sono dimostrate la versatilità e la capacità dell’artista attraverso nature morte, paesaggi urbani, soggetti sociali, ritratti e nudi. Nei suoi lavori il dibattito realista della fine degli anni ’40 non viene mai meno.
Le sale anonime con pavimentazioni scure del MAR, pannelli bianchi allestiti temporaneamente e illuminazione artificiale non si rivelano essere lo spazio espositivo ottimale per le opere di un maestro simile. La sua ricerca tonale decisa e senza compromessi rischia quindi di venire smorzata da un ambiente inadatto.
Il realismo dell’antifascista Renato Guttuso non è quello delle tensioni delle contrapposte culture di Sinistra e Destra: va invece identificato con il rapporto intenso e diretto con le cose. Ciò che appunto caratterizza la poetica di Guttuso è la capacità di ripensare e rendere corpo di pittura il corpo delle cose che vediamo.
Lo influenzano l’Espressionismo, il Cubismo dell’amico Picasso e l’arte popolare siciliana; egli si autodefinisce realista, nonostante non ami le categorie. Non si pente neppure in età matura del suo modo di agire, si rimprovera solo l’eccessiva veemenza giovanile con cui ha urlato il proprio credo. Per lui l’espressione pittorica deve infatti essere tassativamente spontanea e fluire dall’artista senza intercapedini.
Le sue scelte sono sempre del tutto consapevoli e operate con lo spirito analitico tipico del critico d’arte che è stato. Le energie, la parola scritta e parlata costituiscono fonte d’esercizio e autoaffermazione nel ricco ambiente contemporaneo. Guttuso rispetta e studia l’avanguardia storica tenendola a debita distanza da sé; si sente inoltre più vicino ai giovani, quando lui non lo è più e alla loro sperimentazione.
Gli unici gruppi a cui si lega sono la Corrente (1934-1944) e il Fronte Nuovo delle Arti (1946-1950), sostenuto dal Ministro dell’Educazione Nazionale Giuseppe Bottai. Gli esponenti sono prima di tutto amici e poi colleghi, quali Turcato, Birolli, Vedova, Sassu, Mafai e Pirandello.
Guttuso ricerca la verità in relazione con il pubblico, senza il quale l’arte non esiste. Il rapporto con le cose che rintraccia è da comunicare nella totale libertà artistica a cui equivale la verità. La sua scelta è chiara già dalla metà degli anni ’30, come il senso di continuità che lo lega alla storia che racconta con intensa e drammatica lucidità.
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