diario di tumbarello

Una società capovolta
Forse era meglio un arbitrato internazionale per sollecitare l’estradizione di Cesare Battisti anziché il recupero dei marò. Ma sarà più facile ottenerla per il patriota impiccato dagli austriaci nel 1916, che per il suo omonimo condannato all’ergastolo per quattro omicidi. Per assicurarsi la protezione a vita si è sposato, a 60 anni, con una brasiliana. Non abbiamo proprio fortuna, noi italiani, con le richieste di estradizione. Non ce ne va bene una. Ecco perché adesso ricorriamo all’aiuto di giudici super partes. Però, la prima domanda che ci faranno è come mai i marò si trovino in India. Essendo l’incidente accaduto in acque extraterritoriali, sono stati catturati dopo un arrembaggio o si sono stoltamente costituiti spontaneamente? In questo caso è inutile protestare. Meglio cercare quale autorità italiana ha consentito – o, peggio ancora, ordinato – al comandante della nave su cui erano imbarcati, di dirigersi verso la costa anziché prendere la rotta di casa. Non si è fatta piena luce sulla vicenda, in modo che, almeno, non si ripeta in futuro. È evidente che si vogliono proteggere i responsabili. Essendo in India la procedura giudiziaria ancora più lenta della nostra, i due malcapitati possono rimanerci fino alla prescrizione del reato, quando saranno già da tanti anni in pensione.

Quest’umanità è insaziabile
Chi nasce nella merda è talmente terrorizzato dal pensiero di poterci tornare che non si gode neppure la fortuna che ha accumulato. Ecco perché campioni dello sport, imprenditori pubblici, cantanti lirici famosi, uomini e donne di spettacolo, applauditi in tutto il mondo, non vivono spensierati e gaudenti, come potrebbero. Tranne chi è benestante da diverse generazioni, tutti gli altri trascorrono miseramente il resto della vita cercando di aumentare il capitale, invece di goderne, e di frodare il fisco. Con la complicità di uno stato che, come nel medioevo, privilegia ancora i ricchi, derubano quegli stessi poveracci che hanno determinato il loro successo. Leggi scellerate e ingiuste, fatte su misura per chi ha la tendenza a delinquere, consentono, poi, di attenuare la pena, di patteggiare anziché finire in galera come meriterebbero, di prolungare la procedura fino alla prescrizione. Crimini orditi scientificamente e perpetrati per anni si pagano con una lieve penalità, come per una svista o un errore materiale. Schiere di consulenti e periti sono lautamente retribuiti proprio per raggirare le regole. Dove non c’è giustizia non può esserci democrazia, che, infatti, da noi non c’è più. E crediamo stoltamente di potere continuare a vivere così all’infinito, privilegiando chi è in gamba e penalizzando gli onesti. Dovremmo, invece, toglierci il cappello quando passa un poveraccio. Perché chi riesce a sopravvivere alle prevaricazioni e alla miseria merita l’onore delle armi.

Se ci saremo ancora….
Quando la società non ha più ideali, la guerra è dietro l’angolo. L’ISIS non nasce solo dalla vendetta ma soprattutto dall’ingiustizia e dalla corruzione, dall’apatia e dall’indifferenza. Soprattutto dall’arroganza e dalla mediocrità di chi gestisce le nostre vite. È inutile cercare singole responsabilità. La colpa è di tutti noi, bramosi di denaro e potere, ambiziosi e intolleranti, senza scrupoli né solidarietà. Per di più, rassegnati. Quando un ragazzo cade accidentalmente dal quinto piano di un albergo, vuol dire che i suoi diciotto anni non sono spensierati, che la gita non basta a renderlo felice. Se una mamma uccide i propri bambini o un figlio i genitori, se un ragazzo fa strage dei compagni di scuola o un’intera famiglia è attratta dal fascino perverso di una fede estranea e violenta, c’è qualcosa che non funziona nella testa di tutti, non solo nella loro. È il sintomo di un disagio collettivo, come gli stupri e altri vizi. Ne rimangono vittime i più deboli, che purtroppo questa società, come un tempo il nazismo, trascura. Li cataloghiamo come esaltati, per metterci la coscienza in pace. Sono, invece, i più sensibili. E vanno in tilt. Si chiedono perché vivere senza scopo, con la sola speranza di un inutile conto in banca. Intanto, molti altri soffrono. La reazione, anche se scriteriata, è una via di fuga. Uscire dalla crisi, non significa solo dare lavoro a tutti, ma anche evitare che si continui a sprofondare nel degrado morale. Ci vorranno almeno vent’anni per recuperare. Non da oggi ma dal giorno in cui troveremo le persone adeguate.

Gli assoluti negativi
Magari potessimo tutti fare studiare i nostri figli alla Bocconi, a Harvard, alla Sorbona. Due terzi degli italiani – ma il numero è in crescita esponenziale – stentano a mandarli all’università sotto casa. È un periodo difficile e molto triste, anche per i giovani volenterosi. Le borse di studio si assottigliano per mancanza di fondi. Le tasse aumentano, come la disoccupazione. Non è il caso di evidenziare proprio adesso la differenza tra i vari atenei nei concorsi pubblici. È del capitalismo americano la diversificazione del corso di studi. Da noi l’ascensore sociale, che ormai va a rilento, si bloccherà del tutto. La proposta non è di Forza Italia, che, infatti, l’ha subito cavalcata, ma di un deputato del PD, che si definisce renzianissimo. Evoluzione dei tempi! Una volta c’erano i crociani, i morotei, i freudiani, i nenniani. Ma nessuno era, per dire, jounghianissimo. Anche tra seguaci della medesima filosofia allora c’era un dibattito, spesso acceso e polemico, perché sempre in evoluzione. Oggi il superlativo, in uso sempre più frequente, indica la prostrazione assoluta – con facoltà di genuflettersi – e la totale assenza di pensiero. È il partito un tempo di sinistra, cioè quello che più degli altri si immedesimava nelle esigenze della povera gente, a proporre la discriminazione. Qualcuno se n’è andato disgustato. Sono queste le devianze da combattere, ma dall’interno del partito. Un’altra sinistra non serve. Ce ne vuole una sola, migliore. Come pure una destra presentabile.

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