tsipras

Da tempo ci preoccupa il populismo dilagante, che, anche a causa del moltiplicatore costituito dalla diffusa crisi economica, è un fenomeno soprattutto italiano, ma anche un po’ europeo. Le elezioni politiche in Grecia lo confermano. Infatti, ha vinto un partito populista di ispirazione di sinistra, come Syriza, che, però, per formare il Governo, si è immediatamente alleato con ANEL, un partito populista di destra. In comune i due hanno solo l’avversione all’Euro ed alla UE. Per il resto del programma sono completamente opposti.

L’euforia della sinistra italiana per il vistoso risultato elettorale di Syriza è assolutamente inopportuna, perché non si tratta di improvvisa conversione tardiva del popolo greco al marxismo-leninismo. È il voto di protesta di un elettorato disperato per le condizioni di miseria in cui è ridotto il Paese e che in Tsipras ha creduto di individuare il personaggio più credibile, tra tutti gli altri gruppi populisti, compresi i neonazisti di Alba Dorata. Non stupirebbe un analogo esito in Spagna, dove le prossime elezioni potrebbero veder prevalere Podemos, partito dalle caratteristiche similari a quelle di  Syriza.

Ecco perché in Italia – sulla scia di tali esempi e in prosecuzione dell’esperienza della eterogenea “lista Tsipras” presentata alla Europee – si moltiplicano iniziative per la creazione di un nuovo soggetto politico che riunisca SEL con la minoranza del PD e altri variegati gruppi della litigiosa sinistra. Infatti, molti gruppi nostalgici di ex comunisti italiani si sono recati in Grecia per sostenere lo sforzo elettorale di Syriza, con le proprie bandiere rosse, intonando Bella ciao, come simbolo della liberazione dalla dittatura finanziaria degli gnomi di Francoforte. Però, il leader di tale formazione, oggi, sembra più guardare a Renzi che non agli ex compagni di strada con cui ha condiviso l’avventura europea.

In effetti, il populismo di Tsipras non differisce molto da quello del Presidente del Consiglio italiano. Non è neppure secondaria la circostanza che entrambi potrebbero fare sponda a Bruxelles per rafforzare le rispettive richieste alla Commissione. La sola differenza è che la sinistra estrema italiana appare di natura nostalgica e molto legata al conservatorismo di CGIL e FIOMM, difensori dei privilegi anacronistici dei loro associati, mentre la nuova sinistra greca si è schierata con le fasce più deboli ed disperate della popolazione.

Quello che tuttavia preoccupa di più, in relazione al fenomeno populista che si sta radicando in Europa, è il comune denominatore di movimenti di protesta di ideologia diversa. Costoro non sono più ispirati da radici e valori culturali, quindi istintivi, se non forse in maniera sentimentale. Quindi, l’ideologia è molto marginale. È stata la scomparsa dei grandi filoni identitari classici a fare imbarbarire lo scontro politico e selezionare, attorno alla figura di un leader, classi dirigenti improvvisate ed impreparate, che, passata l’euforia protestataria momentanea, lasceranno un incolmabile deserto culturale. Le categorie della politica attuale, pertanto, non sono più quelle tradizionali – come socialismo, liberalismo, cristianesimo sociale – ma filoni protestatari di destra o di sinistra, con forti inclinazioni autoritarie, oligarchiche o padronali. 

Gli Stati nazionali europei, da ultimo quello italiano unitario, sono stati costruiti sulla base di una comune ispirazione culturale e di un diffuso sentimento di partecipazione popolare. L’Europa invece, tradendo l’iniziale ispirazione dei Trattati di Roma, ha preso una strada opposta. Ne è derivato un diffuso senso di sovranità usurpata, che ha dato luogo alla nascita di un predominio burocratico, di una moneta senz’anima, di un disagio diffuso, derivante da diversificati livelli di efficienza e da una insopportabile sperequazione fiscale tra i Paesi membri . Ciò è dipeso dal predominio che ha assunto l’impostazione teutonica antiespansiva, che era il contrario di quanto sarebbe stato necessario in una fase di forte recessione economica. Questo ha avuto l’effetto di esportare, di fatto,  al livello continentale la sindrome di Waimar, determinando l’esplosione del populismo di reazione. 

I media assecondano la semplificazione del moto di protesta, che, come tutte le scorciatoie della storia, comporta rischi enormi, che posono facilmente degenerare in forme di violenza e invocazioni dell’uomo del destino, oltre che dar luogo, per contenere i verosimili disordini, al nefasto intervento delle forze armate.

L’effetto Atene si rivelerà in grado di sconfiggere le rapaci oligarchie bancarie e la potente burocrazia di un’Europa che appare sempre più lontana dai suoi popoli? La simbolica disfatta della politica a trazione germanica di Bruxelles, è un pericolo mortale per l’UE, ma, come sempre accade nei periodi di crisi, potrebbe invece rivelarsi un’opportunità.

L’Europa, se vuole sopravvivere, deve superare il grave deficit democratico su cui si è adagiata, altrimenti rischia di venire travolta dall’eurofobia dei populismi di destra e di sinistra.

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