Per i cristiani la Pasqua rappresenta la resurrezione, per i laici la festa di primavera, tradizione antichissima della rinascita della natura, della nuova fioritura; quindi il grande augurio che il raccolto della vita sia abbondante, in grado di corrispondere alle speranze di ciascuno.
Sappiamo che coltivarla impone una straordinaria dose di ottimismo. Tutto oggi appare difficile, opaco, se non addirittura negativo. Dilaga l’incultura, che, per certi versi, è peggio della disoccupazione e, a volte, persino della fame. Dalla vicina Africa e dal Medio Oriente giungono notizie allarmanti di stragi e la nostra stessa Europa ne è coinvolta, non solo per la fuga biblica da quelle carneficine, ma anche per i primi, preoccupanti attentati. Viviamo nella paura e coltiviamo un sentimento di dolore impotente per le vittime innocenti di una follia collettiva, che sembra animata dal desiderio di distruggere la civiltà, costruita nel corso dei millenni e così faticosamente raggiunta. Sembra che si sia fermato quel processo virtuoso, che ha assicurato una lenta, ma inarrestabile crescita culturale, il rispetto delle persone, la conquista di diritti fondamentali, come la libertà, la democrazia, l’uguaglianza fra gli individui, senza distinzione di razza, religione, idee politiche, tradizioni, abitudini, inclinazioni sessuali, scelte di vita. Sembra che forze oscure e potenti vogliano arrestare il progresso, o peggio, la sua espressione migliore, il pensiero, l’arte, la conservazione delle vestigia archeologiche e monumentali del lungo cammino della civiltà umana.
Di fronte a tutto questo, il nostro mondo occidentale appare come spaventato, impotente, disorientato. Non si percepisce il desiderio collettivo di difendere i grandi valori che hanno costituito la base della nostra identità, l’anima profonda di una modernità, che non sia limitata alla pur stupefacente tecnologia, ma che riesca a coniugarla con la grande civiltà millenaria del trionfo della libertà, del sapere, della difesa del bello, sia nelle forme artistiche create dal genio dell’uomo, che in quelle, ancora più affascinanti, della natura. Si consuma il territorio, che non è un bene illimitato, si distrugge il mare, che è insieme bellezza e vita, si inquina l’aria, che rappresenta la prima fonte della nostra salute, barbaricamente si giunge fino a distruggere le vestigia monumentali della grande avventura della civiltà.
Di fronte a questo orizzonte di guerre, stragi, degrado, morti, mutilazioni, siamo attoniti e chi ha in mano le sorti del nostro mondo non appare in grado di reagire. Gli Stati Uniti sembrano aver abdicato al ruolo che si erano assegnati per molti anni di essere i gendarmi del mondo. La presidenza di Obama, che aveva suscitato grandi speranze, anche per il significato simbolico che comportava la novità di un afro americano alla guida della potenza planetaria più grande, si è rivelata deludente, insicura, impotente.
L’Europa non esiste come entità politica unitaria e la recente vocazione protagonistica della Germania appare debole e, a volte, pericolosa, principalmente per quanto concerne i risvolti economici della politica di tale Paese, che, nell’ultimo secolo, ha creato drammatici problemi e non è stata capace di dimostrare generosità e visione strategica.
L’Italia non riesce ad avere una linea coerente ed una guida sicura. La nostra politica estera è incerta, quando non del tutto inesistente. Abbiamo perso il ruolo di protagonista in Europa e nel contesto dei Paesi dell’Alleanza Atlantica, non abbiamo più quella capacità di interlocuzione con il Mondo arabo, che pure in passato ha contraddistinto la nostra presenza sulla scena mondiale, a volte, creando persino frizioni con gli alleati della Nato. Sia i governi di centro destra che quello attuale di centro sinistra sembrano propendere, in controtendenza con il resto dell’occidente, per un inquietante rapporto preferenziale con una Russia, che appare sempre più simile, nel modo di porsi nei rapporti internazionali, alla vecchia Unione Sovietica, confermando quella pericolosa tradizione di obliquità orientale, che è sempre stata fattore di squilibrio sul piano internazionale.
Sono in pericolo non soltanto la pace, ma la nostra civiltà moderna. La crisi economica che ha portato disagi, problemi e nuova povertà, potrebbe in compenso indurre a riflettere per recuperare i grandi valori del rispetto umano, dell’universalismo, della solidarietà tra i popoli, della fratellanza, quella laica, più difficile, ma più autentica, rispetto a quella caritatevole del mondo cristiano. Essa è infatti fondata sulla convinzione che non vi può essere libertà senza eguaglianza e pace senza rispetto del prossimo, insieme ad un amore sacrale per il supremo bene della vita, che, vissuta pienamente, costituisce l’unica strada per il recupero della preziosa identità di ciascuno e per crescere liberamente, valorizzando la ricchezza delle diversità.
Con questa speranza, che ci auguriamo non sia un’illusione, vogliamo festeggiare quella che, per il mondo che amiamo, speriamo possa rivelarsi una primavera in cui, anche i germogli che appaiono più secchi e quasi senza speranza, possano rifiorire e splendere nella loro stupefacente varietà, come in una gara di bellezza, per mettersi alle spalle i terribili sentimenti di odio e distruzione, che purtroppo nel tempo recente hanno finito col prevalere.
