QE

Il  mese in corso ha visto fino ad ora degli stravolgimenti nelle politiche delle banche centrali, alcuni previsti, altri meno.

La chiusura del precedente anno è stata come una pausa foriera delle tante novità concentrate tutte nella “ripresa dei lavori” delle varie istituzioni monetarie. Abbiamo assistito in effetti ad una chiusura del 2014 molto calma sui mercati, sia valutari che borsistici, anzi la borsa di New York mostrava segni di debolezza, generati forse dal venire a mancare degli stimoli monetari fino a quel momento messi nel sistema attraverso l’acquisto di debito pubblico a stelle e strisce. Di tali stimoli ormai le economie, e la finanza, ne hanno fortemente bisogno, e se vengono a mancare da una parte vanno messi da un’altra.

E’ questa la genesi che ha portato al tanto atteso varo del QE europeo, proclamato da Mario Draghi nella audizione del primo pomeriggio di giovedì della BCE, la necessità di stimolare le economie tramite manovre di finanza straordinaria, protese all’acquisto diretto di debito dei paesi in difficoltà per poter trasmettere agli stessi benefici finanziari, nella speranza che questi diano impulso alle economie. Negli altri paesi dove tali manovre sono state effettuate hanno avuto un buon effetto, dimostrato dai dati positivi che ormai giungono settimanalmente sopra le attese da parte dell’economia americana; anche oltre la manica tali misure producono benefici, visto che la BOE(bank of England) è protesa a fermare l’eccesso di capitali in entrata presso il paese della sterlina. Il giappone pure trae beneficio dalla cura da cavallo data dalla Abenomics, ossia l’aumento a dismisura della massa monetaria per contrastare il pericolo della deflazione. Resta solo quindi essere ottimisti ed attendere l’inizio degli acquisti della BCE, che avverrà a marzo per 60 miliardi di euro mensili e continuerà fino a settembre 2016, per un piano totale di 1140 miliardi, sopra le attese che andavano dai 500 previsti dai più pessimisti ai 1000 stimati dagli ottimisti. Gli effetti immediati si sono avuti sulle borse, letteralmente volate, e sugli spread, subito scesi a minimi pluriennali insieme all’euro, che sul dollaro americano è sceso sotto la soglia di 1,12, che non si vedeva da più di 2 lustri. Potrebbe, questa tendenza, continuare ancora, e riflettersi anche su petrolio e materie prime in generale, che vivono un momento di depressione che potrebbe però terminare visto l’aumento della liquidità nel sistema. Il QE europeo comunque non finirà fino a che l inflazione non si porterà all’obiettivo del 2%, queste le parole del governatore.

Draghi blinda in questo modo l’euro, tentando, con una sua svalutazione, di far riprendere esportazioni e consumi rivitalizzando le economie.

Da segnalare come anche la SNB(Swiss National Bank) non sia stata immobile in questo inizio d’anno. Avevamo segnalato in passato come il referendum tenutosi in Svizzera nel mese di Novembre potesse produrre effetti sul franco svizzero. Ebbene questi effetti sono arrivati, poiché la banca elvetica ha deciso, nonostante la vittoria dei NO, di non comprare più riserve in euro e svincolare quindi il franco, liberandolo dal vincolante floor di 1,20 che la obbligava a comprare valuta europea per far fronte agli impulsi di svalutazione della moneta unica. Tale decisione ha avuto degli effetti devastanti per la borsa di Zurigo, scesa nell’immediato di oltre 10 punti percentuali. Una moneta forte, e forse legata di nuovo alle riserve aurifere detenute, è di questi tempi una debolezza. Mentre valute deprezzate e cronicamente attaccate a respiratori artificiali sono sintomo di forza.

Stranezze del mondo odierno.

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