La periferia di Damasco è stata colpita Sabato scorso dall’ennesimo attentato sanguinario, nel momento stesso in cui l’emissario delle Nazioni Unite Lakhdar Barahimi cominciava i Egitto la sua tournée regionale per preparare una Conferenza di Pace internazionale, troppe volte rimandata.
Mentre 3000 civili sono intrappolati nella città di Moudamiyat al-Cham, nella periferia di Damasco, la responsabile delle operazioni umanitarie delle Nazioni Unite, Valerie Amos, ha fatto appello per un cessate il fuoco e alla creazione immediata di un corridoio umanitario per soccorrerli, unendosi a quello fatto dagli Stati Uniti poche ore prima. Migliaia di famiglie in Siria sono prigioniere nelle loro stesse città sotto assedio per i combattimenti tra soldati e ribelli. C’è un numero, mai visto prima, di bambini che muoiono per malattie legate alla malnutrizione. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha fatto sapere che due casi di sospetta poliomelite erano stati rilevati in Siria, una malattia molto contagiosa che non era più stata registrata nel Paese dal 1999. Su di un altro piano del complesso conflitto in Siria, nove sciiti libanesi sono stati liberati dopo 17 mesi di prigionia da parte dei ribelli siriani e trasferiti venerdì in Turchia per poi arrivare in Libano la sera successiva. Nelle stesse ore, due piloto turchi rapiti nel mese di Agosto a Beirut per “spingere” Ankara ad ottenere la liberazione dei nove libanesi, sono potuti tornare nel loro Paese. Nel quadro di questi “scambi”, 200 siriani avrebbero dovuto essere liberati dal Regime di Bachar al-Assad, un’esigenza dei rapitori dei libanesi per liberare i loro ostaggi, ma non si sa con certezza se siano stati effettivamente rilasciati. La violenza non conosce tregua. Gli attentati sono all’ordine del giorno. l’Agenzia ufficiale siriana Sana, ha dato la notizia di un ulteriore attentato nella città pro-Regime di Jaramana, nella periferia sud est di Damasco, che avrebbe causato il ferimento di 16 civili. L’Agenzia Sana avrebbe accusato i ribelli definendoli “terroristi”. Ma secondo l’Osservatorio siriano dei Diritti Umani (OSDH), 16 soldati e 15 ribelli islamisti sarebbero stati uccisi in questo attentato e negli scontri che ne sono seguiti, avendo i ribelli tentato di conquistare blocco stradale strategico tra Jaramana (a maggioranza cristiana e drusa) e la località ribelle vicina, Mleha. L’attentato è stato perpetrato da un kamikaze del Fronte Al-Nosra, un gruppo jihadista affiliato ad Al Qaeda, ha precisato l’OSDH, che può contare su di una vasta rete di militanti e medici. Purtroppo questo è solo uno dei tanti. Curdi, bambini, ribelli, soldati, donne incinte: il limite della dignità umana sembra essersi perso in una spirale infinita di violenza.
Nonostante tutto sembri remare contro, Nazioni Unite e Stati Uniti stanno facendo tutto il possibile in campo diplomatico in vista dell’organizzazione della Conferenza di Pace, che si spera possa tenersi a Ginevra alla fine del mese di Novembre. Domenica scorsa il Segretario Nazionale della Lega Araba ha annunciato che Ginevra 2, che dovrebbe vedere riuniti il Regime e l’opposizione siriana per trovare una soluzione ad un conflitto che ha fatto più di 150mila morti, si terrà il prossimo 23 Novembre. Nabil al-Arabi ha fatto questa dichiarazione nel corso di una Conferenza stampa al Cairo, dopo una riunione con l’emissario delle nazioni Unite per la Siria e la Lega Araba, Brahimi. “E’ stato deciso che Ginevra 2 si terrà il 23 Novembre e i preparativi per questa Conferenza sono in corso”, ha dichiarato il Capo dell’Organizzazione panaraba. Arabi ha anche precisato che i Paesi arabi e occidentali avrebbero incontrato martedì i membri dell’opposizione siriana per convincerli a partecipare a Ginevra 2. La riunione si terrà a Londra tra gli “Amici della Siria”, gruppo di Paesi che sostengono l’opposizione. Per gli Stati Uniti ci sarà Kerry. Nessuno nasconde che dovranno essere superate non poche difficoltà. Brahimi aveva finora rifiutato di comunicare la data del summit, affermando che sarebbe stata annunciata solo alla fine della sua tournée nella Regione, cominciata al Cairo, ma che deve ancora proseguire per il Qatar e la Turchia – che sostengono l’opposizione – Damasco e Teheran, noto e pesante alleato di Assad, per concludersi a Ginevra dove dovrà rendere conto dei suoi colloqui alle delegazioni russa e americana. Ricordiamo che la Russia e gli Stati Uniti sono all’origine del progetto di questa tanto importante, quanto complicata Conferenza. Mentre tra i belligeranti vige lo status quo, la comunità internazionale sta moltiplicando i suoi sforzi per riunire intorno ad un tavolo Regime e opposizione, anche se, anche all’interno delle Nazioni Unite nascono “imprevisti” che pesano: il rifiuto del delegato dell’Arabia Saudita di partecipare ad una riunione ha aperto una crepa che si spera non diventi un solco. Ormai sappiamo bene cha Ginevra 2, spostata a più riprese per via di profondi disaccordi su partecipanti e obbiettivi, è quasi un miraggio, ma il tentativo di mettere fine al conflitto in Siria con una soluzione politica non può essere abbandonato. Il primo nodo dovrà sciogliersi la settimana prossima a Istanbul, quando l’opposizione in esilio, profondamente divisa, deciderà se partecipare o meno a Ginevra 2.
E intanto, mentre in Siria si cerca una soluzione diplomatico-politica, rimane l’incognita “terrorismo islamico”. Quanto può Al-Qaeda e i suoi affiliati influire sulla stabilità della Regione? Quanto può fare la diplomazia per contribuire a riportare, se non la pace, un limite accettabile di sopravvivenza? Non possiamo non tenere conto di queste incognite. E’ di poche ore fa la notizia di un ulteriore attentato suicida in Somalia rivendicato dal gruppo degli Shebab. Il “nemico”? Le truppe etiopi e di Gibuti che fanno parte dell’Amisom (African Union Mission in Somalia). Baghdad non viene risparmiata da tempo. Il Cairo è sempre più un mina vagante. La Francia da parte sua, ha annunciato che in Mali rimarranno più di 2000 soldati. Ufficialmente per permettere la riuscita delle elezioni politiche, il cui primo turno si terrà il 24 Novembre, dopo il “successo, dal punto di vista della sicurezza, delle Presidenziali tenutesi due mesi fa. Ma il problema sono gli jihadisti, che i francesi pensavano aver sconfitto, e che invece fanno riparlare di loro. La Missione Integrata delle Nazioni Unite per la stabilizzazione del Mali (Minusma), partita ufficialmente lo scorso primo luglio, è operativa al 50%: non ha mezzi. Così, la guerra voluta dai Francesi in Mali, rimarrà ai francesi , unici capaci di fare antiterrorismo (perché è di questo che si tratta) in modo efficace.
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