10 febbraio. All’apparenza una data come le altre, ma in verità non è cosi.
10 febbraio 2004, il Parlamento italiano, istituì la “Giornata del Ricordo” delle foibe con legge n. 92 del 30 marzo 2004. Giornata istituita per ricordare il barbaro eccidio nelle “foibe”, degli italiani vittime della folle “epurazione” voluta dal generale comunista slavo Josif Broz.
Il Parlamento vuole ricordare con la legge 92, che non esistono morti di serie A e morti di serie B, così come non esistono morti di destra e morti di sinistra.
Il 21 gennaio si celebra “La giornata della Memoria”, il 10 febbraio “La Giornata del Ricordo”.
Purtroppo la storia ci ha messo di fronte a episodi disumani che sarebbe bene fissare nelle nostre memorie , onde evitare che si ripetino.
Ricordare tutti coloro che hanno perso la vita, ingiustamente per la loro appartenenza etnica e geografica, politica o sessuale.
Quella della foibe istriane è un capitolo della storia che troppo a lungo è stato rimosso, dimenticato. Per troppo tempo questo capitolo disumano non ha fatto parte della memoria comune italiana, memoria divisa tra le diverse fazioni di destra e sinistra.
Ancora una volta, dopo l’altrettanto atroce barbaria nazista durante la seconda guerra mondiale e il dibattito sugli ebrei italiani e le leggi razziali del 1938, l’Italia si è trovata divisa.
Il termine “foiba” è una derivazione del latino “fovea”, che significa “fossa”. Le foibe, infatti, sono voragini rocciose, a forma di imbuto rovesciato, create dall’ erosione di corsi d’acqua e possono raggiungere i 200 metri di profondità. In queste profonde “gole”, persero la vita migliaia di militari e civili italiani, uomini donne e persino bambini ; ma anche civili sloveni e croati, vittime di arresti, processi farsa, deportazioni, torture e infine fucilazioni.
Da alcune ricostruzioni storiche pare che, molti dei martiri, vennero scaraventati nelle foibe ancora vivi.
La procedura seguita, alquanto macabra, sembra da alcune ricostruzioni si esplicasse nel legare con del filo spinato gruppi di persone e posizionarli all’estremo delle “gole”.
Si sparava sulla tempia al primo, in ordine di fila, che stramazzando trascinava con sé tutti gli altri.
Il macabro rituale slavo-comunista vide gli albori nell’autunno del 1943, dopo che l’armistizio con gli Alleati trascinò il Paese in una vera e propria guerra civile. Nei territori istriani, abbandonati dai soldati tricolori e non ancora sotto il controllo tedesco, i partigiani slavi di Tito torturarono, fucilarono e gettarono nelle foibe migliaia di cittadini italiani, uomini donne e bambini bollati come “Nemici del popolo”. Continuato , fino al 9 giugno quando Tito e il generale Alexander tracciarono la linea di demarcazione Morgan, che prevedeva due zone di occupazione (A e B) dei territori goriziano e triestino. La persecuzione degli italiani, durò almeno fino al ’47, soprattutto nella parte dell’Istria più vicina al confine e sottoposta all’amministrazione provvisoria jugoslava.
Sembrerebbe che il sentimento avverso agli Italiani fosse maturato dai tempi della prima guerra mondiale, quando l’Italia ricevette a seguito della vittoria nella guerra del ’15-’18 tutta l’Istria con circa 500 mila slavi senza il loro consenso.
Questo creò negli anni seguenti un movimento irredentista slavo che fomentò una voglia di vendetta che culminò , drammaticamente, nelle foibe.
Sperando che non accadano più episodi cosi terribilmente crudeli e senza alcun senso, ricordiamo oggi i tanti morti , uomini donne e bambini sacrificati inutilmente.
