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L’esposizione d’arte Modigliani, Soutine e gli Artisti Maledetti – La Collezione Netter si trasferisce dal Palazzo Reale di Milano al Museo Fondazione Roma Palazzo Cipolla, fino al 6 aprile. Più di 120 opere presentano il gruppo di artisti che operava a Montparnasse all’inizio del ‘900, non solo Modigliani e Soutine, ma anche Utrillo, Valadon, Kisling, Krémègne, Kikoïne, Feder, Hayden, Ébiche, Antcher, Hébuterne e Fournier.

Dopo più di 70 anni, durante i quali le opere presenti non sono state esposte al pubblico, ci pensano  a rimediare la Fondazione Roma, il Comune di Milano, Palazzo Reale, la Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e del Polo Museale della Città di Roma, sotto il coordinamento di Arthemisia Group, in collaborazione con la Pinacothéque de Paris. 6 sezioni raccontano la Parigi di allora, capitale e officina creativa dell’arte, luogo in cui operavano i primi mercanti del settore.

I nostri artisti vivono nella condizione comune di miseria da bohémien, consapevoli di stare cambiando con le loro opere per sempre i canoni estetici. Jonas Netter, collezionista ebreo, come i suoi artisti prediletti, viene direzionato e consigliato dall’intelligente mercante d’arte Léopold Zboroski. A Netter, il cui occhio non era ancora educato, si deve tuttavia l’intuizione iniziale che lo ha portato a sostenere e a investire sui giovani bohémien.

Netter conobbe i nomi già menzionati, in particolare iniziando da Modigliani, che gli presenterà direttamente gli amici e colleghi Soutine e Utrillo. Si innamora di come la tensione interiore dei giovani tormentati prenda forma di opera d’arte, ma è uno dei pochi a farlo. La critica avversa e un pubblico raramente entusiasta permettono agli esponenti un relativo successo, al massimo l’autonomia economica.

Il livornese Modigliani a Parigi si lasciò affascinare e influenzare dal Primitivismo, che si ispirava alle sculture africane e polinesiane. Dal 1913, lasciata la scultura, si dedicò esclusivamente alla pittura, passando ai suoi caratteristici ritratti e nudi. Impiega la deformazione della figura, in colli lunghi e affusolati, visi lunghi e ovali. L’immagine trasfigurata, dagli occhi senza iride e pupilla, in una perfetta unità di linea e colore, rivela l’interiorità dei soggetti rappresentati. Gli occhi, “gli specchi dell’anima”, sono tali nella condizione di apparente inespressività, perché vanno a scavare la dimensione personale.

Soutine dipinse in modo istintivo nature morte e ritratti, ma soprattutto paesaggi, che gli ispiravano emozioni angosciose e vibranti scatti lirici. Secondo un processo astrattivo e al contempo di totalità unificatrice, rappresentò la realtà in modo atemporale come tragedia interiore.

Dal 1930 alla morte, mostrò raramente i suoi lavori e cercò di approfondire la ricerca esistenziale e formale con risultati anche drammatici. Spesso depresso e insoddisfatto, distrusse molte sue opere. Attraverso paesaggi dai colori violenti e spesso discordanti, raggiunse effetti analoghi a quelli degli espressionisti tedeschi, nei ritratti, invece, seppe esprimere magistralmente il disagio psicologico.

Tra lunghi ricoveri in ospedale per alcolismo e sperimentazione essenzialmente autodidatta, realizzò meravigliose vedute di Montmagny, di Montmartre e dei dintorni di Parigi. I suoi strumenti del mestiere sono la sensibilità innata e densi impasti materici caratterizzati dall’uso invasivo del bianco di zinco, il cosiddetto periodo bianco (1908-14). Dopo il 1918, una vena malinconica pervase le sue vedute cromaticamente più accese e contrastate, verso ad ogni modo il ripetersi dei suoi temi consueti.

Sono esposti assieme Elvire au col blanc (1917-18) e Fillette en robe jaune (1917), con  Portrait de Zborowskie Portrait de Soutine, entrambi del 1916. Di Soutine ci sono in mostra più di 20 olii, tra cui L’Homme au chapeau, L’Escalier rouge à Cagnes e La Folle. Di Utrilloci sono le note Place de l’église à Montmagny, Église de banlieu e Rue Muller à Montmartre. Netter, innamorato della madre di Utrillo, Suzanne Valadon, valente pittrice, comprò i lavori della stessa, ora in mostra, come Ketty nue s’étirant o Église de Neyron.

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