genocidio

Non avrei mai sospettato fino a qualche giorno fa di dover esprimere un convinto apprezzamento per un’affermazione di Papa Francesco, di cui non condivido il populismo pauperista di stampo solidaristico, che contrasta con la mia visione liberale di una società competitiva, fondata sul mercato e sul merito. Invece non ho alcuna esitazione a riconoscergli il coraggio della verità nell’aver denunciato il genocidio del popolo armeno da parte dei Turchi nei primi anni del novecento, di fronte ad un colpevole ed inammissibile silenzio generale. Gran parte del mondo occidentale, dimostrando di essere interessata esclusivamente alla posizione strategica della Turchia nello scacchiere internazionale, ha preferito tacere e continua a farlo, ignorando non soltanto il genocidio degli Armeni di ieri, ma la brutale sottomissioni dei Curdi oggi e la grave mancanza di sensibilità per i diritti civili in quel Paese, tanto che le reiterate proteste studentesche sono state represse con la forza,  analogamente a quanto è avvenuto per quelle di Hong Kong da parte della Cina.

Sono stato e continuo ad essere favorevole, in prospettiva, all’ingresso della Turchia nell’Unione Europea, in quanto l’ammissione di un Paese mussulmano rappresenterebbe una svolta epocale , che rappresenterebbe nel nostro Continente il più concreto segnale dell’effettiva apertura al  pluralismo religioso, indispensabile per il dialogo tra Europa e Mondo arabo. Tuttavia la condizione effettiva per avviare una simile prospettiva non può che essere innanzi tutto fondata su valori  ideali. Il dialogo non può che partire dalla verità storica, anche quella più scomoda e, come nel caso della strage del popolo Armeno, persino tragica, per poter successivamente trasferirsi sul terreno del pluralismo, della democrazia, dei diritti umani e del rispetto delle minoranze. Il dialogo non potrà mai andare avanti, se qualcuno non avrà il coraggio di alzare la voce,come ha fatto il Papa, il quale, senza indietreggiare, ha confermato il senso delle sue parole, ponendo la Turchia di fronte alla propria responsabilità storica ed, al medesimo tempo, l’Occidente al necessario coraggio della verità.

Un cambiamento radicale sul genocidio armeno potrebbe rivelarsi  il presupposto necessario per inaugurare un nuovo atteggiamento di fermezza nei confronti di un mondo mussulmano in ebollizione, che rappresenta oggi la più grave minaccia diretta ed indiretta per la pace mondiale.

La maggior parte delle guerre, ed ancor più i genocidi, hanno sempre avuto  come fondamento l’odio religioso o razziale. Civiltà significa schierarsi contro gli alibi, che sono sempre alla base di ogni tentativo di oppressione, scegliendo senza esitazione la doverosa difesa dei più deboli. Come europei non possiamo non continuare a vergognarci per la barbarie delle Crociate, come italiani per la partecipazione del nostro Paese allo sterminio degli ebrei  ordinato da Hitler , al quale per vigliaccheria si accodò l’Italia fascista.  Dobbiamo allo stesso tempo dar atto, dopo un troppo lungo periodo di vergognoso silenzio, che il nostro Paese, ha sollevato il muro di omertà sulla strage delle Foibe, che l’opportunismo politico di una lunga stagione aveva tentato di cancellare dalla memoria. Da anni condanniamo l’invasione cinese del Tibet ed il tentativo, ormai quasi riuscito, di cancellare quella antica civiltà, attraverso un’immigrazione in massa di popolazione di origine cinese. Abbiamo combattuto contro il tentativo di genocidio in Bosnia e siamo turbati per le stragi, sia di mussulmani che di cristiani, compiute dall’ISIS in nome del fondamentalismo islamico.

Oggi il nostro Paese, di fronte alla fuga biblica dai territori in guerra dell’Africa settentrionale, si trova ad affrontare uno sforzo umanitario enorme, senza o con scarso aiuto dagli altri Paesi europei, per  il quotidiano salvataggio in mare di migliaia di persone in fuga dalla guerra, che sfidano con imbarcazioni insicure, anche il mare in tempesta, e, purtroppo, sovente trovano la morte. I Centri di accoglienza scoppiano e, con il previsto prossimo miglioramento delle condizioni climatiche, si teme che arriveranno altre centinaia di migliaia di profughi. Intanto l’Europa in primo luogo ed in generale la Comunità internazionale, sembrano indifferenti alla tragedia umanitaria, oggi in misura prevalente  lasciata sulle sole spalle dell’Italia e non appaiono in grado di concordare  il necessario intervento sulle stesse coste africane. Bisognerebbe invece realizzare urgentemente in quei territori dei campi profughi e degli ospedali per l’assistenza sanitaria e contestualmente concordare un’azione congiunta della NATO, supplendo alla incapacità dell’ONU, per fermare le guerre e le stragi che ogni giorno insanguinano quelle martoriate regioni,  fermando il fanatismo distruttivo.

In un simile contesto, l’accordo raggiunto a Ginevra sul nucleare iraniano, suscita quanto meno dubbi e perplessità, perché, lungi dal rappresentare una idonea soluzione definitiva, appare una sorta di moratoria, che consentirà all’Iran di prendere fiato, proseguire di fatto la sperimentazione e, tra qualche tempo, ricominciare a lavorare per la realizzazione dell’arma nucleare. Sono quindi pienamente fondate le preoccupazioni e la conseguente ostilità all’intesa da parte di Israele, sempre in pericolo per il concreto rischio di un attacco micidiale. Purtroppo anche tale scelta errata dimostra che, da recente, la politica internazionale degli Stati Uniti, che per anni si erano assunti il ruolo di gendarmi del mondo per garantire l’equilibrio e la pace, ha preso una strada del tutto diversa. Il primo segnale negativo dell’accordo con l’Iran viene dalla Russia che, in vista della revoca delle sanzioni decise a suo tempo dall’ONU, ha intenzione di riprendere le forniture di difesa missilistica a suo tempo interrotte, di fatto, contribuendo in modo significativo ad armare Kamenei contro uno Stato ebraico, sempre più in pericolo.

Ci auguriamo che, con il medesimo coraggio dimostrato nei confronti della Turchia, il Papa, anziché continuare con gli ipocriti e sterili appelli alla pace, alzi il tono della sua autorevole voce, per convincere l’Occidente ad assumersi le proprie responsabilità e decidere di imporre, anche con la forza, la fine di un barbarico sterminio, nell’ auspicio di una convivenza pacifica, nel rispetto del pluralismo delle fedi religiose e delle scelte ideali e politiche dei popoli.

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