Con la mostra The Past is Present il MOCAD (Museum of Contemporary Art Detroit), fino al 5 gennaio prossimo, rivendica il proprio passato che si riflette su un presente non altrettanto sfavillante. Nel solco delle difficili condizioni correnti la voglia di riscatto mira alla rivalsa, quantomeno in campo culturale.
80 anni fa il noto esponente del muralismo messicano Diego Rivera (1886-1957), nonché coniuge della pittrice Frida Kahlo (1907-1954), realizzava il ciclo di 27 pannelli Detroit Industry (1932-1933). Egli lavorava su commissione del DIA (Detroit Instituteof Arts), ora sul filo del rasoio del fallimento e al centro della cronaca, e della famiglia Ford.
15 artisti internazionali sono stati invitati a ideare 15 nuovi murales per la Detroit di oggi. Il fil rouge della Storia stabilisce la continuità tra il passato, il presente e il futuro. La riflessione si avvale del filtro del passato, senza il quale non è nemmeno pensabile poter lavorare sul presente.
Ciò che accomuna gli artisti scelti, come William E. Jones, Daniel Martinez, Pedro Reyes, Martha Rosler, è una carriera e un interesse volti alla politica, al sociale e immancabilmente alla Storia. I veri fautori, quali Jon Anthony, Michael Burdick, Nick Jaskey, tuttavia sono artisti che hanno base nel territorio interessato.
Rappresentare, come aveva fatto Rivera, la città di Detroit attraverso il successo della fusione uomo-macchina significa dipingere un ritratto che non corrisponde più alla realtà. È dunque d’obbligo rivolgere il pensiero al passato, ai suoi ideali, alle sue industrie, al suo fervore culturale.
Nulla se n’è andato per non ritornare. La dottrina stoica dell’eterno ritorno dell’uguale, il serpente che si morde la coda. Evidentemente ci si spera, si agisce. Tra i finanziatori emergono The Andy Warhol Foundation For the Arts e Leveraging Investments in Creativity in collaborazione con – udite, udite – la Ford Foundation. L’eterno ritorno della Ford.
Detroit, città dimenticata, non propone certo uno scenario promettente; del resto, si tratta più di essere oggettivi che sognatori nel rappresentarla nei murales. Un occhio di riguardo al passato è a ogni modo concesso, per lo meno per far prevalere la diacronia sull’impossibile sincronia o sulla malaugurata acronia.
Gli elementi da prendere in esame sono numerosi, i motivi che ci hanno condotti alla Detroit del XXI secolo non sono di meno. La città dei tempi della Ford V-8, dei ricchi teatri gremiti, dei grandi magazzini, dei casino, degli hotel e dei ristoranti di lusso non esiste da molto, la crisi ne ha solo aggravato il degrado.
La volontà è di capire e di riscattare un luogo il cui presente rovinoso è per forza legato al proprio passato. L’esposizione è la chance per fermarsi e guardarsi indietro, proprio nel momento in cui non sembra ci sia il tempo per permetterselo, paragonando il tempo a bene soggetto alle instancabili logiche finanziarie.
