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Matteo Renzi è convinto di essere ad un passo dall’accordo finale ma l’intesa sulle riforme è tutt’altro che definita. I grillini aprono al dialogo ma puntualizzano che il loro primo obiettivo è la legge elettorale. Beppe Grillo inoltre torna all’attacco dal suo blog definendo “una porcata” la riforma del Senato, “un Senato di nominati, sindaci e consiglieri regionali a cui, solo come contentino al popolo, si toglie l’immunità per rendere più passabile la porcata”, per l’appunto. “Noi abbiamo rigettato in toto la sconcia proposta”, sottolinea Grillo, “con il semplice emendamento 6.5 ‘sopprime l’articolo’”.

La paura che possa cristallizzarsi un’intesa Pd-M5S a proposito del nuovo sistema di voto obbliga inoltre il partito dell’ex Cavaliere a più miti consigli, anche se in vista dell’incontro con i pentastellati il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, ha ribadito che nel caso della legge elettorale i nuovi contributi saranno ben accetti se saranno contributivi e non sostitutivi”. In sostanza i grillini potrebbero chiedere modifiche anche sostanziali all’impianto dell’Italicum ma non la sua cancellazione.

Nel frattempo il testo per la riforma del Senato è stato messo a punto nelle stanze del Palazzo: 100 senatori (95 eletti dai consigli regionali in rappresentanza di Regioni e Comuni, 5 nominati dal presidente della Repubblica) che non diano la fiducia al governo, la quale invece è prerogativa della Camera; immunità dei senatori – ampiamente contestata – che copre gli inquilini di Palazzo Madama da arresto, intercettazioni, perquisizioni. Il Senato svolgerebbe in prima battuta una funzione di raccordo tra lo Stato e le Regioni, le Città metropolitane e i Comuni. È questo l’impianto complessivo della riforma del Senato che dovrebbe essere inoltre rinnovato man mano che si rinnovano le assemblee territoriali.

Berlusconi, in sostanza, vorrebbe ufficializzare il proprio ruolo di sponda istituzionale della maggioranza, ma Grillo è sempre dietro l’angolo. “Nessuno ha la verità in tasca ma il dialogo è aperto”, ha ammonito Renzi fin dall’inizio, mentre Maria Elena Boschi auspicava un incontro con i grillini “proficuo e sereno” in cui poter parlare “del merito delle riforme”, perché di certo “non si può ricominciare da capo e ritardare il processo”, bensì occorre “andare avanti con determinazione”.

Riguardo all’asse con Forza Italia, inoltre, il ministro delle Riforme fronteggia l’accusa dei grillini al Pd di trattare con un “pregiudicato” ribadendo l’importanza di discutere con “un partito che rappresenta milioni di cittadini e che siede in Parlamento”.

La promessa che Forza Italia non tradirà il patto sulle riforme arriva direttamente da Silvio Berlusconi. Andare avanti è una strada obbligata e la proposta azzurra sul presidenzialismo  – giudicata “intempestiva” da Matteo Renzi – non sarebbe un tentativo per complicare il raggiungimento dell’intesa attorno alla riforma del Senato. Da settembre gli azzurri sono comunque pronti a raccogliere  le firme su una proposta di legge di iniziativa popolare per il presidenzialismo, e si batteranno affinché il Parlamento approvi almeno un ddl costituzionale per istituire un referendum sul tema. “Aboliamo del tutto il Senato e approviamo il presidenzialismo”, dichiara provocatoriamente Maurizio Gasparri reclamando “più democrazia e meno burocrazia”.

Da parte dei forzisti non mancano i toni alti e duri contro il Capo dello Stato: “Abbiamo un presidente che è oggi passato al di là delle funzioni previste dalla Costituzione” e non è più tollerabile che lo si scelga “senza legittimazione popolare” nelle segrete stanze del Palazzo, “dopo discussioni, contrasti e compromessi”.

 Il leader di Forza Italia recupera a sua volta parte della scena rispolverando un tema, il presidenzialismo, che rappresenta un tema identitario per il suo partito diviso e ferito dalla sconfitta alle Europee. L’obiettivo è impugnare la bandiera tradizionale del centrodestra, mirando a riallacciare i fili con gli altri partiti della coalizione che si presentò alle elezioni circa un anno fa. Il presidenzialismo non rappresenta comunque un aut aut contro le altre riforme istituzionali, e i forzisti assicurano che non ostacoleranno l’operato dell’attuale squadra dell’esecutivo anche perché isolarsi, accollandosi le colpe del fallimento di un cammino di rigenerazione per il Paese, è l’ultima cosa che l’ex Cavaliere può permettersi.

Sull’immunità, infine, gli azzurri assicurano di non porre problemi, deciderà il governo. “In questo momento Renzi ha il vento in poppa. Qualunque cosa faccia viene giudicata positivamente, attaccarlo adesso su temi popolari sarebbe controproducente”, spiega Berlusconi ai suoi interlocutori aggiungendo però che nel breve periodo le cose sono destinate a cambiare: “La crisi non è affatto finita, la ripresa non c’è”, i provvedimenti messi in campo dal governo “sono assolutamente insufficienti per invertire il trend”. Secondo l’ex premier, impegnato nel contempo  nell’operazione quasi impossibile di ridefinizione della leadership del suo partito, ben presto anche Matteo Renzi “perderà il tocco magico, e noi dovremo essere pronti per quel momento”, sottolinea Berlusconi.

In definitiva il “rush finale” auspicato da Renzi a proposito di riforme (Senato in testa) è tutt’altro che vicino, e in questo frangente è necessario sondare la reale disponibilità del partito di Grillo ad uscire dal limbo del “no” pregiudiziale per poter sbloccare la situazione. È necessario inoltre fronteggiare i ‘ribelli’ del Pd che per bocca di Vannino Chiti annunciano che “l’immunità va abolita” e che sarà presentato un apposito emendamento a riguardo. Roberto Calderoli della Lega – relatore degli emendamenti assieme ad Anna Finocchiaro  – reintervenendo sul dibattito puntualizza che “verrà riproposto l’emendamento scritto e già sottoposto alla valutazione del governo”. Nello specifico la proposta iniziale di Finocchiaro e Calderoli stabiliva che fosse una sezione speciale della Corte Costituzionale a dover decidere.

Rispondendo alle sollecitazioni di Grillo – “Riforme costituzionali e legge elettorale, ci stai o no?” – Renzi affronta i grillini a quattr’occhi rilanciando il suo monito ‘riforme ad ogni costo’, che presuppone comunque un prezzo altissimo: la cancellazione di fondamentali strumenti di garanzia. Il rischio è che tutto ciò potrebbe tradursi in una forte perdita del livello di democraticità e di libertà a danno dell’intero sistema, in cui la sovranità dei cittadini risulta fortemente depotenziata.

 

 

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