Giornata della Memoria
Sono passate poche ore dalla fine della “Giornata della Memoria”, un evento annuale che si ripete ciclicamente dal luglio 2002, ovvero da quando la comunità ebraica ha deciso di investire su un processo graduale di sensibilizzazione dell’opinione pubblica per evitare, non solo in Italia (anche se il nostro paese, una volta tanto, è all’avanguardia in Europa), che si dimenticasse la sofferenza di un intero popolo (quello ebraico) durante la seconda guerra mondiale. Un genocidio perpetrato con scientificità “certosina” dal Fuhrer Adolf Hitler e dal suo staff, il tutto mentre il popolo tedesco (o almeno larghe maggioranze di esso) decideva colpevolmente di girarsi dall’altra parte, rispetto a questa serie di omicidi di massa.
Ho cercato di rappresentare il senso di questa giornata e ho scelto di individuare il pensiero più bello che avessi letto su Facebook. La scelta è caduta sulla “sensibilità” espressa da Gianluca Maurizi, collega, che ha così commentato questa giornata sulla pagina personale del social network più popolare al mondo:  
“Da questa mattina cerco parole per raccontare l’indicibile. Senza trovarne. La “Shoah” è l’abisso del nulla, la vertigine del dolore, l’insensatezza dell’umanità. Per questo ogni parola finisce per suonare banale, ogni celebrazione retorica, ogni commemorazione insufficiente. Perchè il non senso è afasico. E solo qualche immagine può, sebbene sbiaditamente, riaccendere la memoria: un cappottino rosso tra le divise grigie, una mamma che stringe a sè il figlio i tra cani latranti, gli occhi increduli di un bimbo dietro il filo spinato. Eppure mai come oggi, mentre il ricordo colpevolmente scolora, quelle parole vanno trovate e portate in superficie e diffuse. Perchè lo strazio e la colpa, l’innocenza e la responsabilità ritornino valore fondante del nostro essere comunità democratica e libera, tessuto connettivo del nostro essere uomini. Giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto. E non solo il 27 gennaio”.
 
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