Il reclutamento dei pensionati
Non solo per risparmiare, ma soprattutto per utilizzare chi può essere ancora produttivo, il Presidente della Repubblica ha nominato Segretario Generale del Quirinale un alto funzionario, da poche settimane in pensione, che ha rinunciato a percepire i 300 mila euro previsti per la carica. Ugo Zampetti, 65 anni, vivrà della sola pensione della Camera dei Deputati di 478 mila euro lordi l’anno. Se fosse stipendiato, dovrebbe rinunciarvi perché una spietata legge recente vieta il cumulo di emolumenti. Certo, per poter ricoprire un posto di tale potere c’è chi sarebbe disposto a pagare, non solo a lavorare gratis.
L’iniziativa del Capo dello Stato sarà certamente imitata da altre istituzioni – università, accademie, musei, gallerie, teatri, ospedali – che, carenti di personale, potrebbero richiamare in servizio professionisti in pensione che continueranno a essere utili alla società e soprattutto a sentirsi attivi, come Zampetti.
Anziché starsene in salotto a leggere il giornale e intralciare le faccende di casa (giocare con le barchette ai giardini pubblici non è più di moda) il nuovo CEO della più alta istituzione è, così, ancora al servizio dello Stato. Certo, agli altri pensionati saranno offerti posti di prestigio e responsabilità, ma non altrettanto autorevoli. Però, non essendo abituati al potere, non ne sentiranno la mancanza, come sarebbe, invece, successo a Zampetti se non fosse intervenuta la provvidenziale offerta di un amico comprensivo.
Noblesse oblige, al contrario
Mentre il detto francese indica l’obbligo per un aristocratico di comportarsi sempre bene, il nostro Ministro degli Esteri, ricoprendo da qualche giorno una carica di prestigio, sembra voler apparire a sua volta di nobile stirpe o semplicemente avere un appellativo più lungo e, quindi, importante. Infatti, da quando è a capo della Farnesina ha aggiunto un altro nome a quello con cui si è sempre chiamato, Paolo Gentiloni (adesso anche) Silveri. È un vezzo di cui è affetta la diplomazia italiana, un tempo, per motivi culturali e di budget, effettivamente affidata alla classe nobiliare. Erano solo gli aristocratici, infatti, a conoscere le lingue straniere e avere le possibilità economiche di viaggiare. Molti erano ricchissimi o addirittura imparentati col sovrano regnante. Ecco perché, per risparmiare, lo stato nominava ambasciatori i nobili disposti a rappresentare gratuitamente il paese all’estero. Oggi, per scimmiottare “antenati” da cui, in realtà, non discendono, sono tutti alla patetica ricerca di una nobiltà, assolutamente superflua per un buon diplomatico. Persino chi si chiama Bianchi o Rossi ha la vanità di aggiungere un patronimico al proprio anonimo cognome per sembrare di antichi e selezionati natali. Non sanno – e sembra non saperlo neppure il ministro – che, invece, più breve è il nome più nobile è la famiglia: Savoia, Borbone, Orleans, Aosta, Windsor, Asburgo, Braganza…..
Intanto vince la corruzione
Ce la prendiamo con gli sbarchi. Non ne possiamo più con gli emigranti che, per fuggire dalla violenza e dalla guerra, invadono il paese. Crediamo che siano la causa di tutti i nostri problemi. Li consideriamo tutti clandestini, senza distinzioni né diritti. Anche Arrigo Sacchi, che sembra uomo equilibrato, vede troppi neri nelle squadre di Lega Pro. Tavecchio si sorprende che, chi oggi accampa tanti diritti, fino a ieri mangiava banane. Lotito auspica che il Carpi non salga in serie A. Una forma di razzismo anche la sua, contro i piccoli e poveri che emergono per meriti, anziché applaudirli. Neppure Hitler voleva che un negro vincesse i cento metri piani alle Olimpiadi di Berlino. Ma nessun ariano riuscì a battere Owens. Ancora oggi siamo ossessionati dalla pelle nera. Tra i clandestini che muoiono nel Mediterraneo vediamo infiltrati dell’ISIS. Chissà se il terrorismo islamico, invece, ci rispetta e ci risparmia proprio per il nostro grande cuore, per l’ospitalità che offriamo a chiunque. Non parliamo, per carità, di guerra: facciamo ridere i polli e anche il resto del mondo che ci guarda attonito. Come ci siamo ridotti! Se per sentirci importanti dobbiamo proprio combattere, affrontiamo, intanto, la corruzione, vero nemico letale, e poi l’ignoranza. È molto probabile che, nel frattempo, mentre noi ci evolviamo anche in politica, siano gli stessi paesi arabi a regolare i conti con l’ISIS.
Quando c’è di mezzo la vita
Il guaio con i mediocri, non è tanto non sapere risolvere la crisi dell’occupazione, della corruzione, dell’ignoranza, che ci sembrano le lacune principali. E, in effetti, lo sono. Ma possono essere ancora più pericolosi se si trovano di fronte ai problemi di incolumità e sicurezza da cui non dipende solo il benessere dei cittadini, ma addirittura la sopravvivenza e la vita. Il nostro è un paese ricco. Prima di toccare il fondo passeranno tanti anni e i mediocri avranno tempo di fare promesse e di non mantenerle. Tanto ci sono le pensioni dei nonni per i nipoti, le riserve del risparmio accumulate negli anni scorsi. Il fallimento è molto lontano.
Ci accorgiamo subito che i mediocri sono inadeguati se a essere in pericolo è la convivenza pacifica. Lì non ci sono dilazioni e rinvii. Bisogna prendere decisioni sagge e immediate. Ci vuole chi abbia esperienza e cultura. Non basta essere solamente in gamba, non mantenere i patti con l’avversario, pugnalare gli amici alle spalle. Se da 70 anni la vecchia Europa gode di un insolito periodo di pace è grazie agli uomini lungimiranti che hanno saputo creare solidarietà tra popoli di tradizioni e abitudini diverse, l’Unione europea, il bistrattato euro. A litigare sono capaci tutti. I mediocri, che erroneamente riteniamo l’ultima risorsa, possono procurare guai irreparabili. Perché sono bellicosi. Si eccitano quando sentono venti di guerra. Credono che non averne paura sia un segno di coraggio e di potenza. Purtroppo è solo indice di mediocrità. Speriamo nel buonsenso del burattinaio che li muove. Cominciamo ad applaudire di meno chi non lo merita, perché ne va di mezzo la vita irripetibile dei nostri figli.
