Settimana senza dati occidentali degni di nota quella appena trascorsa, che infatti ha visto dei movimenti contenuti sulle valute fino a quando, nella giornata di mercoledì, non è stata diffusa la notizia di nuove elezioni anticipate in Grecia. Tale news ha fatto tremare le borse europee, innescando volatilità per tutto il resto della settimana. L’indice ellenico ha infatti fatto segnare dei notevoli tonfi, andando a perdere, nella settimana, oltre il 20%. A ruota gli altri indici continentali, che hanno ceduto gran parte dei progressi realizzati nelle ultime settimane. Sul fronte dati nulla di importante era in programma, quindi questi tonfi sono da attribuire anche alle varie dichiarazioni dei vari banchieri BCE, ancora delusi dal nulla di fatto scaturito dall’ultimo incontro. La finanza vuole soldi, ed ha nello spread dei vari paesi il ricatto continuo per mettere sotto scacco le autorità monetarie. Sempre nella giornata di mercoledì la BCE ha pubblicato la richiesta di fondi da parte delle banche per l’LTRO, il piano varato il mese scorso da Draghi, che prevede soldi a tasso zero alle banche che finanziano direttamente le imprese, con penalizzazioni molto forti qualora tali risorse non siano destinate al finanziamento diretto dell’economia. Beh i risultati sono stati eloquenti e sotto le attese, a significare questo che le banche vogliono si il denaro facile, ma non per dare slancio all’economia, bensì ai loro bilanci. Anche di questo bisogna tener conto per analizzare i risultati negativi della settimana, ossia del fatto che la BCE non è intenzionata a fare da salva banche, ma da ancora per l’economia, ed il comportamento delle istituzioni finanziarie certo non aiuta a prendere decisioni ancora più invasive.
Sul fronte USA la settimana ha visto prese di beneficio un po’ su tutti gli indici. Non desta però preoccupazione il calo settimanale, anche se di riguardo, poiché avviene dopo qualche mese di crescita repentina. Anzi potrebbe essere salutare una pausa, in modo tale da dar modo, a chi volesse comprare asset rischiosi, di creare una possibile “finestra di entrata”.
Dall’altra parte del mondo il calo del prezzo del petrolio, sceso ben al di sotto dei 60$ al barile, ha generato una forte flessione su tutte le commodity currency, dollaro australiano in primis. Anche la pausa del gigante cinese, confermata dal calo dell’indice dei prezzi alla produzione, rivisto sotto le attese, certo non aiuta tali valute.
Nota positiva viene dall’estremo oriente, dove il premier Shinzo Abe viene riconfermato primo ministro con una maggioranza ancora più schiacciante, cosa questa che dovrebbe far continuare il Giappone nell’applicazione della famosa Abenomics, ossia un’economia sostenuta da forti interventi di iniezione monetaria della BOJ, per contrastare la deflazione, che dovrebbero portare liquidità aggiuntiva in tutti gli asset mondiali, borse europee comprese. Insomma non tutte le autorità monetarie, per fortuna, soffrono di attese.
