Chi vi scrive è un convinto sostenitore di un’autentica Rivoluzione Liberale. Dio solo sa quanto l’Italia ne abbia bisogno. L’utopia di Einaudi consisteva proprio nel concepire una società dove tutti gli uomini potessero avere le stesse condizioni di partenza, in modo tale che la differenza avrebbe potuto farla esclusivamente il merito. Un sogno che in genere si ritiene irrealizzabile! Eppure studi storici anche recenti stanno dimostrando che, alcuni millenni fa, le società matriarcali poggiavano su di un’effettiva uguaglianza anche tra generi (nonostante la centralità della donna-madre) e vigeva un sistema culturale, sociale e politico che aveva come obiettivo principale quello della pace e dello scambio economico tra macro-regioni. L’uguaglianza poi era garantita anche da un sistema decisionale che riusciva, alla fine, ad assicurare l’unanimità delle decisioni politiche sia di villaggio che di “rappresentanze” più vaste. Se ne deduce quindi che, il “sogno di Einaudi”, a differenza delle teorie utopistiche (mai applicate) e di tipo ideologico scientifico (risultate inapplicabili) è stato storicamente già realizzato in passato. Come mai ci riesce così difficile credere che una società del genere sia esistita? Probabilmente perché qualcosa ha interrotto il corso pacifico della storia a favore di una concezione più bellicista alla quale ci siamo ormai assuefatti. Ma che cosa può essere successo? Alcuni attribuiscono questa trasformazione alla scoperta della paternità (che fino a quel momento, nelle società matriarcali, non era tenuta in nessun conto) sconvolgendo così l’ordine sociale esistente, in quanto pose al centro l’opposta figura dell’uomo-padre. Il Matriarcato, infatti, si poggiava sulla concezione che la donna concepisse i figli per partenogenesi non avendo intuito il ruolo fecondativo del seme maschile nell’atto sessuale. I figli del Clan di appartenenza non avevano quindi nessun padre certo ed erano considerati genericamente prole di questo gruppo allargato. Dopo questa scoperta nacque l’esigenza, da parte dei padri, di fornire un asse ereditario in favore dei propri figli e, questa loro preoccupazione, favorì sia, a livello familiare, la recinzione del proprio “orticello” sia, a livello macro, la difesa dei propri confini “nazionali”. Lentamente la concezione patriarcale subentrò a quella matriarcale in tutti gli aspetti della vita, compreso quello religioso. Prova ne sono alcuni Comandamenti Biblici che considerano la donna come una mera proprietà dell’uomo. Questo non potè che favorire, nel corso del tempo una sempre più accentuata discriminazione sessuale anche del tutto ingrata se si pensa che, a “parti rovesciate”, all’uomo toccò una sorte sicuramente migliore. Che cosa possiamo fare oggi? Le donne sono state caparbie, nonostante le difficoltà, a ritagliarsi ruoli sempre più importanti. L’ “occupazione” di tali posti apicali nel tempo non potrà che favorire il ritorno ad un “neomatriarcato” che sarà interessante mettere alla prova. Ad oggi il problema dei problemi è la gestione del tempo libero! Fino a quando vedremo scorrazzare stormi di uomini in mountaibike che, partendo alla mattina faranno ritorno a casa solo alla sera, il problema culturale delle differenze di genere rimarrà irrisolto anche se a governare il mondo fosse esclusivamente il “gentil sesso”. E allora “cambiamo verso”, da uomini assumiamoci le nostre responsabilità e ridiamo centralità alla donna-madre. Forse diventeremo meno sportivi, ma se questo cambiamento dovesse comportare una nuova comunanza di vita che riscopra l’uguaglianza, la pace, un migliore utilizzo delle risorse della “madre terra” e, perché no, un nuovo e forse più naturale atteggimento sessuale (rispetto a quello complessato di oggi), penso che, alla fine, potrà convenire anche a noi maschietti!
