Numerose amministrazioni si sono avvicendate dagli anni ’90, quando iniziò il restauro degli edifici e del parco della nomentana Villa Torlonia a Roma. Dal 7 dicembre anche il suo Teatro riapre al pubblico e in grande stile, grazie a un’opera di straordinario recupero. Il teatro, commissionato da Alessandro Raffaele Torlonia (1800-1886) all’architetto Quintiliano Raimondi nel 1841 e completato solo nel 1874, ospitò un primo e unico spettacolo pubblico nel 1905. Ora è di nuovo reso adatto alla fruizione teatrale e museale, dopo anni di totale degrado e abbandono.
Sulle pareti affrescate figuravano scritte incise senza alcun rispetto, ma per fortuna i vandali non hanno raggiunto il soffitto dalle decorazioni più pregiate e accurate. In somma parte l’apparato decorativo si deve a Constantino Brumidi (1805-1880), pittore romano naturalizzato statunitense; egli è l’autore dell’Apoteosi di George Washington, sua ultima opera, all’interno della rotonda sul soffitto della cupola del Campidoglio di Washington D.C.
I finanziamenti sono stati offerti da Roma Capitale con il contributo di Pirelli SpA (2,5 milioni di euro), sulla base del progetto promosso dalla Sovrintendenza. Lo spazio entra a far parte della rete Casa dei Teatri e della Drammaturgia Contemporanea. Si è occupata dell’intervento la società Zètema, sotto la guida degli architetti Guido Ingrao e Giancarlo Iachini. Non solo la rivalorizzazione degli affreschi è risultata impegnativa, ma anche quelle delle serre, delle macchine sceniche e dell’apertura del fondale direttamente sui giardini.
È stato condotto un restauro filologico, ossia in pieno rispetto degli ambienti originari e delle decorazioni, aggiornando gli impianti e gli apparati tecnologici, necessari alle odierne esigenze sceniche, espositive e di fruizione. A livello decorativo, strutturale, impiantistico e scenotecnico è pronto per nuovi incontri, spettacoli e laboratori promossi da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura.
È da augurarsi che il teatro recuperi tutti gli anni persi. Ogni attività è adatta per richiamare il pubblico, che non può fare altro che inchinarsi davanti a un complesso decorativo e architettonico tale. Una commistione di stili, propria dell’eclettismo culturale dell’epoca, rivela uno stile classico nel corpo centrale, rimandi nordici, come nella serra in vetro e ghisa e nel prospetto meridionale, a cui si aggiungono il carattere gotico e moresco di alcune sale e le stanze con imitazioni di pitture greche e romane. Il doppio interno/esterno determina un continuo contatto con la natura e assetti d’architettura scenografica tra l’inanellarsi delle forme e l’acqua della fontana.
Alessandro Raffaele Torlonia, Duca di Cesi, Marchese di Romavecchia e Principe di Civiltella Cesi e del Fucino, attuò diversi cambiamenti alla Villa, dopo la morte del padre Giovanni. Il discendente della nobile famiglia, arricchitasi attraverso i tessuti e i prestiti che concedeva, desiderava un luogo degno di accogliere il banchetto per le sue nozze con Teresa Colonna (1823-1875). Oltre agli spazi scenici, il progetto prevedeva degli ambienti laterali, ideati per accogliere gli ospiti durante cene e ricevimenti privati.
Rifacendosi a modelli internazionali, il Teatro offre 4 residenze creative (dall’1 febbraio al 31 maggio 2014). 4 compagnie, che fanno ricerca contemporanea, potranno, tramite bando pubblico, disporre del luogo per ospitalità, produzione e presentazione al pubblico. In questo modo il Teatro lavorerà come incubatore aziendale e si assicurerà una programmazione del tutto in esclusiva.
E pensare che proprio Pirelli SpA nel 2007 aveva vinto il bando per occuparsi della destinazione d’uso e della gestione del Teatro per ben 6 anni. I fondi non mancavano, ma la burocrazia e la politica non hanno sorriso alla faccenda: avremmo avuto un centro internazionale dedicato alla performance e alle installazioni d’arte contemporanea, con la possibile direzione di Germano Celant. Il piano di Pirelli SpA per l’Hangar Bicocca funziona invece dal 2004. Forse è davvero quella del teatro la strada dello spazio neo-rivitalizzato. Non è andata bene la prima e l’unica volta, andrà bene la seconda e la prima di tante a venire.
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