Perché le Nazioni Falliscono – le origini di potenza, prosperità e povertà.
Il Saggiatore – pagg. 527 – € 22
Why Nations Fail – the origins of power, prosperity, and poverty – Crown Business – New York – pagg. 529 – € 16,40
Autori: Daron Acemoglu e James A. Robinson.
Gli autori sostengono che la ricchezza di una società è legata all’azione della “distruzione creativa”, intesa questa come apertura alla sostituzione di tecniche e strumenti nuovi a quelli meno efficaci. Affermano che la “distruzione creativa” può esistere solamente in una società inclusiva e che questa non può che essere pluralista sia nelle istituzioni politiche che nell’economia.
A fronte della società inclusiva pone le società “estrattive” – la norma nei tempi andati – caratterizzate dalla presenza di minoranze parassitarie che vivono “estraendo” ricchezza dalle maggioranze; e in queste società strutture economiche e istituzioni politiche “estrattive” si sostengono a vicenda. Affermano che i nemici della “distruzione creativa” sono i suoi potenziali perdenti, massimamente il potere politico per il quale qualunque rinnovo della società può essere un rischio.
Ma come nasce una società inclusiva e quindi con istituzioni ed economie plurali? Gli autori negano fattori geografici, culturali o etnici così come negano che la storia sia predeterminata o prevedibile. I percorsi storici dei paesi dipendono dall’interazione di fatti contingenti con le istituzioni e situazioni esistenti. In più punti nell’evolversi del testo si fa riferimento, come esempio di nascita di una società plurale, alla “gloriosa rivoluzione” inglese dove nel 1688 i tentativi di Giacomo II di rafforzare l’assolutismo della monarchia provocò la reazione del Parlamento, la guerra civile e l’invito al trono di William d’Orange previo accordo sul governo di una monarchia costituzionale. Lì l’occasione della nascita di una società inclusiva diventata poi quello che è oggi il Regno Unito fu il tentativo di rafforzare l’assolutismo in una situazione di debolezza della monarchia e in presenza di un’istituzione parlamentare pur ristretta ed elitaria ma che affondava le proprie radici nella Magna Carta ad essere.
Il libro prende avvio dalla città di Nogales, divisa in due dal confine tra Stati Uniti e Messico: Nogales Arizona e Nogales Sonora; due parti diversissime per reddito, scolarità, salute, servizi pubblici, viabilità, sicurezza e aspettative di vita. Ma quali sono le cause della povertà e della ricchezza delle nazioni? Perché paesi che prima della colonizzazione europea erano ricchi e densamente popolati, come quelli del centro e sud America sono ora poveri e tendenzialmente instabili mentre quelli poveri e poco abitati del nord America ora sono ricchi e stabili? Gli autori vanno a ritroso nel tempo e partendo dai tempi delle colonizzazioni descrivono con estrema sintesi come e perché “le cose” andarono così diversamente tra sud e nord America. L’intento dei colonizzatori delle due Americhe era lo stesso: arricchirsi e arricchire i propri paesi. Ma nel sud proprio la forte densità della popolazione e le loro istituzioni politiche permisero l’organizzazione di una società estrattiva basata sul lavoro forzato dei locali che i colonizzatori organizzarono in “encomiende” e “repartimienti” mentre nel nord tentativi del genere fallirono sia per la scarsa densità della popolazione locale che per la sua organizzazione. Nel nord per il lavoro fu necessario ricorrere agli stessi colonizzatori e solo con incentivi. È da lì che la storia delle due parti si dipana divergendo.
Il libro è notevole, sia per profondità che per ampiezza di riferimenti e documentazione. Si fa una brevissima storia dell’ascesa e declino della Repubblica di Venezia nata “inclusiva” e aperta al ricambio sociale anche attraverso l’istituto contrattuale della “commenda” che permetteva con reciproco vantaggio accordi su singoli viaggi commerciali tra chi finanziava il viaggio e chi lo effettuava; società aperta e inclusiva che smise di esserlo con la “serrata”, quando nel 1315 le élite consolidate si chiusero in sé con l’istituzione del “Libro d’Oro della nobiltà veneziana”, che fu l’inizio del lento declino della Repubblica.
Tra le descrizioni di avvenimenti e concatenamenti storici vi è quello del Botswana che evitò il colonialismo e si sviluppò in modo inclusivo. E quanto dice della Colombia, con uno Stato esistente centralizzato ma scarsamente presente in alcune sue parti, fa correre la mente alle cause e concause dei problemi del nostro meridione.
Tra le osservazioni c’è quella dell’instabilità delle società estrattive: in queste lottare per il potere è estremamente pagante. Altra osservazione, “profetica” e con specifici riferimenti alla Cina, è quella che una società non inclusiva, per quanto possa crescere per un certo periodo di tempo utilizzando le innovazioni e le tecnologie importabili, cesserà di crescere fin quando in essa, con l’inclusività, non accetterà quella distruzione creativa che permetterà di rinnovarsi nel tempo. E c’è la considerazione di quanto, come e perché la peste nera del 1348 accentuò così fortemente le differenze politiche ed economiche tra l’Europa occidentale e quella orientale.
Forse quello che nel libro manca è una certa chiara considerazione per la forma mentis che quasi come seconda natura si instaura nei popoli e negli individui e che contribuisce a mantenere nel tempo caratteristiche, sensibilità, comportamenti e quindi istituzioni. Chi non sa o non si rende conto che esistono altri modi di vivere e operare tende necessariamente a persistere nell’esistente.
Va aggiunto poi che le cause degli avvenimenti sono sempre molteplici e di peso vario, ma necessariamente quando si sostiene una tesi si tende a illuminare in modo particolare fatti e considerazioni attinenti alla tesi. In modo diverso si rischierebbe di cadere nel generico e in una totale penombra. Ma nella storia di civiltà e istituzioni non possiamo non considerare l’importanza di altre cause. La peculiare evoluzione del Regno Unito sarebbe inconcepibile non considerando che essa si è sviluppata in un’isola.
