Sono tornati in questi giorni alla ribalta delle cronache i regimi della Corea del Nord e di Cuba, unici sopravvissuti cascami della storia dichiaratamente comunisti, dopo la fine dei regimi europei del blocco sovietico e la sostanziale conversione al turbo capitalismo della Cina, anche se quest’ultima ha mantenuto un ferreo controllo del potere da parte del Partito, come ha confermato la recente, dura repressione della rivolta giovanile in nome della democrazia ad Hong Kong.
Il Governo di Pyongyang, anche se ha cercato di negarlo, si è rivelato responsabile di un attacco cibernetico alla Sony, colpevole di aver prodotto un film satirico nei confronti del regime. Invece dell’isola caraibica si è parlato per lo storico annuncio, dato contemporaneamente da Obama e Raul Castro, della ripresa delle relazioni diplomatiche tra i due rispettivi Paesi.
La reazione spropositata coreana rappresenta una conferma della brutalità dei metodi di un regime che ha finito col trasformare in evento mediatico di rilievo mondiale un’opera cinematografica, (dalla Sony, forse erroneamente, tolta dalla distribuzione) che probabilmente avrebbe avuto un impatto modestissimo. Ove fosse stato necessario, l’evento ha confermato la dittatura di Kim Jong-Un come la più ottusa forma di stalinismo tuttora esistente, dimostrando di meritare la definizione di “Stato canaglia”, che ne aveva dato George Busch, accomunandola all’Iraq di Saddam Hussein ed all’Iran degli Ayatollah. Il Presidente Obama non poteva ignorare l’accaduto e non potrà non reagire in modo energico, pur con la prudenza che impone la consapevolezza che la Corea del Nord è una potenza nucleare, governata da uno psicopatico pericolosissimo. Questi, di recente, non ha esitato, per sottrarre ad ogni rischio il suo potere personale, a macchiare il suo regime del sangue di una faida familiare, attraverso l’eliminazione fisica di uno zio, suo supposto rivale dinastico.
Tuttavia tale sgradevole vicenda non ha offuscato quello che si può senz’altro definire il maggiore successo della politica estera del Presidente americano, il quale, riallacciando le relazioni diplomatiche con Cuba, ha chiuso una lunghissima guerra fredda alle porte di casa, durata oltre cinquantaquattro anni. Dopo il segnale premonitore, un anno fa, della stretta di mano tra i due Capi di Stato ai funerali di Nelson Mandela ed una lunga e complessa trattativa diplomatica segreta, l’annuncio dei giorni scorsi rappresenta il primo, significativo passo verso una rapida normalizzazione dei rapporti, che imporrà la fine di un lungo periodo di sanzioni economiche e aprirà nuove prospettive nei rapporti tra Stati Uniti e Cuba.
Sono già pronte compagnie aeree, alberghiere e commerciali, che inonderanno l’isola caraibica di turisti americani, di esuli cubani rifugiati a Miami, insieme a prodotti “made in USA” di tutti i tipi. Inevitabilmente l’apertura avrà importanti conseguenze politiche ed affretterà il declino e la trasformazione del regime comunista castrista.
Rispetto alla rigida tristezza del sistema militare di stampo medievale della Corea del Nord, chiuso ad ogni apertura verso il resto del mondo, definito decadente e corrotto, la storia della rivoluzione cubana è improntata ad una vena romantica, incentrata sulle figure eroiche del Che e di Fidel. Il mondo chiuso della rigida popolazione coreana è l’esatto opposto di quello allegro e musicale cubano. In entrambi i regimi imperversano le gerarchie militari, lo spionaggio di Stato e la miseria, ma tutto questo non è riuscito a cancellare il sorriso e l’allegria della popolazione caraibica, la passione per il ritmo ed il ballo, la generosità delle ragazze, la passione per tutto ciò che ha il sapore dell’Occidente. Persino il dollaro del nemico americano, è moneta corrente per i generi di lusso, insieme a quella locale, riservata alla massa più povera della popolazione, stremata dal fallimentare statalismo comunista. Le recenti, pur modeste aperture all’economia di mercato, soprattutto nel campo del turismo, lentamente sviluppatosi negli ultimi anni, sono destinate, dopo la svolta, ad un futuro molto prospero per le attrattive naturali e la simpatia di un popolo istintivamente cordiale ed allegro.
L’auspicio è che un progressivo, rapido superamento del regime comunista finisca con l’eliminare l’insopportabile controllo dei militari, il vergognoso potere dei funzionari, fondato sul ricatto e la delazione, la disumana condizione carceraria. Da parte americana bisogna confidare che il primo atto sia quello, già a suo tempo promesso da Obama, di chiudere il penitenziario di Guantanamo, con tutto quello che in termini di polemica ha comportato e che si eviti di cedere alla tentazione di trasformare di nuovo Cuba, come ai tempi di Batista, nel bordello degli USA.
La definitiva chiusura della ferita cubana, che portò nei primi anni sessanta, dopo il fallito sbarco alla Baia de Porci, fino alle soglie della terza guerra mondiale, potrebbe rappresentare una importante svolta anche nel complessivo assetto geopolitico dell’intera area ispanica del Centro e Sud America. Dopo la morte di Chavez, al cui posto è arrivato l’inadeguato Maduro, si sono ridotti in maniera sostanziale gli aiuti venezuelani al regime cubano e va tramontando l’influenza neo comunista sui Governi dei Paesi circostanti. Con la furbizia tipica della Chiesa, il Papa argentino, che ha grande interesse a consolidare e rafforzare la presenza cattolica nel Nuovo Continente, si è fatto attivamente promotore del disgelo, mettendosi al centro di un processo, che potrebbe cambiare gli equilibri mondiali e che l’Occidente, con altrettanto acume prospettico, dovrebbe riuscire ad orientare a proprio favore, dopo anni in cui il mondo latino americano è stato dominato da dittatori di destra e di sinistra, che hanno indebolito i tradizionali legami con l’Europa e gli USA.
