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“L’Europa è dei cittadini, non dei banchieri”. Così ha risposto Renzi al Presidente della Bundesbank Wiedmann, che aveva accusato alcuni Paesi, tra cui l’Italia, di limitarsi ad annunciare le riforme senza farle, oltre ad esprimere il timore che i bassi tassi d’interesse imposti dalla BCE potrebbero essere utilizzati per finanziare altre spese. Dopo l’invito del giovane Presidente del Consiglio italiano alla Banca centrale tedesca di tenersi fuori dalla politica, che non rientra tra le sue competenze, la Signora Merkel si è vista costretta a precisare che la Bundesbank parlava quale istituto che agisce in modo indipendente, prendendo di fatto le distanze dalle imprudenti dichiarazioni del suo Presidente. In effetti la Cancelliera tedesca nel giro di ventiquattro ore è stata costretta a tentare di neutralizzare, oltre alle parole del suo banchiere centrale, la posizione politicamente molto più rigida, e percepita come significativamente sgradevole da parte di Italia e Francia, del bavarese capogruppo del PPE Manfred Weber durante la sessione plenaria del  Parlamento di Strasburgo.

Nell’UE, a parte qualche sforzo semantico per far apparire tali contrasti meno sgradevoli, il problema della difficoltà di convivenza, in un rapporto di continuo confronto, tre la linea della stabilità e quella della flessibilitàè apparso in tutta evidenza, quando Renzi ha invitato Junker a farsi carico delle responsabilità assunte nel momento in cui, attorno al suo nome, i Capi di Stato e di Governo avevano raggiunto un’intesa, che nelle linee programmatiche, per le quali si era molto speso il Governo italiano, prevedeva la individuazione di specifici strumenti di flessibilità.

Sarà quello di Renzi come il ruggito del topo che non spaventa nessuno, o riuscirà ad essere il grimaldello che costringerà la Germania ad un cambiamento radicale della propria politica europea?

L’arrembante toscano sa di poter contare sull’appoggio di Hollande, che, per quanto indebolito dai risultati elettorali negativi, rappresenta un Paese che, grazie ad un patto mai violato, ha guidato, insieme alla Germania, le politica dell’UE. Bisogna riconoscere a Mario Draghi di aver fatto moltissimo, adottando una linea espansiva di politica monetaria ed utilizzando all’uopo tutti i suoi poteri. Tuttavia per cambiare passo solo questo non basta. Oggi s’impone uno scatto di volontà del Consiglio e della Commissione per la ripresa di quello spirito costruttivo, che, ormai da alcuni anni, si è spento, dopo il fallimento della Costituzione Europea, approvata a Roma con grande enfasi ed arenatasi in seguito al voto contrario di alcuni Stati membri.

E’ necessario un nuovo ardore costituente, anche con ambizioni più limitate, per fissare alcuni punti fermi di un’Unione, la quale ha bisogno di essere rilanciata su materie politiche concrete, che non siano soltanto la stabilità di bilancio od il fiscal compact, percepiti come elementi di coercizione nei confronti delle economie più deboli.

S’impone un passo decisivo verso la politica estera comune, assegnando subito poteri più ampi all’Alto Commissario per la politica estera, che comprenda anche nuove regole per il controllo delle frontiere esterne dell’Unione ed una comune politica verso l’immigrazione. Immediatamente dopo è necessario un atto di indirizzo per avviare, oltre alla convergenza economica e finanziaria, anche quella fiscale, senza la quale l’Unione non potrà mai fare un passo decisivo verso l’obiettivo dell’Europa federale.

Il nuovo orizzonte dovrà inoltre tenere conto della necessità di un rapido processo di unificazione della Difesa del Continente, pervenendo alla decisione di realizzare un’unico esercito più moderno, dotato dell’efficienza idonea a restituire all’Europa la dignità internazionale che le compete ed, insieme, possa realizzare le altrettanto necessarie economie di scala.

Infine, sul terreno della sicurezza interna, i diversi sistemi di polizia e di esercizio dell’azione penale vanno meglio integrati, anche in modo da assicurare ai cittadini europei eguali garanzie e realizzare una migliore collaborazione nell’ambito di un territorio nel quale, mentre i cittadini possono circolare liberamente, sovente le regole divergono tra le varie nazioni.

Il Parlamento appena eletto, il Consiglio e la nuova Commissione si dovranno mettere subito al lavoro per avviare tale nuova fase costituente. Il compito dell’Italia nel semestre di presidenza appena avviato, per evitare la frustrante condanna alla gestione dell’ordinario, deve essere rivolto verso il raggiungimento di siffatti obiettivi e vanno messe in campo tutte le energie necessarie  a compiere i primi concreti passi avanti.

Il topo, oltre a ruggire, sarà capace di addentare il formaggio? 

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