comunicazione politica

Il Capo dello Stato continua ad invocare la “continuità di governo” ma sembra ormai necessaria una “verifica” dell’esecutivo in carica.

Torna sul tavolo delle decisioni la questione Renzi premier fin da subito oppure un rinnovo dell’incarico a Letta. Se ne discute anche al Nazareno in direzione Pd dove sono ben distinti i due fronti: i cuperliani a favore di un nuovo incarico a Letta e un fronte trasversale che è pronto a battersi per l’ascesa a Palazzo Chigi del neosegretario.

Cuperlo è convinto di voler “restituire a una sinistra rinnovata forza e attualità nel pensiero” e “fornire a quel pensiero gli strumenti della lotta politica e del potere, nel senso più elevato che il termine ancora possiede”. Renzi non si fa trovare impreparato e, via twitter, dice la sua: “Molti pensano che per i voti bastino le alleanze tra i leader. Ma non è più così. Vanno conquistati gli elettori, non i leader”. Parole che riecheggiano anche nel centrodestra dove Casini sembra essere investito da un fulminante ritorno di fiamma.

Sul fronte del Quirinale, il presidente della Repubblica continua a sostenere l’esecutivo in carica e invoca di nuovo la stabilità. Apprezzando “la continuità e i nuovi sviluppi dell’azione di Governo sul piano nazionale e nelle relazioni internazionali”, Napolitano al rientro da Strasburgo non manca di rassicurare Letta sulla strada intrapresa negli Emirati Arabi e lo esorta ad andare avanti nonostante le difficoltà di politica interna.

Per il momento però le risposte alla crisi non sono ancora esplicite e il Paese continua a soffrire sul fronte occupazionale e imprenditoriale, tantoché nuovi marchi che rappresentano l’eccellenza made in Italy continuano ad essere ceduti agli stranieri.

Una scelta chiara a proposito di governo non è rinviabile, non si può attendere la fine del dibattito sulla legge elettorale – che per ora torna alla Camera l’11 febbraio – perché vorrebbe dire aspettare troppo. Occorre far sì che la crisi non attecchisca fino in fondo, e per far questo occorre ripensare le strategie sulla crisi.

Si intensifica il pressing su Matteo Renzi ma il sindaco di Firenze sembra non sentirsi pronto per Palazzo Chigi, o comunque il suo obiettivo è arrivarci per legittimazione popolare. “Vada avanti Enrico” ribadisce.

La minoranza del Pd guidata da Gianni Cuperlo non cambia idea e la sua ricetta per far sì che l’esecutivo acquisti un nuovo slancio è un “Letta-bis”, che dia un segnale di “discontinuità” nei contenuti programmatici e “recuperi prestigio e autorevolezza anche attraverso una compagine ministeriale rinnovata”.

A Largo del Nazareno intanto si discute anche di riforme istituzionali. Sono stati rimandati alla riunione di direzione della prossima settimana le tematiche relative all’Unione europea e all’ingresso del Pd nel Pse mentre il famigerato Jobs act è lì che aspetta insieme a Impegno 2014. I prossimi quindici giorni sono decisivi per il Governo e quindi anche per il Patto di coalizione.

A Strasburgo Napolitano ha ribadito che “i governi Monti e Letta” non sono stati “inventati per capriccio del presidente della Repubblica”, bensì il “rischio era che l’Italia rimanesse senza governo” e tra l’altro, ha sottolineato il Capo dello Stato, “ho fatto le consultazioni dalle quali non è uscita indicazione diversa da quella che ho assunto”.

In definitiva la governabilità e il governo si confermano i principali problemi che il nostro Paese deve risolvere, affiancati da una democrazia viziata di populismo e di leaderismo, la quale regala continuamente spazio (parlamentare ed extraparlamentare) a coloro che si servono dell’attività politica per conquistare sempre nuove sacche di popolarità. Dopo la corruzione il nostro Paese paga i vizi di una comunicazione esuberante e mal gestita. Ciò che viene ritenuto importante è il mezzo non il messaggio che si intende comunicare. Quindi si procede a colpi di tweet, o con le percosse in Parlamento dato che attirano l’attenzione dei media. Prevale un uso strumentale dei vari mezzi  mentre i messaggi sono, inevitabilmente, sempre più devianti e le azioni non deliberanti e illiberali. I vizi di una comunicazione a dir poco euforica – la stessa ‘euforia” che ha prodotto partiti leaderistici e mediatici scarsamente ancorati ad un dignitoso passato valoriale – celano i vizi della nostra democrazia che si ciba di talk e di tweet e si illude di saziarsi in questo modo. Si tratta di una democrazia che non ama il dialogo (parlamentare) ma preferisce la sovraesposizione mediatica. Una democrazia che si rivela scarsamente deliberativa in quanto scarsamente liberale.

La messa in ordine delle questioni è come se la facessero i grillini che manganellizzano il lessico politico con l’intenzione di distruggere la sintassi istituzionale.

L’ondata di anti-politica non si affronta però con le paternali –  che finiscono solamente per incoraggiare l’espressività eccessiva dei grillini e del loro leader, nel contempo estremista e moderatore, che accende e spegne le sue truppe in continuazione – bensì con la moderazione e il buon senso, e soprattutto con la razionalità.

La classe politica dovrebbe servirsi meno generosamente dei talk e dei tweet per recuperare la giusta distanza che permette alla democrazia di lavorare, di essere più riflessiva e soprattutto di decidere. Non sempre il continuo parlare è sinonimo di ‘vicinanza’ nei confronti dei cittadini. L’euforia della comunicazione finisce, molto spesso, per offuscare gli obiettivi che la classe politica dovrebbe porsi, confondendo il mezzo con il messaggio. Ciò non vuol dire non comunicare o non informare bensì restituire ai luoghi del dibattito democratico la loro funzionalità ‘liberale’ che non è la funzionalità televisiva.

La logica dell’esser-ci comunque e a tutti i costi, in un talk o con un tweet, sta consumando le logiche del dialogo anche in politica e, al pari di altri soggetti nella società contemporanea, anche la classe politica sta smarrendo le capacità di confrontarsi e di dibattere dal vivo.

L’eccessiva mediatizzazione è uno dei mali della contemporaneità che, procedendo di questo passo, finirà per distruggere anche la democrazia e la libertà degli individui, laddove il popolo degli individui non è più sovrano bensì un mero insieme di soggetti che rappresentano un unico e monolitico bersaglio comunicativo. Ciò che viene ripetuto, ‘dare il potere al popolo’, il popolo elettorale prima di tutto, è in verità puro populismo misto a demagogia. Il popolo è un insieme indistinto e massificato (massificato anche dai mass-media) ed è cosa ben diversa dalla società degli individui in cui c’è spazio per le differenze.

 © Rivoluzione Liberale

 

456