Continua la corsa verso le riforme, una corsa con affanno. Tornando dal Messico Enrico Letta ha trovato sul tavolo le solite gatte da pelare, bisticci e pasticci che però sembrano non intimorirlo. Lo staff del presidente del Consiglio assicura che, nonostante tutte le polemiche in corso, il premier si senta carico e ottimista, tantoché Letta ha assicurato anche a Napolitano che entro la prossima settimana – che è sempre quella che dovrebbe essere ‘decisiva’ – si chiuderà il famigerato “contratto di coalizione”.
L’aria che serpeggia all’interno della maggioranza – alquanto traballante – e all’interno delle forze partitiche è in verità un’aria di minaccia e di sfida. Renzi e Alfano continuano a scontrarsi a colpi di twitter e di interviste, e il loro breve incontro sembra essere stato una partita a ping pong in cui è rimbalzata la pallina della legge elettorale, sulla quale l’accordo è tutt’altro che vicino e si avverte il rischio reale di uno slittamento della discussione in Aula. La partita si è arenata infine sul reato di clandestinità, lo ius soli e le unioni civili.
“Staremo al governo con Ncd – dichiara Renzi – il tempo necessario per approvare lo ius soli e le unioni civili alla tedesca”, in sostanza un pugno allo stomaco ad una formazione politica che ribadisce continuamente di non voler nemmeno affrontare simili questioni. Renzi però non si arresta ed è pronto ad usare lo strumento delle riforme per far suonare l’agenda di governo. Non c’è dubbio che il suo principale obiettivo sia il Nuovo centrodestra alfaniano con il quale sembra essere in disaccordo quasi su tutto. “Non ci siamo proprio con l’idea di ridurre i senatori a 210 – continua Renzi cercando di affondare la nave Ncd – è un clamoroso passo indietro, il problema non è ridurli ma abolire il Senato come doppione della Camera, gli va tolta ogni funzione elettiva comprese le indennità”.
La solita battaglia navale, quindi, in cui lo scopo è affondare la nave del nemico privandolo di ogni ben minima scialuppa di salvataggio. Che sia la solita battaglia navale lo dimostra anche l’apertura del sindaco di Firenze a Berlusconi sulla riforma del sistema di voto: spagnolo con abolizione del Senato è l’imposizione. Un tira e molla quindi, un lascia o raddoppia, che ha il sapore di un vero e proprio ‘game’ politico.
Sul fronte interno Renzi continua, nel contempo, a vestire i panni di leader della sinistra guardando positivamente al prossimo congresso del Pse a Roma annunciando, tra l’altro, che proprio lì “assieme agli altri partiti socialisti e laburisti europei” verrà stilato il programma per gli Stati uniti d’Europa. Il segretario di Sel ha annunciato inoltre che il leader democratico parteciperà al congresso di Sinistra ecologia e libertà del 25 gennaio. Continua quindi la strategia ‘trasversale’ di Renzi pronto al tutto e per tutto pur di tagliare quelli che lui reputa essere ‘i rami secchi’, ammortizzando i tempi o, meglio, cercando di scalare la vetta, il 2015, nel più breve tempo possibile.
A proposito di legge elettorale Renzi puntualizza: “Ci tengo a tenere salda la maggioranza e a ricercare l’intesa sulla riforma, ma non riconosco potere di veto”. Alfano ribadisce però la sua convinzione: la sentenza della Consulta avrebbe cambiato verso alla sfida, depotenziando l’arma del rivale-alleato e rendendo “meno forti i ricatti politici”. In particolare, rispondendo alla “preventiva” avversità di Renzi nei confronti del sistema delle preferenze Alfano ha replicato: “Noi non accettiamo l’idea di aver di nuovo dei parlamentari nominati o paracadutati”. Il riferimento è rivolto al modello spagnolo delle liste bloccate (oggetto di discussione con il Cavaliere) e al Mattarellum dei collegi scelti per i candidati dalle segreterie dei partiti.
Le divergenze celano, senza dubbio, interessi differenti: Renzi mira a non disperdere la propria leadership e cerca di non perdere il controllo dei gruppi con le preferenze, Alfano ne avrebbe bisogno per conservare e affermare l’identità del suo nuovo Ncd, anche prevedendo eventuali coalizioni alle prossime elezioni.
Sul “metodo” la battaglia è aperta. “Sussistono prima di tutto questioni di metodo”, puntualizza infatti Renzi avanzando la necessità di trattare con i forzisti una riforma così importante: “Non si possono rifare le leggi del gioco estromettendo a priori qualcuno”, afferma il leader del Pd. “Sono favorevolissimo a coinvolgere Forza Italia” replica il leader di Ncd che con l’amaro in bocca aggiunge: “Ma non posso accettare che l’intesa sancisca la nostra fine”. In sostanza, “se si va sul sistema spagnolo salta tutto”, chiosa Alfano.
Le preferenze continuano a rappresentare il principale nodo da sciogliere e di fatto Renzi aspetta di incontrare il leader di FI e di capire le sue vere intenzioni. Le decisioni che riguardano la legge elettorale vengono così rinviate, per l’ennesima volta, alla settimana prossima – la direzione del Pd ne discuterà lunedì pomeriggio – e anche se il segretario dei democratici ha fretta potrebbe essere costretto a prendere tempo.
Dettare una strategia senza condizionamenti giustificando il suo incontro con Berlusconi “per provare a chiudere”, o chiedere al governo “una visione, non un rimpastino” sono provvedimenti che Renzi mette a punto non a caso, ma la sua volontà di superare le ideologie per affermare il suo aperto “liberalismo di sinistra” è per ora un principio sospeso, appeso (come da copione) al ‘game’ politico dei veti incrociati e dagli esiti ancora incerti. Per il governo, in particolare, alla luce degli ultimi avvenimenti (caso De Girolamo compreso) si vedrà se il ‘game’ prevede “un rimpastino”, una nuova visione o una eventuale crisi. Sullo sfondo persiste l’aura del Quirinale.
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